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Recensione Un nuovo professore sulla cattedra del 3DS

Per quasi nove mesi, giochi con avventure ad enigmi hanno latitato ferocemente sulla neo-nata console Nintendo. A colmare il vuoto ci ha pensato Konami, proponendo un personaggio inedito prima d’ora: il Dottor Lautrec.Inutile perdersi in rimandi e richiami, l’avventura di Konami vuole essere un chiaro rimpiazzo al buco creato daLevel-5 nella line-up europea, oltre che un tentativo di spodestare il monopolio delle avventure ad enigmi ormai detenuto da quasi quattro anni dalla saga del Professor Layton.
Sebbene gli elementi che compongono l’avventura di Lautrec suscitino stupore e intrigo, molti (forse troppi) sono i punti che giocano a sfavore una volta tirate le somme.
Ormai troppo ben abituati a svolgere indagini e analisi secondo metodi logici/scientifici, operiamo anche noi una critica ben definita sul complesso sviluppo de “Il Dottor Lautrec e i Cavalieri perduti”

di: Manuel "haures" Di Gregorio

Per quasi nove mesi, giochi con avventure ad enigmi hanno latitato ferocemente sulla neo-nata console Nintendo. A colmare il vuoto ci ha pensato Konami, proponendo un personaggio inedito prima d’ora: il Dottor Lautrec.Inutile perdersi in rimandi e richiami, l’avventura di Konami vuole essere un chiaro rimpiazzo al buco creato daLevel-5 nella line-up europea, oltre che un tentativo di spodestare il monopolio delle avventure ad enigmi ormai detenuto da quasi quattro anni dalla saga del Professor Layton.
Sebbene gli elementi che compongono l’avventura di Lautrec suscitino stupore e intrigo, molti (forse troppi) sono i punti che giocano a sfavore una volta tirate le somme.
Ormai troppo ben abituati a svolgere indagini e analisi secondo metodi logici/scientifici, operiamo anche noi una critica ben definita sul complesso sviluppo de “Il Dottor Lautrec e i Cavalieri perduti”

Professori si nasce, non si diventa!

E’ impossibile non riuscire a fare dei parallelismi; se le avventure di Layton prendono si ambientano in una Londradel ‘900, quelle di Lautrec han come sfondo la Parigi del tardo diciannovesimo secolo. La figura del “dottore” è quanto più simile ad un incrocio tra Sherlok Holmes e dottor House; il cinismo abbonda nell’atteggiamento del luminare tanto da non risparmiare al giocatore la voglia di prenderlo a schiaffi quando, senza nessunissimo rimpianto, non lesina nel sbattere in faccia agli altri la sua peculiare abilità di logica e deduzione, perfetta in ogni sua forma ma piena di boria. Niente a che vedere con la pacata attitudine dagentleman del suo rivale.
La storia ci insegna che ogni eroe ha bisogno di una “spalla” ed ecco che la cara Sophie, giovane e spigliata apprendista, fa la sua comparsa. Ella non è solo un personaggio con cui creare macchiettistici dialoghi, degni di un fotoromanzo; Sophie è importante poiché riesce a vedere gli spiriti che possiedono i tesori animati, reliquie nascoste nel sottosuolo parigino, molto ambite dai cercatori di tesori. La nostra storia inizia quindi con la richiesta d’aiuto che Marie fa a Lautrec, chiedendogli di investigare su un’antico oggetto appartenente da secoli alla sua famiglia, una lanterna olografica legata al mistero dei cavalieri perduti di Luigi XIV. L’indagine non sarà semplice, complice l’antagonista principale Jacques-Marie Vidocq e i suoi tirapiedi Legrand e Lepetitcui character-design ricorda tantissimo quello di Sanson e Hanson dell’anime “Il mistero della pietra azzurra”.

Troppe carte in tavola…

Dopo svariate sequenze animate di cui il gioco è pieno, veniamo a contatto con quello che è il gameplay puro e sostanziale del titolo. Per dipanare i misteri riguardo la storyline principale si utilizzerà la stessa metodologia delle varie missioni secondarie ottenibili presso la taverna Le Repaire, solo che con qualche dialogo di intermezzo in più.
Una volta accettata le missioni, le quali si prefiggono sempre di ritrovare un tesori animati via via più potenti, ci troveremo per le mani un indizio criptico che poco lascia trasparire all’immaginazione del giocatore (e spesso in lingua francese). Per i primi dieci, quindici minuti, saremo guidati dalle riflessioni di Lautrec che nominerà luoghi o edifici parigini che possono aver a che fare col caso; una volta segnalati due o tre posti possibili dovremo muoverci sulla mappa parigina ed interagire, nelle vie indicateci, con alcune delle comparse che ci indicheranno se le nostre deduzioni si sono rivelate corrette. Aspettatevi, qualunque cosa facciate, di sbagliare puntualmente la prima o seconda deduzione per poi essere automaticamente condotti nel punto giusto da Lautrec stesso. A questo punto non dovremo far altro che trovare il glifo d’ingresso al labirinto sotterraneo di turno.
Questa seconda fase chiamerà il giocatore ad esplorare dei veri e propri mini-labirinti in stile minimal. Il percorso sarà sempre abbastanza semplice, la struttura sarà pressoché identica in ogni labirinto, varieranno invece dei noiosissimi enigmi di casse da spostare per crearsi percorsi alternativi per raggiungere casse del tesoro ed entrate secondarie. Quest’ultima parte è particolarmente frustrante per due motivi: il primo è che potete spostare le casse solo nelle direzioni in cui siete rivolti. Il secondo è dovuto alla presenza di guardie della polizia le quali vi ricacceranno all’entrata della stanza nel caso in cui irrompiate nel loro campo visivo, perdendo tutti i progressi fatti per spostare le casse. Una volta raggiunte particolari porte avranno luogo i rompicapo; più di 120 recita la confezione, peccato che divisi in appena sei tipologie (al limite della facilità e della pochezza d’inventiva, comprendenti cruciverba in francese, campo minato, trova le differenze e simili) che ciclicamente ritornano e offrono stimolo intellettivo pari a zero.
Sbloccata la porta ecco che possiamo sfidare il tesoro animato di turno.
Le battaglie si svolgono a turni sopra un’arena circolare che comprende un numero limitato di posti disponibili. In pieno stile RPG, quasi a richiamare le battaglie di Pokemon, saremo chiamati a piazzare per ciascun turno uno dei tesori a nostra disposizione, ognuno con statistiche d’attacco, difesa e natura (umanoide, volante, acquatico etc..) uniche. Ogni oggetto attacca una e una sola volta il tesoro da domare che risponderà colpo su colpo; il vostro scopo sarà quello di abbassargli i punti vita abbastanza da renderlo innocuo.
Sebbene questa modalità sia ben orchestrata dal punto di vista del 3D e degli effetti grafici, gran poco spessore viene dato a queste battaglie che diventano alla lunga meccaniche e basate unicamente sull’uso di oggetti sempre più forti.

Sexy quanto “la settimana enigmistica”.

Dottor Lautrec e i Cavalieri perduti offre momenti di alti alti e bassi bassi.
Sicuramente ciò su cui non possiamo negare l’evidenza è l’ottima cura con cui sono state realizzate le cut-scene di gioco, comprendenti un character-design particolareggiato, con uno stile che vuole affermarsi come unico e non come una copia. Il doppiaggio inglese è da apprezzare e le scene animate dal motore del gioco o i dialoghi con i personaggi a schermo in 2D si dimostrano delle ottime varianti alle sequenze cinematografiche che non fanno altro che arricchire il titolo.
D’altro canto, la realizzazione grafica della città di Parigi è blanda, scolorita e grigia. Texture indecenti accompagnano la struttura di edifici poligonali e la mancanza di dettagli e/o persone negli ambienti di gioco non fa altro che aumentare la poca voglia di portare avanti la storia. Lo stesso comparto audio è ridondante quanto i minigiochi e l’intera storia, a causa anche della personalità troppo odiosa del protagonista, non cattura l’attenzione del giocatore.
Una disfatta quindi sia per Konami che per Winkysoft, che non han saputo mettere nel loro lavoro la stessa magia che Level-5 ha appreso da Nintendo.