Cinema Recensione

Beetlejuice Beetlejuice

di: Andy Reevieny

Dopo gli ultimi trascorsi in sala, avevo proprio voglia di riguardare un bel film, ma figurati se proprio questi giorni, in questa estate senza fine, se ne può già riparlare, e invece…

Per visualizzare i video di terze parti è necessario
accettare i cookie con finalità di marketing.

Non v’è 2 senza BeetlejuiceX3

Dai, stavolta si sapeva già da tempo che sarebbe stato in programmazione, complice anche il prestigioso passaggio fuori concorso alla attualmente sempre in corso 81° Mostra del Cinema di Venezia dell’ultima fatica di TimBurton,Beetlejuice Beetlejuice, in sala dal 5 settembre 2024, seguito a 36 anni di distanza di quel Beetlejuice – Spiritello Porcello che, nel 1988 suo secondo lungometraggio, lancia definitivamente la carriera del giovane cineasta di Burbank in California, con un passato da animatore per Disney, cosa che volente o nolente sarà parte della sua cifra stilistica caratterizzata dal cartoonesco.

Per sommi capi, ritroviamo la nostra protagonista del primo cult Lydia Deetz intepretata da una immutata splendida Winona Ryder, sempre dark ma ormai affermata seppur sempre tormentata conduttrice di programma televisivo Ghost House manco a dirlo a tema spiritico, col suo compagno e collega del momento Rory interpretato da Justin Theroux; la matrigna della nostra, già mamma di Kevin McCallister nel sempiterno Mamma, ho perso l’aereo –  Catherine O’Hara qui di nuovo nei panni della sciroccata Delia Deetz; Jenna Ortega in quelli di Astrid, figlia di Lydia rimasta orfana di babbo. Last but not least inutile dirlo colui che dà il titolo ad entrambe le pellicole, Michael Keaton, di nuovo nei panni del demoniaco bio-esorcista.

Completano il cast una sempre più bella Monica Bellucci, nei panni di Delores, ex moglie d-annata di Beetlejuice, William DaFoe in quelli di Wolf Jackson ex attore di film di azione trapassato e rimastoci letteralmente nel ruolo di sbirro detective. Ovviamente il tutto ruota sempre intorno al nostro spiritello porcello e ai casini catastrofici a nastro che coinvolgono la nostra famiglia vivente che torna nella casa infestata a Winter River  con tanto di plastico della cittadina nella soffitta mansardata, porte disegnate a gesso, mondo degli spiriti, anelli di Saturno con vermoni, teste rimpicciolite, mutilati vari ed eventuali …

Con carisma e sintomatico mistero

Per citare il compianto Franco Battiato di Bandiera Bianca, ma anche il sottotitolo del nostro film adattato: il fantasma con più carisma è tornato, in riferimento appunto a Beetlejuice (Betelgeus in originale) e si avverte eccome. Considerando inoltre che stiamo parlando proprio oggi all’uscita italiana in sala di un 73enne attorone quale Michael Keaton, con una filmografia di tutto rispetto di cui ha merito anzitutto proprio Mastro Tim Burton che nei panni di Beetlejuice lo lancia per riconfermarlo poi nel ruolo di Bruce WayneBatman nei 2 gioielli che dirige e di cui l’attore riveste i panni nello standalone The Flash di Andy Muschietti del 2023,  ed è anche uno degli spunti di un cameo di un grandissimo attore al netto della statura fisica, che vediamo all’inizio di Beetlejuice Beetlejuice.

Da segnalare anche la rinnovata collaborazione col sodale magistrale Danny Elfman in colonna sonora che qui fa un lavoro di cesello sulle splendide composizioni del primo film che ovviamente ci fanno calare di nuovo nel paradossale, grottesco, seppur inquietante, mondo spiritico che caratterizza questa storia fantastica, unite anche a brani iconici di terze parti, per lo più leggendari  ballabili e ballatone, inserite a pennello nella nostra storia.

Fantastico, super fantastico

Heather Parisi docet, almeno in ciò, ma soprattutto Tim Burton insegna ancora a tutti cosa voglia dire trattare il genere come si deve, omaggiando imprescindibili Maestri quali Federico Fellini e soprattutto Mario Bava in Beetlejuice Beetlejuice. Il film scorre veloce nella sua ora e tre quarti, con invenzioni visive continue riprese dal primo film cult che non poteva giovare della cgi del 2024, comunque qui mai invasiva, anzi, se non in alcune sequenze circoscritte con cura. Non c’è l’horror in senso stretto in Beetlejuice Beetlejuice, quanto di nuovo il contrasto, il paradosso nel dileggio del mondo dei vivi che si riflette e riverbera in quello dei morti, condannati nel peggiore dei casi all’odissea burocratica, a mò di contrappasso. Il tutto però con spunti ironici, danzerecci e financo goderecci.

C’è fan service in Beetlejuice Beetlejuice ma mai fine a sè stesso, a differenza della media dei prodotti che non possono certo contare su soggetti originali come in questo caso in cui è funzionale alla narrazione e mai pesante. L’effetto nostalgia qui ha ragione d’essere. Menzione speciale all’ottima edizione italiana curata dal grandissimo Marco Mete che ridistribuisce come si dice in gergo una sempre più brava Giuppy Izzo a ridoppiare la Ryder, reduce dai fasti di Stranger Things, la impeccabile Angiola Baggi sulla O’Hara dopo la recente scomparsa della divina Germana Dominici, Chiara Fabiano di nuovo dopo X di Ti West sulla Ortega che porta pubblico giovane in sala anche grazie a Mercoledì in cui c’è sempre lo zampino di Mastro Tim, e il mio conterraneo Luca Biagini oramai voce storica italiana di Keaton, una garanzia. Riesce perfino a rendere la Bellucci, ridoppiatasi. Sarà la presenza di Mastro Burton, appunto. Co-produce un certo Brad Pitt peraltro. Soldi ben spesi, come quelli del biglietto al cinema. Consigliato a chiunque, per grandi e relativamente piccini, con lo splatter ridotto al minimo.