Dynasty Warriors: Origins
di: Simone CantiniDici Romanzo dei Tre Regni ed almeno in campo videoludico il primo nome che salta in mente è quello di Omega Force. Da qui, il passo che ci conduce ad immaginare centinaia e centinaia di fantocci, pronti ad essere falciati senza pietà, è davvero breve. A questo punto si materializza granitico il termine musou, foriero di una codificata ed immutabile formula ludica, pronta a ripetersi sempiterna ad ogni iterazione. Tutto vero, almeno fino a quando non ho provato Dynasty Warriors: Origins in quel del TGS 2024.
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Armiamoci e partite!
Tutto cambia per non cambiare, ce lo ha insegnato Tomasi di Lampedusa nel suo immortale Gattopardo, ed in parte questa formula si applica anche a Dynasty Warriors: Origins, che sembra pronto ad apportare numerose modifiche alla sua consolidata natura, senza però rinunciare alla propria storica identità. Mutamenti che, però, non andranno ad impattare anche sullo scenario che, da sempre, ci accompagna nella mattanza di pressoché inermi avversari: ecco che, ancora una volta, la bellicosa Cina del terzo secolo torna ad essere lo sfondo di battaglie campali che, però, stavolta saremo chiamati ad affrontare nei panni di un anonimo generale, lasciando agli storici protagonisti visti nei vari giochi il ruolo di semplici spalle giocanti. Un passo sicuramente azzardato ed ardito per una serie che ha sempre fatto, salvo qualche rara (e mai ben digerita) eccezione uno dei suoi principali punti di forza.
Un’inversione di rotta che potrebbe spiazzare i fan più integerrimi, ancora una volta desiderosi di tornare a vestire in prima persona i panni di Liu Bei, Cao Cao e tutti gli altri. Il cambiamento, però, non è solo esclusivamente formale, ma è accompagnato da una vera e propria rivoluzione dell’ossatura ludica di Dynasty Warriors: Origins. La missione disponibile durante la fiera nipponica ha evidenziato la volontà di abbandonare l’indole spensierata con cui venivano affrontati gli scontri, prediligendo un approccio decisamente più tattico, in cui la lettura del campo di battaglia va ad assumere un’importanza cruciale. In tal senso sarà fondamentale andare ad individuare le zone della mappa in cui è più opportuno concentrare gli sforzi, così da evitare un abbassamento del morale delle nostre truppe, ma anche per stroncare sul nascere gli assalti avversari più massicci.
Ad aiutarci troveremo anche un rinnovato set di comandi, che ci consentiranno di modificare la strategia bellica delle truppe sotto il nostro comando (controllate dall’IA), ma anche di dare vita a spettacolari assalti combinati con i personaggi storici, dei quali potremo anche prendere il controllo diretto, per un breve periodo, soddisfacendo particolari criteri. Non mancheranno anche veri e propri duelli 1vs1 con i generali nemici, indispensabili per fiaccare il morale nemico e, contemporaneamente, guadagnare boost temporanei.
Un bel vedere, finalmente!
Insomma, il button mashing selvaggio, croce e delizia della saga, risulta estremamente ridimensionato rispetto al consueto, pur essendo sempre presente. Il combat system generale, difatti, non ha subito grossi scossoni, presentando sempre il consueto trittico di attacchi, a cui però si va ad affiancare la necessità di alternare anche schivate e parate: caricare sempre a testa bassa, proprio in virtù del nuovo approccio bellico, non sempre pagherà a dovere. Questo, comunque, non ha lasciato in disparte le storiche, gargantuesche combo, che in pochissimi istanti ci permetteranno di falciare centinaia di avversari che, per quanto più agguerriti del solito, aspettano solo di cadere sotto i nostri fendenti. Certo, ci vorrà comunque un pizzico di tempo in più per metabolizzare tutte le novità, ma le premesse sembrano davvero promettenti.
Laddove si avverte un ulteriore step evolutivo, è relativamente al comparto tecnico della produzione che, finalmente, sembra pronta ad abbandonare quell’alone di sciatteria e approssimazione che l’ha sempre caratterizzata. Il primo impatto, a livello puramente visivo, è stato difatti alquanto soddisfacente, grazie ad un colpo d’occhio finalmente in grado di reggere il passo con gli hardware su cui Dynasty Warriors: Origins è chiamato a girare. Il tutto senza però andare a sacrificare la fluidità generale, che è rimasta eccellente anche in presenza del consueto ed abnorme quantitativo di nemici presenti sullo schermo.
Pur mantenendo intatto il carattere e la storica indole della sua serie più nota, con Dynasty Warriors: Origins Omega Force sembra finalmente pronta a compiere quel piccolo (ma tanto atteso) passi in avanti che ci aspettiamo da anni. La svolta più tattica non può che essere benvenuta, visto il modo in cui sembra amalgamarsi alla prevedibile mattanza di (quasi) inermi soldati. Un cambiamento che si traduce in un’esperienza in apparenza più ragionata e stratificata, in cui la pressione selvaggia dei tasti di attacco può trovare la sua giustificazione solo in presenza di una lettura del campo di battaglia più accurata. E poi c’è l’aspetto tecnico finalmente in grado di reggere il confronto con il resto della produzione moderna che, soprattutto quando si parla di musou, si tratta davvero di oro colato. A questo punto l’attesa che ci separa dal lancio di Dynasty Warriors: Origins non può che farsi sempre più snervante.