Death Stranding
di: Simone CantiniÈ inutile negarlo, ma tira più un tweet di Kojima che il caro e vecchio carro di buoi. E la dimostrazione lampante di quanto appena scritto ci viene dall’ultima settimana videoludica, che tra un cinguettio ed una imprevista diretta Twitch, ci ha accompagnato fino all’atteso reveal di poche ore fa, in cui finalmente abbiamo potuto placare la nostra ardente sete di Death Stranding. Sì, perché l’ultimo trailer del papà di Snake e compagnia era atteso come il messia, assieme alle ghiotte informazioni che è riuscito a spifferarci con noncuranza. Dunque, quale migliore occasione per fare un po’ il punto della situazione, in merito alla prima opera di un Koji-san lontano dalle grinfie della kattiva (voluto) Konami?
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Un mondo alla deriva
Che Hideo possa rimanere antipatico a molti, a causa dell’alone messianico che avvolge ogni suo gesto e dichiarazione, è pacifico e palese, ma è anche innegabile che sia un comunicatore senza uguali nel panorama videoludico. La sua capacità di stimolare l’interesse delle masse, grazie ad un insieme di mosse sempre calcolate alla perfezione, è dimostrata dai suoi lunghi anni di carriera, così come non si può certo criticare il suo saperci dannatamente fare con i trailer: ecco, è lecito disquisire su tutto quello che vogliamo, ma il recentissimo filmato dedicato a Death Stranding è risultato davvero ben confezionato ed accattivante, grazie al suo montaggio e alla sua regia volutamente spettacolari, volte più a sollevare ulteriori interrogativi piuttosto che a dare risposta alle domande sorte nel corso degli ultimi anni. Chi si aspettava, come il sottoscritto, di poter avere un po’ più chiara la natura di Death Stranding, difatti, è rimasto piacevolmente deluso: sappiamo solo, grazie anche alle informazioni diffuse nelle ultime ore, che nei panni di Sam Bridges (interpretato da Norman Reedus) saremo chiamati a compiere un misterioso viaggio lungo gli Stati Uniti, nel tentativo di salvare l’intero genere umano, oramai prossimo all’estinzione in seguito all’avvento di misteriose entità ultraterrene. Ovviamente le cause del letale effetto denominato Death Stranding non saranno la nostra unica preoccupazione, dato che lungo il nostro cammino incontreremo le ostili forze degli Homo Demens, una sorta di esercito di rivoltosi che sembra non gradire le nostre velleità salvifiche. Inutile sottolineare, data la presenza del buon Koji-san alla regia, come la storia svolgerà un ruolo predominante all’interno dell’intera produzione, che si avvale del già noto cast capace di annoverare tra le proprie fila personalità del calibro di Mads Mikkelsen, Benicio del Toro, Troy Baker e molti altri.
Echi dal passato
Pur cambiando, per forza di cose, l’engine grafico attorno a cui è stato modellato il gioco, Kojima sembra non aver rinunciato alla deriva open world che aveva caratterizzato il suo ultimo contratto in Konami. Il che, a vedere il trailer, si è tradotto in un ambiente di gioco apparentemente sconfinato, in cui la libertà di approccio pare essere ben più ampia di quanto visto in Horizon: Zero Dawn, prima produzione a beneficiare del Decima Engine. A leggere le informazioni trapelate, difatti, pare che dovremo ingegnarci per trovare di volta in volta la strada migliore per proseguire lungo il nostro cammino, il che si presume non renderà fortemente scriptato e lineare l’incedere. Resta da vedere se quella brevissima interazione per mezzo di una scala, craftata alla bisogna, vista nel trailer di ieri si rivelerà una semplice situazione studiata a tavolino, ma visto l’hype che accompagna il titolo sarebbe uno scivolone non da poco. I legami con Metal Gear Solid, comunque, non sembrano esaurirsi nel semplice world design, ma tornano anche nel feeling visivo complessivo, con animazioni e situazioni che non possono far tornare in mente le capacità stealth di Snake: un esempio lampante ci viene fornito in occasione degli incontri con le BT, le entità sovrannaturali di cui sopra che è possibile intravedere grazie al Bridge Baby, il misterioso infante che sin dal primo reveal del titolo aveva solleticato la curiosità generale. Eppure, nonostante l’evidente retaggio delle opere passate del proprio papà, Death Stranding sembra voler andare molto oltre i propri predecessori, sia stilisticamente che a livello di gameplay, come hanno evidenziato le curiose e decisamente oscure sezioni che paiono ambientate in un lontano passato bellico (Vietnam?) e che, per impressione puramente personale, mi sento in dovere di legare alla particolare gestione della morte di cui abbiamo appreso poche ore fa: che il game over si sia trasformato in una sorta di purgatorio, in cui occorre sopravvivere nuovamente per puntare alla tanto agognata seconda possibilità? Quasi come se fosse un rimando all’indimenticabile “scontro” con The Sorrow visto in Snake Eater. Siamo nell’insidioso terreno delle pure speculazioni, me ne rendo conto, ma lo spirito citazionistico di Hideo Kojima non lo scopriamo certo oggi, quindi non mi sento davvero di escludere questa ipotesi. Ma sono ancora molti gli interrogativi affatto dissipati dal trailer, a partire dal contenuto della misteriosa scatola che Sam porta in spalla, all’impiego della futuristica moto intravista, così come al funzionamento del multiplayer asincrono, di cui sappiamo solo che potremo interagire a distanza con altri viaggiatori, ma che ritengo improbabile possa ridursi solo a questo. E poi il ruolo dei vari personaggi, la natura stessa del Bridge Baby e delle BT, ma anche il perché si insista molto sul concetto di riunire, il mantra che negli ultimi giorni ha accompagnato ogni cinguettio di Kojima e soci. L’unico aspetto sul quale si può stare tranquilli, per quanto visto, è relativamente all’impianto scenico di Death Stranding, apparso sin dal principio veramente spettacolare, tanto nelle fasi cinematiche quanto nelle brevi porzioni giocate centellinate nel corso degli anni: sicuramente il poter contare sull’aiuto di Sony e del know how di uno dei suoi team più talentuosi (almeno sul puro versante tecnico), si è rivelata una carta vincente, come dimostra anche la tempistica relativamente breve con cui Death Stranding sbarcherà su PS4. Confessate, chi pensava seriamente che lo avremmo visto questo autunno?
Kojima è Kojima, c’è poco da fare: o si odia profondamente per il suo essere volutamente inconcludente, oppure sia ama alla follia a causa della sua sadica voglia di inanellare un mistero dietro l’altro. E l’ultimo trailer di Death Stranding non ha certo fatto nulla per cercare di rinsaldare questa insanabile frattura tra le due fazioni, allietando gli adoratori per mezzo di un insieme di emozioni, sublimate dall’agognata data di uscita della produzione, ma anche rafforzando le convinzioni degli hater a causa di una difficile lettura di quanto visto su schermo. Quello che è certo, per come la si possa pensare, è che il prossimo 8 novembre si appresta a divenire il giorno più atteso dell’intero anno videoludico, il vero punto di svolta in cui, se ci sforzeremo di spogliarsi dei nostri preconcetti (positivi o negativi che siano), Hideo Kojima dimostrerà se è riuscito davvero a scrollarsi di dosso il proprio ingombrante passato.