Recensioni

What Remains of Edith Finch

di: Simone Cantini

Ci sono giochi difficili da digerire, capaci di instillarsi nella mente per giorni e scatenare un numero impressionante di domande, così da rendere quanto mai ostico l’esprimere un giudizio calzante ed efficace. Eppure sono proprio questi i prodotti in grado di evidenziare la maturazione del medium, di fargli oltrepassare la barriera del semplice intrattenimento e spingerlo ad un nuovo livello di consapevolezza. La sostanza puramente ludica ne esce, gioco forza, ovviamente rarefatta, ma la consapevolezza di aver appena assistito ad un qualcosa di più maturo e più complesso, per quanto palesemente semplice da domare, non può lasciare indifferenti i giocatori di vecchio corso, quelli convinti di aver già visto tutto (e forse più) dell’universo digitale. E What Remains of Edith Finch è uno di questi brillanti esempi.

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We were family

Nutro un amore spassionato per Giant Sparrow, un amore nutrito e cullato da quella che per me rimane una delle perle indipendenti più affascinanti viste nel corso della passata generazione: sì, The Unfinished Swan è stato capace di ritagliarsi il suo glorioso posto all’interno del mio personale gotha videoludico. È principalmente per questo motivo che attendevo con ansia What Remains of Edith Finch, ma la conta spasmodica dei giorni era solleticata anche alla voglia di vedere se Ian Dallas e soci sarebbero stati in grado di stupirmi ancora, proprio laddove studi ben più blasonati avevano finito per capitolare. Dare un degno seguito ad un debutto riuscitissimo, per quanto non certo perfetto, è un’impresa in grado di spaventare chiunque, ma i ragazzi di Giant Sparrow hanno dimostrato di avere talento da vendere. Difficile scendere troppo nel dettaglio quando si parla di What Remains of Edith Finch, dato che trattandosi di un titolo fortemente story driven, anche dietro all’apparentemente più insignificante dei dettagli può nascondersi uno spoiler in grado di rovinare questa particolare, ma bellissima esperienza narrativa. Sì, perché muoversi all’interno della casa dei Finch, vestendo inizialmente i panni della giovane Edith, l’unica superstite di questa sfortunata genia, è un’esperienza unica e particolare come non se ne vedevano da tempo nel campo dei walking simulator. Fondamentalmente non faremo altro che esplorare le stanze dei nostri defunti parenti, in cerca dei loro ricordi e delle testimonianze dirette di quella che è stata la loro sciagurata esistenza: sia che si tratti di un innocente neonato, un problematico adolescente o un vecchio padre di famiglia, What Remains of Edith Finch ci vedrà impegnati in quella che potremo banalmente descrivere come una raccolta anonima di minigiochi, neppure troppo complessi. Peccato che liquidare l’opera di Giant Sparrow dietro a questa semplice definizione è l’errore più madornale che si possa compiere. Già, perché come scritto nell’incipit non è la consistenza ludica a rendere grande il lavoro del team californiano, dato che per poter essere pienamente compresa ed apprezzata questa non può essere scissa dalla sua corposa ed ottimamente scritta controparte narrativa. Quando ci troveremo a vivere in prima persona l’esistenza dei vari esponenti della famiglia Finch, sia che si tratti di dondolarsi su di un’altalena, oppure trovarsi imprigionati nell’opprimente routine lavorativa di una fabbrica di salmone in scatola, sarà la somma di tutti i valori messi in campo a trasformare un gameplay banale in un mezzo potente ed efficace, forse l’unico adatto a veicolare l’eccezionalità di queste esistenze bizzarre e tormentate. Suggestioni visive, come le stesse parole dei diari dei Finch, capaci di divenire esse stesse elementi tangibili del contesto ludico, si fondono all’interno di quello sembra essere un gigantesco libro pop-up, al cui interno si muovono personaggi che non stonerebbero all’interno di una pellicola di Wes Anderson. Ecco, i Finch possono tranquillamente essere letti come l’equivalente digitale dei Tennenbaum, capaci di strappare un sorriso amaro anche in occasione delle situazioni più tragiche, e non sarei certo stupito se un domani il regista statunitense decidesse di portare su grande schermo la storia della giovane Edith.

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Dettagli di vita

La cura che Giant Sparrow ha riversato in What Remains of Edith Finch rasenta in più aspetti il maniacale. La casa di questa bizzarra famiglia gode di una caratterizzazione ed un’attenzione per il dettaglio incredibile, in cui ogni angolo, ogni oggetto e ogni foto assume un significato evidente, capace di tratteggiare in maniera più efficace la figura di ciascun membro della famiglia. I più attenti, inoltre, non potranno che sorridere al cospetto di un personaggio che sembra quasi voler fungere da ideale punto di raccordo tra What Remains of Edith Finch ed il già citato The Unfinished Swan. La stessa architettura della villa oramai abbandonata riesce a stupire l’ignaro spettatore, grazie ai suoi passaggi segreti capaci di srotolare in maniera sempre sorprendente le varie storie che quelle mura hanno celato per anni. Importantissimo anche il ruolo svolto dall’eccellente colonna sonora, mai troppo invasiva e capace di accompagnare il giocatore come se fosse un’impalpabile guida, a cui si affianca un doppiaggio in lingua inglese di eccellente fattura a cui a breve, tramite un aggiornamento confermato dal team, farà seguito la localizzazione in italiano di tutti i testi (al momento il titolo non presenta alcuna traduzione). Poco importa, a questo punto, che in alcune situazioni il titolo soffra di qualche piccolo rallentamento, davvero un difetto di poco conto se confrontato con la grandezza dell’affresco dipinto da Ian Dallas e soci.

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Non per tutti, ma un titolo che tutti dovrebbero almeno provare. What Remains of Edith Finch è un gioco ostico da catalogare e descrivere, visto che si tratta di una di quelle rare opere capaci di esternare tutta la propria magnificenza solo vivendole. Dura poco, questo è vero (poco più di due ore), ma se come me vi ritroverete a riflettere sulla sventurata esistenza della famiglia Finch anche a giorni dall’aver visto scorrere davanti ai vostri occhi i titoli di coda, allora è quanto mai palese che quello per cui avete investito il vostro sudato denaro è davvero un ottimo Videogioco, uno di quelli da scrivere con la lettera maiuscola.