Yakuza 6: The Song of Life
di: Simone CantiniConfesso che un pochino ci ho sperato nel fatto che la nostrana demo di Yakuza 6: The Song of Life fosse corrotta, così da poter giocare e recensire con qualche settimana di anticipo l’ultimo capitolo dell’epica saga di Kazuma Kiryu. E invece tutto è andato, giustamente, come nei piani di SEGA, e mi sono dovuto accontentare di un piccolo antipasto. Che però è servito a rendere ancora più insopportabile un’attesa che si protrae da un anno e mezzo, ovvero dal giorno dell’uscita nipponica del gioco.
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Casa dolce casa
Anche solo provare a riassumere in poche righe una qualsiasi delle storyline della serie firmata Nagoshi-san, sarebbe un’impresa ai limiti dell’impossibile. E di sicuro non bastano i pochi minuti di una demo per offrire una panoramica esaustiva della narrazione che andrà a caratterizzare Yakuza 6: The Song of Life nella sua interezza. Al momento ci è dato soltanto sapere che il tutto prenderà il via con la volontaria scomparsa di Haruka, la figlia adottiva di Kiryu che, in seguito agli eventi avvenuti in chiusura del precedente capitolo, ha deciso di ritirarsi nell’ombra per non danneggiare il futuro degli altri abitanti dell’orfanotrofio Sunshine/Sunflower (in questa traduzione indicato come Morning Glory, nel rispetto del nome originale nipponico). Toccherà quindi al Dragone di Dojima, una volta uscito di prigione, mettersi sulle sue tracce, nel tentativo di riportarla a casa. Ovviamente tornando ancora una volta per le strade della nostra adorata Kamurocho, sul cui sfondo pare stagliarsi l’ennesima lotta per il potere. La breve demo si esaurisce talmente in fretta, nonostante la solita ed ingente mole di dialoghi e cinematiche, lasciando la porta aperta a numerosi interrogativi, ma vista la consueta bontà della scrittura c’è da scommettere che l’ultimo capitolo della storia del rude yakuza non deluderà di certo le aspettative.
Benvenuti nel presente
Al di là della compressa esperienza, la demo di Yakuza 6: The Song of Life è servita principalmente ad entrare in contatto con le evidenti modifiche che si è portata in dote l’adozione del Dragon Engine, il nuovo motore sviluppato dai ragazzi del Team Yakuza. Le differenze rispetto al passato, ancorato in maniera molto marcata ad un riciclo di quanto nato su PS2, sono palpabili sin da subito, a partire dal rinnovato (e finalmente adatto al periodo storico che viviamo) menu di gioco: abbandonato il classico schema rigido slegato all’azione, adesso tutte le funzioni accessorie sono relegate all’interno dello schermo di uno smartphone, che comparirà nell’angolo inferiore sinistro della schermata di gioco. Il colpo d’occhio è senza dubbio piacevole, così come risulta aumentata la funzionalità delle varie opzioni, adesso più immediate ed accessibili. Interessante, anche se è da verificare la sua utilità in-game, la possibilità di rispondere ai vari messaggi che ci arriveranno, fossero anche solo tutorial. L’impatto del nuovo motore è però ancora più accentuato una volta arrivati a Kamurocho, visto che adesso è possibile entrare nei negozi senza che avvengano i noti e fastidiosi caricamenti, così come iniziare il combattimento in maniera immediata. Si tratti di accorgimenti che, almeno sulla carta, potrebbero sembrare marginali, ma che una volta calati nell’economia del gioco, finiscono per avere un impatto decisamente importante nel flow dell’esperienza. Le scazzottate con i balordi che popolano le strade, inoltre, sono stati ampiamente limate e sgrossate, risultando ora molto più fluide e dinamiche, grazie anche a delle animazioni che appaiono adesso più armoniose e curate. Peccato che, almeno su PS4 standard, la stabilità dell’immagine non sia proprio perfetta, con evidenti effetti di tearing ed un aliasing ancora un po’ troppo accentuato, soprattutto in alcune scene di intermezzo, un difetto che la serie si porta dietro oramai da anni e che, lo confesso, speravo avrebbe potuto beneficiare della rinnovata tecnologia. Va detto, comunque, che la scena è ancora più definita e ricca di dettagli ed interattiva che in passato, così come variegato sembra essere (stando anche solo alla mappa di Kamurocho) il set di attività collaterali. Già solo il rinnovato karaoke meriterebbe una menzione, ma la demo ci ha permesso di sperimentare una missione secondaria che ha visto Kiryu iscriversi in palestra, situazione che oltre a migliorarne le capacità fisiche ci ha visto impegnati a seguire una rigorosa dieta. Si tratta di funzioni opzionali, è chiaro, ma è proprio questo genere di attività che ha da sempre reso vivo e sfaccettato l’universo della serie.
Manca davvero poco al debutto nostrano di Yakuza 6: The Song of Life e, sebbene la demo rilasciata (e tolta) sia riuscita soltanto a mostrare un infinitesimale frammento della produzione SEGA, il poco giocato è comunque servito a fornire una stuzzicante panoramica delle piccole innovazione che il capitolo conclusivo della saga di Kazuma Kiryu si porterà in dote. Se si conosce ed apprezza i titoli di Nagoshi-san, difficilmente resteremo delusi, ma è comunque confortante che i pochi minuti passati in compagnia di un invecchiato Dragone di Dojima non abbiano fatto altro che alimentare l’hype.