Recensione Need for Speed Payback
di: Luca SaatiAbbandonata la cadenza annuale, Need for Speed si prende adesso due anni di tempo tra un capitolo e l’altro. Nel 2015 abbiamo lodato il reboot della serie racing che, pur avendo dei difetti, ci aveva convinto, divertito e fatto assaporare quelle atmosfere che non si vedevano dai tempi degli Underground (i capitoli più amati in assoluto dai fan). Need for Speed Payback riprende quindi il discorso esattamente da lì, cercando di aggiungere alla formula una storia cinematografica e una serie di elementi presi di peso da altri racing game della concorrenza come The Crew per offrire un numero di contenuti ancora più alto. Scommessa vinta?
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The Fast and the Furious
Già nei primi momenti si avverte come i ragazzi di Ghost Games si siano ispirati alla serie di film con protagonista Vin Diesel proponendo una serie di compiti molto lineari, scriptati, spettacolari e cinematografici che ci introducono alla storia. Come suggerisce il nome del gioco, Payback è una storia di vendetta in cui Tyler e la sua gang devono vendicarsi per un colpo andato male scoprendo che in Fortune Valley (città ispirata a Las Vegas) tutto è nelle mani della Loggia che controlla le corse clandestine e le scommesse a esse legate, la polizia e i politici. Dopo aver passato qualche mese nell’anonimato per far calmare le acque e aspettare il momento giusto per colpire, Tyler ricontatta quindi i suoi vecchi amici, i piloti Mac e Jessie, e il meccanico Nav con un unico obiettivo: fermare il dominio della Loggia partecipando al Rush dei Banditi, la corsa clandestina più importante della città su cui girano scommesse da capogiro.
Quello di Need for Speed Payback è un canovaccio molto tradizionale che si è già visto in numerosi film, eppure la sua parte introduttiva caratterizzata da momenti così scriptati e spettacolari da darci la sensazione di trovarci dinanzi al Call of Duty dei racing game ci ha convinto e dato buone sensazioni per il proseguo della storia di Tyler e i suoi. Il problema è che con l’avanzare della storia il tutto va a perdersi man mano a causa di un racconto troppo frammentato in cui quelle missioni lineari che portano avanti la narrazione si contano sulle dita di una sola mano e si presentano solo alla fine di ogni capitolo a cui ci si arriva dopo 15 o 20 gare. I personaggi si fanno dimenticare ben presto, sono anonimi e non ci si affeziona mai a loro per via di una caratterizzazione pressoché inesistente. La storia di Need for Speed Payback insomma fallisce il compito portando con stanchezza il giocatore al finale.
Tra le corse e una giocata a carte
Il gameplay dell’opera di Ghost Games è molto familiare per coloro i quali hanno già giocato i precedenti Need for Speed: il tutto risulta immediato e divertente con la macchina che restituisce una buona sensazione di peso pad alla mano per poi cambiare improvvisamente in curva dove una derapata rende il veicolo decisamente più leggero. Niente di nuovo quindi da questo punto di vista, tuttavia Payback cerca di offrire una maggiore varietà dividendo i veicoli in categorie con gare appositamente pensate per ciascuna classe: abbiamo quindi le auto da corsa per competizioni molto classiche; le auto di accelerazione per le Drag Race in cui si corre in un quarto di miglio con tanto di cambio manuale della marcia (e auto che si impennano in partenza come solo Dominic Toretto sa fare); non mancano le auto per le derapate che non hanno bisogno di presentazioni; le macchine per la fuga per affrontare la polizia con tanto di takedown spettacolari come Burnout insegna; infine abbiamo le auto per le corse fuoristrada.
Se le prime tre tipologie di competizioni funzionano come si deve, i problemi arrivano con le restanti due. Per quanto riguarda la fuga dalla polizia potete dimenticarvi quelle spettacolari viste in Most Wanted (non quello orribile di Criterion, ma quello bellissimo di Black Box uscito nel 2005) in cui si era liberi di muoversi per l’intera città sfruttando viuzze laterali o gli elemento dell’ambiente per seminare gli sbirri, in Payback anche queste corse richiedono di seguire un determinato percorso con le forze dell’ordine che poco prima del traguardo inspiegabilmente smetteranno di seguirvi. Le gare fuoristrada invece vengono compromesse da una fisicità non sempre coerente con un piccolo masso o il tocco di un avversario che possono creare pericolosi incidenti capaci di far perdere secondi preziosi dando quindi la sensazione che sia tutto troppo casuale.
La struttura del gioco riprende quanto si vede nei recenti open world: in pratica a ogni capitolo bisogna gareggiare contro le varie gang con ognuna che richiede di affrontare cinque o sei gare, completate le bande di criminali si può accedere alla missione principale caratterizzata da momenti spettacolari come furti di auto, camion da far sbandare ed elicotteri da abbattere che si attivano in un determinato momento rappresentando senza ombra di dubbio la parte più riuscita del gioco. Ghost Games ha poi riempito il titolo di una serie di sfide extra come gare di velocità, autovelox e derapate che, come visto in The Crew, si attivano istantaneamente non appena varcato il via rivelandosi utili per rendere più divertenti gli spostamenti da una parte all’altra della città. Non mancano poi dei collezionabili come cartelloni da distruggere, gettoni da raccogliere e i Catorci da costruire, quest’ultimi una volta raccolti permettono di ottenere un nuovo mezzo e assegnargli una delle cinque categorie. Completare questi extra permette inoltre di sbloccare nuovi elementi di personalizzazione per l’auto tra paraurti, spoiler, minigonne, cofani e così via. La parte di tuning e di editor di livree riprende e migliora quanto visto due anni fa e permette ai fan di passare numerose ore a modificare il proprio mezzo. Si possono anche utilizzare neon sotto la macchina, fumo delle ruote e gas del NOS di colore diverso, o un clacson particolare, peccato solo che quest’ultimi elementi si trovano solo nelle Loot Box.
Ebbene si, avete capito bene, anche Need for Speed Payback accoglie questo sistema con le casse che racchiudono alcuni elementi estetici, crediti aggiuntivi e gettoni il cui funzionamento ve lo spiegheremo tra poco. Le Loot Box si ottengono con l’aumentare di livello o completando le varie sfide di cui vi abbiamo parlato più sopra. Fin qui niente di nuovo, ma i problemi arrivano quando ci si rende conto che la progressione del gioco e il suo bilanciamento sia strettamente legato a questo sistema. Dimenticatevi in Need for Speed Payback l’acquisto di una lunga serie di pezzi per migliorare le statistiche della macchina, adesso abbiamo le Speed Card. Ogni auto può equipaggiare un massimo di sei carte, ognuna che conferisce bonus differenti in base alla sua tipologia e a come vengono accoppiate, ad esempio utilizzarne tre o sei della stessa marca garantisce bonus ulteriori. Le Speed Card si possono ottenere alla fine di ogni gara con il gioco che ve ne mette davanti tre coperte e ve ne fa scegliere una, si possono acquistare all’officina con i crediti del gioco oppure tramite una lotteria spendendo tre gettoni alla volta. La lotteria consente di bloccare una delle tre categorie (tipo di pezzo, marca e bonus) con le altre due che vengono quindi scelte casualmente. Il sistema di progressione è quindi gestito semplicemente dalla fortuna, dalla lotteria o dai premi alla fine di ogni gara vi possono capitare sia pezzi inutili o fondamentali per migliorare le proprie auto. Per andare sul sicuro potete decidere di acquistarli presso l’officina, ma oltre ad essere costose, le Speed Card presenti in questo negozio si rivelano meno efficaci rispetto a quelle che è possibile ottenere tramite la lotteria. Questo sistema costringe quindi il giocatore a dedicarsi a un grinding ossessivo ripetendo più volte gare già affrontate per ottenere una nuova carta o in casi estremi a vendere le auto o scambiare le Speed Card ormai inutilizzate per ottenere un gettone. L’introduzione di queste carte ha poi ripercussioni anche sulla progressione completamente sbilanciata: ad esempio abbiamo completato una gara il cui livello consigliato era di 255, ed ecco che la competizione immediatamente successiva consiglia un livello di 280. Un salto abbastanza impressionante dato che non basta una sola Speed Card per aumentare di 25 punti il livello della propria auto costringendo quindi il giocatore a recarsi nell’officina ed affidarsi alla sorte con la lotteria o all’acquisto diretto di qualche costosa carta. Inoltre ci sono problemi di bilanciamento anche tra le varie competizioni: una di accelerazione risulta quasi impossibile se si ha un livello di troppo inferiore a quello suggerito, mentre una di fuga o di derapata risulta decisamente più accessibile anche con un livello molto basso. Tutti questi problemi portano quindi la longevità del gioco ad allungarsi più del dovuto, noi ci abbiamo impiegato 22 ore per arrivare ai titoli di coda.
Presente anche il multiplayer con il solito Autolog che mette a confronto i tempi tra i giocatori, e competizioni che tengono impegnati un massimo di 8 giocatori in una serie di cinque gare. In generale il comparto online svolge il suo lavoro e probabilmente allungherà di qualche ora la longevità del gioco.
La valle della fortuna
Need for Speed Payback sfrutta l’ormai solito Frostbite Engine di Electronic Arts che in questa sede alterna alti e bassi. La modellazione poligonale delle auto è davvero ottima, le sequenze cinematografiche sono ben dirette e causare un incidente si rivela sempre spettacolare. D’altra parte abbiamo solo 30 fps (abbiamo provato la versione Xbox One S) che presentano qualche incertezza nei momenti più concitati, caricamenti delle texture in ritardo e un’ambientazione troppo scialba e anonima. Buona la colonna sonora e la selezione di canzoni che ci accompagnano durante gli spostamenti, il doppiaggio in italiano invece fa il suo lavoro senza infamia e senza lode.
Commento finale
Need for Speed Payback può essere giudicato tranquillamente come un prodotto buono, divertente e a tratti spettacolari nonostante una storia non molto esaltante e qualche problema con le gare di fuga e fuoristrada. Nella valutazione finale però non possiamo non tenere a mente una progressione completamente sbilanciata con l’introduzione delle Loot Box e delle Speed Card che rovinano l’esperienza di gioco portandoci a frustrazione e tanta, tantissima rabbia.