Star Wars is my Religion – Quando il Sogno diventa Mito
di: Simone "PulpGuy88" BraviTanto tempo fa, in una galassia lonta…No, sarebbe un inizio troppo scontato.
Ricominciamo.
George Lucas aveva la passione per le automobili. Per lui la macchina significava due cose: correre e andare a zonzo. Modesto, la sua piccola comunità natia, con le sue strade larghe, poteva regalargli questo sogno. E chi lo avrebbe mai detto? George Lucas, il taciturno, misterioso e (forse) brontolone regista della saga più importante al mondo amava le auto? Le corse? Si. Ma Lucas Jr. imparò ad amare anche un’altra cosa, che lo portò ad avere più fortuna e numerosi zeri sul conto corrente: il cinema.
Non che fosse uno studente modello, anzi. Per lui il cinema come forma d’arte restava un argomento decisamente misterioso. E iscriversi a una facoltà cinematografica era un ottimo escamotage per entrare nell’industria dopo i costanti rifiuti. Detto fatto. E il resto è…Una galassia lontana, lontana. Si, ora è il caso di dirlo.
Lucas è famoso per la sua riluttanza contro lo star system. Di recente ha anche rilasciato dichiarazioni al vetriolo sulla Disney, “colpevole” di aver acquistato i diritti della saga (in questa sede non si faranno altre battute sui denari acciuffati dal regista). Riluttanza, dicevamo, che è sempre stata parte integrante del buon George. Bisognava avere il controllo della creatura, della storia e di tutto ciò che ne conseguiva. Risultato? Il prodotto sarebbe stato esattamente come lo aveva pensato lui.
Con tutti i pregi e i difetti. Ma che cos’è Star Wars? E’ una saga cinematografica? E’ una religione? E’ una setta piena di adepti? E’ un negozio di giocattoli? Star Wars è tutto questo. E’ quell’insieme di cose che può essere paragonato al Natale, alle castagne intorno al fuoco, a un bagno a mare. E’ una consuetudine che ti fa stare bene. Motivi per cui non è affatto giusto definire la saga una mera saga cinematografica. Una storia dal sapore western. Una tragedia greca. Lucas sapeva perfettamente che avrebbe dovuto attingere da archetipi narrativi imprescindibili. Il viaggio dell’eroe.
Star Wars Episodio IV: Una Nuova Speranza. La nascita del mito. Il film che ha cambiato le regole. Piccolo appunto personale: ricordo benissimo il momento esatto in cui vidi il primo film della saga cosiddetta “originale”. Comprai un cofanetto meraviglioso, nero e argento, in cui c’erano tutti e tre i film della trilogia. Ecco, diventai anch’io un adepto. Lo sapevo che sarebbe andata così.
Ma come ha fatto Lucas? Come ci è riuscito? La risposta che dovrebbe essere semplice, in realtà nasconde molto altro. C’era un concept di fondo, quello di creare una space opera. Lucas scrisse la sceneggiatura partendo dal 1973. Furono anni duri, dove i rifiuti e le numerose stesure lo portarono a un esaurimento nervoso. E sfido chiunque. Alla fine il film lo girò. E ci furono tanti problemi, il più famoso tra i quali era quello di R2-D2 che aveva smesso di funzionare. E non perché la sceneggiatura imponeva questo, quanto perché le batterie erano semplicemente scariche. Chiunque, durante il corso di riprese così travagliate, avrebbe mollato. Il progetto Star Wars, ancora prima dell’uscita, era un disastro. Anche Lucas ne era sicuro: il film sarebbe stato orribile.
Il film fu così orribile che diede vita a due sequel, una trilogia prequel alla fine degli anni novanta e una nuova, folgorante trilogia targata Disney da due anni a questa parte. Senza dimenticarci degli spin-off. Come si diceva, Star Wars non è solo un fatto di trilogia, non è un discorso puramente cinematografico. E’ un’icona. Io sono tuo padre. I’ve a bad feeling about this.
“Che la forza sia con te“. Luke Skywalker. Han Solo. La principessa Leila. Obi-Wan Kenobi. Chewbecca. Dart Vader. Spada Laser. Millennium Falcon. Lato Oscuro della Forza. Jedi. Sith. Morte Nera. La lista andrebbe avanti, ma forse sembrerebbe quella della spesa. Galattica. Tutti, nel mondo (terrestre), hanno sentito pronunciare parole così. Tutti, in un modo o nell’altro, hanno avuto a che fare con Guerre Stellari. C’è l’adepto, c’è il fan, c’è chi guarda il film in TV di tanto in tanto, chi va al cinema, chi compra gadget e c’è l’ignaro. Ed è proprio qui che sta la forza (appunto, quella) di Star Wars: colpire l’ignaro. Colui che non sa nulla di tutto
questo. Colui che la fantascienza proprio no, non la sopporta.
Qui sta il segreto di una saga che smette di essere cinema e diventa industria, diventa banco di scuola, Bibbia. E leggere questa Bibbia con le note inconfondibili create da John Williams è qualcosa che va oltre la galassia lontana, lontana. Marketing. Pupazzetti, costumi, giochi per console. Fumetti, libri, cartoni animati. Parco giochi. Non è cinema. E’ propensione all’immenso. Dei film, poi, si può dire di tutto. Si può dire che la prima trilogia rimane imbattibile, ma lì c’era un ragazzo ribelle che formava la Nuova Hollywood insieme ai suoi amichetti: Steven (Spielberg) e Francis (Coppola). Che i primi tre film avevano tutto, nonostante qualche imperfezione la mostrassero. Una sceneggiatura compatta, ben scritta. Un mondo immaginato alla perfezione e molto realistico. E non si parla di effetti visivi. Si parla di capacità di inserire in mondi altri e fantastici sottotesti terrestri e politici. Questa era la nuova Hollywood. Si può dire che la seconda trilogia, quella prequel, non era propriamente uno spasso (ciao Jar Jar Binks, ti ho odiato però eri simpatico). C’erano delle cose che funzionavano e altre no, proprio no. C’era Hayden Christensen. Alzi la mano chi lo ha più incrociato. Eppure non era malvagio come attore, come Anakin nello specifico. Si può dire che la nuova trilogia offre scenari visibili, netti e chiari.
La Disney snatura il mondo di Lucas, però forse non troppo. J.J. Abrams che ama riprendere saghe e ridistribuirle ai comuni mortali, con Il risveglio della Forza, ha fatto un lavoro incredibile, nostalgico, con pochi lens flare ma tanto cuore. C’è Rian Johnson che, con Gli ultimi Jedi (QUI la nostra recensione), ha smentito le critiche mosse ad Abrams di essere troppo rispettoso (qualcuno ha detto copiare?) nei confronti della vecchia saga e tira fuori quindi un film folle, per certi versi, ma spassoso. Seppur inferiore, a parer mio, a Episodio VII. Non c’è forse altro da aggiungere. O meglio, ci sarebbe tanto. Ma lo lascio a chi ne sa davvero. Per questo vi invito tutti a leggere la biografia ufficiale di George Lucas, scritta da Brian Jay Jones. Una meraviglia per chi vuole sognare di essere un robot che ha riscritto la storia del cinema.
Perchè qualsiasi altra parola sarebbe superflua in un articolo che non è una disamina lucida, fredda e distaccata su quello che molti definiscono un mero “prodotto commerciale”. No, questa intendeva essere una lettera d’amore, di quelle di una volta, di quelle che scrivi con le farfalle nello stomaco. Perchè quando parli di un signore un po’ bassino e sovrappeso che ha praticamente inventato un universo, dove ogni volta sei contento di tornare, è un po’ come quando la maestra a scuola ti chiedeva di fare un tema sul tuo papà. Che qualunque fosse stato il suo lavoro, sarebbe comunque rimasto il tuo più grande eroe. E lo è ancora, lo sarà sempre.
Che la Forza sia con noi, sempre!