Approfondimento

25 anni di PlayStation

di: Simone Cantini

Sono 25, ma sembrano passati in un soffio. Eppure, se ci mettiamo seriamente a contarli, gli anni che ci separano da quel lontanissimo 3 dicembre sono gli stessi che usiamo per definire il quarto di secolo, una porzione che ha indelebilmente segnato (piaccia o meno), l’evoluzione del media videoudico. Sì, perché quella scatoletta grigia comparsa per la prima volta nei magazzini di Akihabara, sarebbe stata capace di stravolgere tutto quel mondo che pareva soltanto nostro, finendo con lo sdoganarlo in modo definitivo, dando vita ad un nuovo corso dell’industria videoludica mondiale. Insomma, un traguardo non da poco, pertanto non possiamo che toglierci il cappello al cospetto di ciò, ed augurare un sentito “buon compleanno” al marchio PlayStation.

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In trappola

Ero sempre stato un giocatore da computer, svezzato a pane e C64, cresciuto con fette abbondanti di Amiga 500 e fortificato con iniezioni di PC gaming, pertanto il mondo console mi era quasi sconosciuto, almeno da fruitore intensivo. Sì, avevo amici che si torturavano a vicenda ritenendo superiore chi SEGA e chi Nintendo, con il sottoscritto che si ritrovava a scroccare giochi e console durante le loro accese sfide dialettiche. Eppure, nonostante apprezzassi i titoli che mi passavano tra le mani, mai avrei pensato di tradire il mio oramai radicato modus giocandi. In fondo, al di là della bontà del software con cui ero solito sollazzarmi, era indubbio che il computer di turno potesse servire anche ad altro, come ci aveva insegnato già a suo tempo quello spot del Commodore 64, che grazie al suo “ti aiuta nello studio” aveva convinto i miei a dare il via all’informatizzazione di casa Cantini. E per anni il trend è stato questo, con il sottoscritto che guardava con sufficienza agli hardware a 8 e 16 bit di Kyoto e Tokyo, sbeffeggiando talvolta le recensioni dei giochi a loro dedicati. Almeno fino a quando il mio compagno di camera all’università non portò in casa una scatolina grigia, con dentro la brava copia masterizzata (eravamo giovani e spiantati) della versione NTSC di Final Fantasy Tactics: bum, ero spacciato, finito, rapito, kaput. Per me, che RPG era sinonimo di SSI, e che neppure l’avventura di Cloud o il primo Tyrant erano riusciti a smuovere, l’incontro con Ramza e Delita segnò la fine dal mio retaggio computercentrico: raggranellare tutti i risparmi e fiondarmi nel più vicino negozio di videogame della zona fu un attimo, visto che non potevo sottostare ai turni ludici che la convivenza con altre 3 persone comportava. Volevo quel gioco tutto per me, volevo giocarci quando e quanto mi pareva, senza dividere il pad con nessuno che non fosse il sottoscritto. E ancora non mi stavo rendendo conto di come stessi prendendo parte ad una epocale rivoluzione del media, visto ciò che il successo planetario di PlayStation avrebbe, di lì a poco, comportato e che stiamo ancora oggi vivendo.

Rompere gli equilibri

E dire che tutto, come sicuramente saprete, erano nato quasi per caso, da una delle mosse sbagliate più clamorose della storia di Nintendo che, restia ad abbandonare le sue amate cartucce, vide bene di mandare a monte la collaborazione con Sony, lasciando in mano di quello che sarebbe divenuto il suo competitor più agguerrito la proverbiale gallina dalle uova d’oro. La scelta di puntare tutto sui più capienti CD-Rom, così da poter presentare filmati FMV di qualità sino ad allora impensabile, assieme ad audio in altissima qualità (per il periodo), furono le mosse vincenti, in grado di trasformare un’azienda sino ad allora nota più per Walkman e televisori, in un colosso dell’industria del gaming. E PS1 fu anche il ricettacolo in grado di attrarre sviluppatori che già avevano intuito il potenziale nascosto di questa nuova frontiera, intravedendo sotto quella anonima scocca grigiastra un nuovo modo di raccontare, e far vivere, le storie chiuse nella loro fantasia. Ecco che, d’improvviso, l’intrattenimento digitale finiva per dare un senso più ampio a quel video che da sempre aveva accompagnato la parola gioco, ampliandone il raggio d’azione e finendo per coinvolgere in maniera più completa l’utilizzatore: non si trattava più soltanto di salvare la principessa tenuta prigioniera in un altro castello, cosa tutt’altro che disprezzabile sia chiaro, ma anche di percepire tutto quel substrato narrativo fino ad allora rimasto celato dietro le azioni, talvolta meccaniche, degli sprite che fino ad allora avevamo controllato. Forse potremmo anche parlare di imbarbarimento del media, impoverimento della sostanza ed eccessiva commercializzazione di un qualcosa che, fino ad allora, era stato visto come proprietà di una elite (o disagiati sociali, a seconda del pensiero), visto come non mancarono e né mancano oggi i detrattori della discesa in campo di Sony, spesso tacciata di essere l’originale responsabile della morte del gaming in senso classico. Sulla questione, vista la complessità dell’argomento, eviterò di dilungarmi, ma è innegabile che sia stato proprio il successo planetario di PS1 a far aprire gli occhi del mondo all’universo del gaming, con tutti i pro ed i contro che ciò avrebbe comportato. È però innegabile che l’aver fiutato odore di denaro abbia rappresentato un’opportunità non da poco per la crescita del settore, seppur non mossa da scopi certo filantropici: ma ragionando un attimo per ipotesi, e tirando in ballo un prodotto non Sony, siamo davvero sicuri che senza il boost economico garantito da questo exploit saremmo arrivati ad avere un qualcosa di così complesso ed avanzato come Zelda: Breath of the Wild? Personalmente ne dubito fortemente, ma siete liberi di smentirmi quando volete (non me la prendo, giuro!).

La forza delle esclusive

In qualunque modo la si pensi, però, il dado era tratto e la strada segnata in maniera incontrovertibile. Così come era oramai compromesso il mio rapporto con il mondo PC, che proprio a causa di Final Fantasy Tactics finii per salutare con pochissimi rimpianti, piazzando il primo mattone della mia ascesa a futuro consolaro multiplattaforma. E vista la libreria incredibile e variegata (ed esclusiva, giusto per rimarcare un fattore che alcuni rumor recenti vorrebbero cancellare) che mi stava accogliendo a braccia spalancate, guardare indietro con malinconia al mio passato sarebbe stato sciocco e superfluo: in fondo quando hai a tenerti compagnia Metal Gear Solid, Final Fantasy IX, Soul Reaver o Silent Hill, che senso ha rimpiangere ciò che era stato. Già, Silent Hill, un altro di quegli spartiacque che, una generazione dopo, avrebbe rinsaldato ancor di più il mio legame con Sony, con un secondo capitolo in grado di far traballare con prepotenza il primato del ruolistico di casa Square Enix. PS2, in fondo, è stata questo, il modo in cui la compagnia nipponica aveva finito per consolidare la propria visione multimediale del suo modo di intendere il gaming, che grazie alla rinnovata potenza di calcolo (e all’esperienza maturata) era finalmente in grado di esprimere in pieno tutto il proprio potenziale ludico/narrativo. Per non parlare di una dei cataloghi più eterogenei e impressionanti di sempre. E proprio per questi motivi mi stupì non poco il passo falso chiamato PS3, che riuscì a dilapidare in una manciata di deliranti dichiarazioni di onnipotenza l’incredibile vantaggio maturato sui competitor, risollevandosi soltanto grazie agli sforzi produttivi e alle rettifiche che accompagnarono la seconda parte del suo ciclo vitale, e che furono le fondamenta del successo dell’ultima arrivata in casa Sony. E chissà che la storia non si ripeta tra poco più di un anno.

PlayStation’s 25th Birthday Party

25 anni ci separano dall’arrivo di PS1, ma come sempre accade quando la compagnia è ottima, sembrano passati in un battito di ciglia. Piaccia o no, l’ultimo quarto di secolo dell’intrattenimento videoludico è stato caratterizzato (nel bene e nel male) dall’ingombrante presenza di Sony, capace di trasformare quello che avrebbe potuto essere un disastro annunciato in un brand potentissimo e multimilionario. Certo, non tutto è sempre stato rose e fiori (PS Vita quanto ci hai deluso), ma se mi volto indietro a ripercorrere i passi di questa cavalcata, sono più i momenti memorabili di quelli dimenticabili. E dire che, almeno per il sottoscritto, tutto ha preso il via grazie ad un disco masterizzato, uno di quei piccoli tesori in grado di fare la fortuna dei pirati del tempo. Un tempo in cui credevo che Dos e Windows mi avrebbero accompagnato per sempre, ma in cui avevo colpevolmente sottovalutato la potenza di PlayStation. Auguri!