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Recensione Tornano i cavalieri dell’apocalisse con Darksiders II

I quattro cavalieri dell’apocalisse sono sicuramente tra i personaggi biblici più affascinanti e interessanti. Citati, temuti, disegnati e cantati fanno parte dell’immaginario comune di ognuno di noi. Eppure prima che quella testa pazza di Joe Madureira si mettesse a ripensarli, nessuno ancora c’aveva fatto un videogame. Con Darksiders si è aperta una nuova saga che ora vede come protagonista Morte. Falci martelli e sangue per action di tutto rispetto.

di: Pasquale "corax" Sada

I quattro cavalieri dell’apocalisse sono sicuramente tra i personaggi biblici più affascinanti e interessanti. Citati, temuti, disegnati e cantati fanno parte dell’immaginario comune di ognuno di noi. Eppure prima che quella testa pazza di Joe Madureira si mettesse a ripensarli, nessuno ancora c’aveva fatto un videogame. Con Darksiders si è aperta una nuova saga che ha presentato al mondo Vigil Games, lo studio di Austin Texas con una spinta pirotecnica verso la spettacolarità e temi “apocalittici”. Nel primo capitolo c’eravamo sorbettati Guerra alle prese con la fine del mondo e la rottura dei sigilli dell’Apocalissi, ora è il turno di Morte che cercherà di riscattare l’onore del fratello cavaliere e gettare una nuova luce sulla distruzione dell’umanità. Morte, distruzione e apocalisse, in pieno tema 2012.

Il destino dei Nephilim

Il viaggio di Morte condivide in parte il tempo, ma assolutamente non il luogo con l’avventura di Guerra. Il nostro cavaliere si troverà precipitato in una terra antica alle prese con un morbo dilagante che sembra aver infettato tutte le cose divine, dal cuore dei guardiani fino ai bianchi pilastri (di Nosgoth!) della città celeste. Sin dalle prime battute è evidente come manchi un po’ di smalto all’impasto narrativo che Vigil ha confezionato per questo secondo capitolo. Immagine di giocoCi sono tanti rimandi, tanti dejavu più o meno velati che tolgo originalità all’intera avventura. E’ difficile a questa altezza cronologica, in un momento così critico per le attuali console, decidere se questo vada imputato come peccato capitale o come una prassi ormai ben consolidata, una sorta di “tecnica” alla quale il giocatore si è ormai abituato. Certo è che il viaggio piuttosto lineare di Morte non brilla in un panorama già di per sè scialbo, percorrendo le orme dei suoi grandi, illustri e numerosi predecessori. Senza paura di rovinare la sorpresa, possiamo anticipare che si tratta in fin dei conti del solito romanzino a tappe dove una prova più grossa dell’altra si frappongono fino alla risoluzione finale, rimescolando di tanto in tanto atmosfere dal sapore epico con puri brani di ferocità. Tra una sciabolata e l’altra, lo squarcio narrativo si fa pure sentire, senza però quel peso che avremmo voluto vedere in tema così profondamente “spirituale”.

Sciabole, foderi e qualche pennacchio

La struttura di gioco si ripresenta quasi intatta rispetto al precedente capitolo, recuperando quel bel puzzle di game design che aveva fatto la fortuna di Guerra e compagni. Siamo di fronte al solito hack & slash immerso in un mondo vagamente open world con ambientazioni grandi, dungueon abbastanza vari e qualche sfida che di tanto in tanto allieterà la faticaccia del level up. Immagine di giocoProprio quest’ultimo è la vera introduzione che cerca di dare profondità ad un gameplay non proprio brillantissimo. Il nostro Morte a suon di uccisioni aggiungerà un gradino alla sua personalissima scaletta di soddisfazione, guadagnandosi ad ogni livello un punto abilità da spendere su un albero a due rami, messaggero o negromante. Tali poteri in combattimento dimostreranno tutta la loro utilità aggiungendo una certa tatticità agli scontri e snellendo i combattimenti che alla lunga sarebbe potuti risultare troppo uguali a se stessi, sopratutto nelle sessioni di spinto backtracking che non raggiungono i livelli del precendente capitolo ma che sono ancora molto presenti. L’introduzione di un set completo d’equip che va dalla pashmina alla Raziel fino agli stivaloni alla guerra danno quell’ulteriore spinta alla voglia di esplorare, complici gli splendidi palazzi edificati dal buon Joe Mad. Così nella ricerca delle armi e armature più potenti custodite nei forzieri nascosti negli anfratti più reconditi di strutture decadute, ci si può allietare con un colpo d’occhio di tutto rispetto. Come si dice, il piacere del viaggio è nel cammino e non nella meta.

Like a boss

Fiore all’occhiello dell’intera produzione è sicuramente il rapporto conflittuale che Morte ha con le creature enormi e i suoi superiori. Durante l’intera vicenda ci troveremo ad affrontare una buona quantità di boss obbligatori ai quali si associano alcuni boss secondari legati alle poche subquest disponibili.Immagine di gioco Nonostante sia i combattimenti che il design non sprizzino novità, sono sicuramente tra le sezioni meglio gestite, coreografate e più avvincenti dell’intera esperienza di gioco. Le boss battle sono il metro con il quale è possibile misurare questo Darksiders 2: buona esecuzione, ma nessun punto “meraviglia”. Le tante combo acquistabili dai mercanti e il numero veramente impressionante di armi, sdoppiate tra primarie e secondarie, non riescono a risolevare questo cammino di Morte che a quasi 20 ore di gioco può diventare abbastanza mortifero. Una longevità tirata per i capelli e recuperata attraverso la riproposizione di episodi e situazioni già proposte. Anche gli enigmi, che dovrebbero essere la parte più distensiva e intrigante di un action adventure, si riducono alla riproposizione di ricette già provate (tipo i portaloni di Portal già visti in Darksiders ) che scoppiano in duplicati anche quando si prova con nuovi poteri. Ha poco senso a questo punto dare a Morte la possibilità di sdoppiarsi se poi sempre di leve e cubi mobili si tratta.

A la Vigil

Quello di Vigil sembra ormai un marchio di fabbrica: recuperare pezzi di altri titoli per farne uno senza carattere ma dannatamente giocabile. Questa volta sono stati però gabbati dal loro stesso tranello sepolti da materiale non propriamente loro. Darksiders 2 è un buon hack & slash classico con componente adventure spiccata che però si porta sulle spalle tutta l’eredità dei predecessori da cui attinge. All’ennesimo colpo il volto di Morte potrebbe liquefarsi in qualcuno dei suoi antenati, gridando pietà tra le lame rotanti. 20 ore di Darksiders pesano come 5 anni di hack & slash tutti uguali. . .