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Recensione Zone of the Enders HD Collection

10 anni fa non c'erano tutti i giocatori che ci sono oggi, questo è poco ma sicuro. Deve aver pensato la stessa cosa Konami, che come la stragrande maggioranza delle software house più famose ha ben pensato che è arrivato il momento di rispolverare dallo scaffale virtuale qualche pezzo da 90 degli anni che furono e riproporlo in salsa HD. Forse infatti non tutti sanno che Hideo Kojima non è solo chiacchiere e Metal Gear Solid ma che in passato ha provato a cimentarsi in altri bizzarri progetti tra i quali Zone of the Enders...

di: Nicola "Wanicola" Caso

10 anni fa non c’erano tutti i giocatori che ci sono oggi, questo è poco ma sicuro. Deve aver pensato la stessa cosa Konami, che come la stragrande maggioranza delle software house più famose ha ben pensato che è arrivato il momento di rispolverare dallo scaffale virtuale qualche pezzo da 90 degli anni che furono e riproporlo in salsa HD. Forse infatti non tutti sanno che Hideo Kojima non è solo chiacchiere e Metal Gear Solid ma che in passato ha provato a cimentarsi in altri bizzarri progetti tra i quali Zone of the Enders

Come ti trovo invecchiato

Che si tratti di un preludio al tanto atteso e sperato Zone of the Enders 3? Non ne siamo sicuri, ma siamo certi che questa HD Collection non è poi così imprescindibile come a Konami vogliono farci credere. Già all’epoca Zone of the Enders (ZOE per gli amici) non è che fosse tutto questo gran gioco. C’era la firma di Kojima, la Demo di Metal Gear Solid 2 e pure i robottoni giapponesi che ci piacciono tanto, ma la verità è che oggi il primo capitolo della serie è ricordato con tanto misticismo solo perché all’epoca (2001, il lancio della PS2) non c’era poi tanto da giocare. I problemi di ZOE erano evidenti all’epoca e oggi lo sono ancora di più, accentuati ulteriormente dalla presenza del secondo capitolo in questa Collection, in grado di sottolineare quel senso di incompiutezza e sperimentalismo naif che trasuda da ogni singolo aspetto. Per chi non ne avesse mai sentito parlare, si tratta di un simulatore di mecha nel quale il giocatore veste i panni del giovane Leo Stenbuck alle prese con la ribellione delle colonie spaziali, il classico impero malvagio che vuole tutto distruggere conquistare e un robot misterioso dai poteri sconfinati. Un po’ Gundam, un po’ Evangelion per intenderci. Una trama talmente abbozzata e sconclusionata che se per caso voleste iniziare dal secondo non vi sareste persi nulla che possa inficiare sulla comprensione generale. Comunque sia, lo si può anche fare per dovere di completezza. A livello di difficoltà normale non saranno necessarie più di cinque ore per giungere a quello che all’epoca doveva essere il combattimento finale più epico di sempre ma che invece è stato una delle più grandi fregature della storia dei videogiochi. Discorso diverso invece se non riuscite a soprassedere a una progressione legnosa che vi obbliga a dover selezionare da una mappa centrale piccole aree chiuse nel quale dover sconfiggere tutti i nemici e fare avanti e indietro assecondando le richieste di un’ IA Borderliner che solo di volta in volta vi avvisa che in quella data zona si trovava l’oggetto per proseguire la missione altrove. Il tutto sempre dal pratico menùstart dove la scritta “Area Change” è situata sotto “termina partita”. Come abbia fatto ZOE a guadagnarsi lo status symbol di cui gode oggi e ad arrivare a quella perla del secondo capitolo? Mistero.

Two è meglio che One

Che ci fosse qualcosa che non andasse doveva essersene accorto anche Kojima tanto che dal primo al secondo ZOE l’unica cosa che rimane uguale è il design (spettacolare) del Jehuty. ViaLeo, dentro Dingo, la progressione a singhiozzi cede il posto a un level design più guidato ma anche più coerente con la narrazione, le missioni vengono rese più varie anche grazie all’utilizzo delle numerose armi secondarie ora demandate a un’apposita barra, per non parlare della telecamera che finalmente riesce a seguire l’azione in modo più pratico e meno epilettico del predecessore. Il tutto confezionato con uno splendido Cell Shading tale da rendere il gioco altamente spettacolare tutt’oggi. Uscito nel 2003The Second Runner rappresentava tutto ciò che avrebbe dovuto essere il primo ZOE nella mente di Kojima, un gioco d’azione tra mecha velocissimo e vario, con una trama matura ed elaborata, una valvola di sfogo per quel suo fare da regista che tanto critichiamo ma che in realtà conferisce un carisma unico alle sue opere. Per dovere di completezza fa sempre piacere poter contare su una serie al completo in un unico pacchetto, ma se anche ci fosse stato dato solo ZOE 2 in HD non ci sarebbe stato tanto di cui lamentarsi. Scattare, sparare laser, attaccare con la spada, afferrare e lanciare. Oggi come allora controllare il Jehuty è in ZOE 2 è una vera goduria grazie a dei controlli perfettamente mappati e alla varietà di situazioni proposte. Un gioco tutto da (ri)scoprire che all’epoca poté contare su pochissimi fan a causa della poca fama del brand o delle scottature avute con il primo. Kojima, a quando un terzo capitolo?

HD o no sempre li siamo

Se fin’ora non abbiamo fatto altro che rinfrescarvi la memoria e parlarvi di cose già fatte, viste e sentite allora sappiate anche che potete rivolgere il vostro sguardo altrove. Come in operazioni analoghe, infatti, ZOE HD Collection non offre nessun tipo di contenuto extra o bonus che potrebbe giustificarne l’acquisto ai possessori degli originali (peccato perché in America il tutto era corredato da artbook e cd con la bellissima colonna sonora ), il supporto ai trofei/obiettivi nulla aggiunge al prodotto finale e il lavoro svolto sulla grafica è solo di rifinitura per non sfigurare sui moderni pannelli televisivi. Nessun restyle purtroppo. A giovare del lavoro svolto è soprattutto il farme rate, un po’ il punto debole degli originali soprattutto nelle fasi più concitate dell’azione (l’assalto alle fregate aeree nel secondo ad esempio). Nulla da dire quindi su ZOE 2, il quale non sembra aver subito il peso degli anni, merito soprattutto del suo ottimo Cell Shading e delle piacevoli sequenze in stile anime che ne inframezzano l’azione. Discorso inverso per ZOE, invecchiato veramente male e funestato da una qualità dei filmati veramente pessima, mal compressi e adattati peggio. In-game le cose migliorano leggermente ma gli effetti speciali e le texture gridano antichità da ogni pixel rendendo quindi quasi nullo l’apporto HD di questa collection.

Capolavori dimenticati?

Certe volte i ricordi è bene che stiano li dove sono, a fantasticare su ciò che fu in tempi passati. ZOE HD è quindi l’ennesima operazione per riproporre due classici (uno, l’altro si fa per dire) dell’era PS2 al giorno d’oggi per un guadagno facile col minimo sforzo. Sarebbe stato senz’altro più gradito poter disporre del secondo a prezzo budget in digital delivery così come fatto con altri titoli. Un buon modo per far conoscere la saga ai neofiti, ma più probabilmente una manovra per adescare gli appassionati che però farebbero meglio a riattaccare la vecchia PS2 e recuperarsi direttamente The Second Runner.