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Recensione The Witcher 2: RPG allo stato dell’arte

Geralt of Rivia è un prodotto tutto est europeo, una vera e propria anomalia che ha fatto la fortuna del suo autore e non solo. Proprio dal mutante, mezzo mago e mezzo guerriero, CD Project è partita per il suo primo lavoro: The Witcher, un RPG con visuale isometrica, splendide ambientazioni e una progressione della narrazione con così tanti snodi legati alle scelte del giocatore da risultare all'avanguardia. Un bel prodotto che ha generato non poche attese per il suo seguito. Inutile nascondervi che le aspettative non sono state disattese.

di: Pasquale "corax" Sada

Geralt of Rivia è un prodotto tutto est europeo, una vera e propria anomalia che ha fatto la fortuna del suo autore e non solo. Proprio dal mutante, mezzo mago e mezzo guerriero, CD Project è partita per il suo primo lavoro: The Witcher, un RPG con visuale isometrica, splendide ambientazioni e una progressione della narrazione con così tanti snodi legati alle scelte del giocatore da risultare all’avanguardia. Un bel prodotto che ha generato non poche attese per il suo seguito. Inutile nascondervi che le aspettative non sono state disattese.

Kingslayer

Il secondo capitolo inizia esattamente dove l’avevamo lasciato. Chi ha giocato il primo capitolo ricorderà come si era chiusa la prima parte di questa storia che comincia ad avere dei risvolti piuttosto interessanti e profondi. CD Project ha fatto una scelta precisa con la consapevolezza di tagliare fuori una buona parte di potenziali acquirenti: The Witcher 2 senza esperienze pregresse è un gioco a metà, un piatto indubbiamente ricco ma senza quelle implicazioni che lo sollevano dalla massa dei GDR moderni. Dietro c’è un mondo pulsante, una raccolta di storie dentro la storia che non possono essere dimenticate, rinnegate o saltate. Il lupo bianco ha un passato così complesso e pesante da dover essere vissuto per essere capito a fondo. Partendo da questa base indiscutibilmente solida, l’esperienza ne giova immensamente, restituendo una sensazione di viaggio ed avventura che pareva impossibile, viste le ultime tendenze di questa generazione. Per evitare ogni accusa d’omertà, è legittimo e doveroso il confronto con titoli che più o meno vantano l’appartenenza alla stessa categoria. Final Fantasy ha provato a dimostrare come i giochi di ruolo possano fare a meno di un mondo vivo e completamente esplorabile, come il segno dei tempi porti volutamente a cancellare una parte di quel “modo di giocare” a cui siamo abituati, sacrificandolo sull’altare del rinnovamento. Geralt e la compagnia di uomini, donne, mostri e politica che si porta dietro, ha, invece, devastato le soluzioni di comodo aprendo una via del tutto nuova nella quale occhi, cuore e muscoli trovano il perfetto bilanciamento. Non siamo di fronte ad titolo perfetto sotto tutti gli aspetti. I difetti ci sono, si sentono e si vedono, legati soprattutto al passaggio dalla piattaforma PC a console (meno doloroso di quanto ci si aspettasse, ma sempre col sapore e i postumi da “operazione”). The Witcher 2: Assassins of Kings è probabilmente uno dei titoli più completi e meglio bilanciati degli ultimi anni, schiacciando letteralmente la concorrenza, sia essa domestica che esotica. Ci si può appellare alle solite chiacchiere di bandiera, ma a conti fatti questa diventa una verità indiscutibile quando si mette mano al pad.

L’arte dell’ammazzamostri

Il combat system di questo secondo capitolo è profondamente mutato, mostrando una chiara vena action che prima sembrava quantomeno utopistica. La visuale isometrica lascia spazio ad una più dinamica visuale over the shoulder, quella classica da third person shooter con qualche accorgimento per il tipo di gioco. Le differenze si sentono soprattuto a spada sguainata, quando veniamo chiamati a scegliere una tattica precisa e a buttare in campo, insieme al nostro cervello, anche i nostri riflessi. Tattica, uso delle pozioni e tempismo salveranno il buon lupo bianco da ripetute e punitive morti. La difficoltà generale del titolo si fa sentire già dalla modalità “medio” per diventare quasi masochistica nell’ultimo livello selezionabile. Per fortuna la buona risposta dei comandi e l’accoppiata contrattacco/schivata renderanno gli scontri più abbordabili una volta compreso il meccanismo di base. Quasi sempre saremo chiamati a combattere contro più avversari, subendo una quantità di danni devastanti se attaccati alle spalle. Questo presuppone un approccio al combattimento davvero inusuale, che risiede completamente nell’intelligenza marziale del giocatore. Tenersi ai lati del gruppo, evitare di farsi accerchiare e colpire obiettivi isolati sono alla base di una buona riuscita dei combattimenti. Illock on innescato dal grilletto è utile solo contro avversari grossi e pesanti, permettendo un migliore utilizzo della schivata. La cadenza dei colpi veloci e pesanti, assegnati a due tasti diversi, va poi rapportata al nemico, aggiungendo ulteriore profondità alpattern di attacco del nostro witcher grazie all’uso dei “segni”. Questi ultimi sono la natura magica del witcher, i poteri che potremo liberare con la pressione del tasto Y. C’è così tanta carne al fuoco e così tante possibilità nello stile di combattimento che neanche al secondo playthrough ci si può definire davvero esperti. Ogni scontro va affrontato con la giusta preparazione, selezionando le pozioni da bere in meditazione prima di mettere mano alla spada (dopo non sarà più possibile), gettando sempre uno sguardo al vigore (una specie di mana per le magie) e alla vitalità. Insomma una combinazione bilanciata tra adrenalina e tattica che rende giustizia alla complessità del personaggio. Il punto di forza è proprio questo: essere riusciti ad integrare perfettamente le caratteristiche del nostro eroe con un sistema di gioco che non lo snatura, ma anzi trae vantaggio dalle sue stesse limitazioni. I witcher sono nulla senza gli intrugli e CD Project ha trovato una scorciatoia per rendere il tutto interessante e godibile.

Crafting, o l’erborista diligente

Il miglior modo per valutare due aspetti fondamentali di The Witcher 2 è soffermarsi sulla gestione del crafting, ossia la raccolta di oggetti e piante, che ci permette di valutare il porting dei menù e la loro gestione, lasciandoci scivolare lentamente sul piacere della scoperta. Procediamo per gradi. La preoccupazione più grossa nel passaggio da computer a console era sicuramente la traduzione della gestione dei menù e delle abilità in combattimento. Se queste ultime sono state affidate alle classiche ruote di selezione attivabili coi dorsali, per i secondi CD Project ha preferito un’impostazione canonica, creando un menù personaggio richiamabile nel quale trovano posto delle sottoschede che vanno dall’albero abilità, al diario quest fino alla mappa e all’inventario (a sua volta suddiviso in diverse sezioni). L’enorme accessibilità e l’ordine perfetto evita il senso di frustrazione che un’eccessiva confusione avrebbe generato, visto che vi trascorreremo buona parte del tempo di gioco. The Witcher 2 spinge sempre affinché il giocatore sia attento ai materiali trasportati, alla ricerca di oggetti per la creazione di nuove armi e all’acquisto di formule e schemi per la produzione di nuove pozioni o oggetti. I mercanti e le zone d’esplorazione saranno spesso povere di armi/armature, richiedendo un certo impegno per la ricerca degli ingredienti o componenti atti a creare l’equip desiderato. Un buon equipaggiamento e le giuste pozioni rendono i combattimenti e la risoluzione delle quest più facili. Saremo, quindi, costretti più e più volte a consultare le formule e ad aggirarci nelle zone più recondite del mondo di gioco, alla ricerca di elementi preziosi e rari. Ed è un mondo che si fa amare per la poesia dei suoi scorci, per le sue sorprese e soprattuto per quella particolare atmosfera magica che rende ogni passo evocativo e sognante.

Il ritorno del Lupo bianco

The Witcher 2 è sicuramente una delle migliori esperienze ruolistiche in circolazione grazie al perfetto bilanciamento tra componente action e quella più propria del suo genere. La progressione del personaggio con un albero abilità spaccato in quattro (alchimia, magia, spada e addestramento) permette un bilanciamento adatto a rispondere a diversi stili di gioco con estrema dinamicità. A questo si aggiunge una storia complessa e coinvolgente, ricca di colpi di scena e side-story interessanti. Una pietra miliare che farà scuola in futuro.