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Effetto Revival 007: Bioshock

« Sono Andrew Ryan, e sono qui per porvi una domanda: un uomo non ha diritti sul sudore della sua fronte? 
No, dice l'uomo di Washington; appartiene ai poveri.
No, dice l'uomo in Vaticano; appartiene a Dio.
No, dice l'uomo di Mosca; appartiene a tutti.
Io rifiuto queste risposte. Piuttosto, scelgo qualcosa di diverso. Scelgo l'impossibile. Scelgo...
Rapture »

di: Simone Cantini

 Sono Andrew Ryan, e sono qui per porvi una domanda: un uomo non ha diritti sul sudore della sua fronte? No, dice l’uomo di Washington; appartiene ai poveri. No, dice l’uomo in Vaticano; appartiene a Dio. No, dice l’uomo di Mosca; appartiene a tutti. Io rifiuto queste risposte. Piuttosto, scelgo qualcosa di diverso. Scelgo l’impossibile. Scelgo… Rapture 


«Niente dei o padroni. Solo l’uomo»

Queste sono le parole usate dall’illustre Andrew Ryan per darci il suo personale benvenuto all’interno del suo sogno più grande, per accoglierci, simile ad un padre illuminato, tra le mura della più sconvolgente realtà mai partorita dalla mente di un comune essere umano.
Ma chi è in realtà Andrew Ryan: un lungimirante mecenate, un utopico idealista, uno squilibrato megalomane? Per cortesia, non diciamo sciocchezze. Ryan, dicevamo, una delle menti più brillanti del ventesimo secolo, capace di rendere tangibili i propri ideali, non può di certo essere bollato come un semplice pazzo. La grandezza di un uomo si misura in base alle proprie azioni e, nel caso del nostro beniamino, le sue azioni parlano da sole: Rapture, un moderno paradiso creato da un uomo per gli uomini, una città ideale dove chiunque è messo in condizione di esprimere il proprio potenziale latente. I confini della mente, del corpo e della conoscenza perderanno ogni significato una volta varcate le sue soglie, una volta ammessi nella cerchia eletta dei suoi abitanti.
Per cortesia, diffidate di chi oserà gettare fango su questa opera monumentale e sul suo geniale ideatore. Ignorate le voci dei vecchi tromboni, troppo ancorate alle proprie vetuste certezze per comprendere la magnificenza di una simile concezione, frutto dell’ingegno di un semplice essere umano. L’unica possibilità che avete per poter accedere anche voi a questo tesoro dell’umanità, è quello di oltrepassare i confini di Rapture, abbracciarne la stimolante vitalità e divenire, finalmente, padroni di voi stessi.


Raccontami una storia

Decisamente in controtendenza rispetto ai classici stilemi che, sin da troppi anni, regolavano e governavano un genere tristemente inflazionato come quello degli sparatutto in soggettiva, Bioshock, grazie alle geniali intuizioni di Kevin Levine(boss dei talentuosi Irrational Games), nel videoludicamente parlando lontano 2007 fu capace di compiere una svolta decisamente importante. Era finalmente giunto il momento di dire basta alle rutilanti produzioni, pronte a sbattere violentemente in faccia ai player una girandola di azioni esagerate, nascondendo una disarmante povertà di contenuti con uno spesso strato di situazioni al cardiopalma, incapaci di lasciare il benché minimo attimo di tregua. Levine scelse di spogliare gli FPS di ogni orpello meramente estetico, sovvertendo le regole di un genere che aveva nella spettacolarità della messa in scena (a discapito dell’atmosfera e della narrazione), i suoi elementi più riconoscibili. Operazione assai coraggiosa, ma anche assai rischiosa, dato che una simile mossa, se non adeguatamente supportata da delle valide idee di fondo, avrebbe unicamente portato alla disfatta di qualunque produzione. Ed è qui che entrano in scena Ryan e la sua creatura, due elementi cardine del lavoro del team capitanato da Levine, capaci da soli di reggere sapientemente la scena, anche in assenza delle più classiche tonnellate di pallottole destinate a falciare orde di soldati, alieni, zombie o chi per essi. Con Bioshock, il videogioco si riappropria della sua sin troppo bistrattata capacità narrativa, della voglia di raccontare una storia appassionante e ben studiata, pur non rinunciando al divertimento dato dall’interazione più stretta tra strumento ludico e fruitore materiale. Un gioco che sia piacevole da vivere e da giocare, stimolati dal desiderio di scoprire in prima persona il perché che regola le mosse che un invisibile deus ex machina ci chiama a compiere tramite l’utilizzo del pad. Una volta stretto quest’ultimo in mano, sarà impossibile non venire rapiti dalla storia che Levine ha riservato allo sventurato Jack e a tutti gli altri personaggi, manifesti oppure semplicemente accennati all’interno di un breve nastro audio, che incontreremo nel corso dell’avventura. E, seppur in forma minore, causa la perdita della freschezza e del dirompente senso di novità proprio del capostipite della saga, difficilmente non desidereremo venire a capo delle vicende narrate in Bioshock 2 e legate al soggetto Delta. Mai come adesso il semplice andare dal punto A al punto B, magari facendo un breve deviazione per C, si è rivelato quanto mai stimolante e poco importa se, alla fine della fiera, ci troviamo tra le mani un gioco che altro non è che un FPS, in cui l’unico modo che abbiamo di relazionarci con il prossimo consiste nel ricorrere al solito campionario di strumenti di offesa. Il fattore capace di fare la differenza tra Bioshock ed un qualunque altro, banalissimo e scontato sparatutto, è nascosto nel modo in cui queste azioni sono collegate tra loro, nel modo in cui il team ci costringe ad impugnare le armi, necessarie per arrivare sani e salvi sino agli inesorabili titoli di coda. Uccidere, di certo questo è il semplice concetto, comune a tantissimi videogiochi, che domina l’interazione ludica, ma stavolta tutto avrà davvero un perché, un perché che, spesso, non potrà esimersi dal lasciarci piacevolmente stupiti, proprio a causa dell’intelligenza con cui un azione tanto barbara ci viene adesso riproposta.
E poi, al di là di uno script ed un cast sicuramente vincente, c’è lei, colei capace di accompagnare da sola, grazie al suo diabolico fascino, interminabili minuti di silenzioso ed inerte gameplay: quel distorto sogno urbano chiamato Rapture.

Un sommerso teatro degli orrori

Un po’ come in Silent Hill l’entità, apparentemente inanimata, città viene spogliata del suo essere un mero orpello grafico, un semplice e stilizzato palcoscenico utile solo a fornire uno sbiadito fondale alle movenze degli attori messi sapientemente in scena da Levine ed il suo team. Rapture è un qualcosa che trascende il concetto di agglomerato urbano, forte di una prepotente e ben delineata identità, un identità che permea ogni suo angolo, ogni sua strada, ogni suo edificio.

 Sono Andrew Ryan, e sono qui per porvi una domanda: un uomo non ha diritti sul sudore della sua fronte? 

No, dice l’uomo di Washington; appartiene ai poveri.
No, dice l’uomo in Vaticano; appartiene a Dio.
No, dice l’uomo di Mosca; appartiene a tutti.
Io rifiuto queste risposte. Piuttosto, scelgo qualcosa di diverso.
Scelgo l’impossibile. Scelgo…

Rapture 

Tutti questi elementi architettonici sono intrisi delle storie disperate dei Ricombinanti, ogni centimetro di quella superficie sprofondata negli abissi oceanici ha qualcosa da narrare all’incauto giocatore che oserà percorrerla. E, nonostante la devastazione che l’ha funestata e che continua tuttora a violentarla, Rapture non potrà ufficialmente cessare di vivere, almeno fintanto che l’ultimo dei suoi tormentati abitanti riuscirà ad appropriarsi di una misera quantità di Adam. Già, l’Adam, quella droga di origine organica capace di scatenare l’inferno, la causa principe di tutti i mali. Una sostanza capace di espandere a dismisura l’ego di colui che, disgraziatamente, finisce con il cadere vittima delle sue suadenti promesse, finendo con il divenire incapace di resistere al desiderio di onnipotenza che alberga negli angoli più oscuri delle anime di noi tutti. Ma il potere, come è giusto che sia, non può essere alla portata di tutti. No, per poter anche solo ambire al ruolo di eterna divinità, in quella che è divenuta una folle lotta per la conquista della supremazia, c’è spazio solo per i più forti, per coloro in grado di affrontare e sconfiggere i mastodontici ed inarrestabili Big Daddy, i letali custodi delle piccole schiave incaricate di fare incetta dell’attraente sostanza. Già, le Sorelline, ci sono anche loro a popolare il variopinto cast arruolato da Irrational Games, quelle sventurate marionette legate a doppio filo alle idee utopiche di Ryan, incapaci di sfuggire ad un beffardo destino che le ha eternamente confinate tra le mura di quel variopinto affresco delle miserie umane chiamato Rapture. Mietitrici del prezioso nettare vitale, esse sono l’ultimo legame capace di salvare il distorto sogno di Ryan dall’oblio e dalla distruzione: quando anche l’ultima di loro scomparirà dalle vie di Rapture, anche l’Adam, il carburante capace di tenere in vita quello squallido teatrino sommerso, finirà per svanire nel nulla, portando con sé tutti i sogni e le speranze degli sciagurati Ricombinanti.
Ma siamo sicuri che la follia finirà per esaurirsi così, finendo con l’essere eternamente affidata ai silenziosi abissi marini? Siamo sicuri che tra i vicoli e le strade di decadente miseria non si nascondano altre storie degne di essere raccontate? Per cortesia, evitiamo di illuderci ancora una volta ed inchiniamoci dinanzi alla grandezza di Rapture e del suo fondatore.