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Recensione The Maid of Sker

di: Simone Cantini

Chissà perché, l’orrore ha sempre un fascino suadente su giocatori e sviluppatori. Viene davvero difficile comprendere cosa ci spinga a sperimentare sensazioni di ansia ed angoscia, quando abbiamo le mani saldamente ancorate attorno ad un rassicurante pad, eppure se vado a spulciare il mio ampio e pluridecennale backlog, l’horror è sicuramente uno dei generi più rappresentati. Ed è anche quello che ha segnato un piccolo ritorno alle origini per i ragazzi di Wales Interactive, che dopo una digressione che li ha visti protagonisti di veri e propri film interattivi come The Bunker, si sono cimentati nella rilettura digitale di una spaventosa storia legata al folklore gallese, The Maid of Sker.

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Musica per le mie orecchie

Ambientato nel sempre affascinante periodo vittoriano, The Maid of Sker ci racconta la storia del compositore Thomas Evans, che in seguito ad una lettera inviatagli dalla sua amata Elizabeth, si spinge fino a Sker Point per raggiungere l’hotel di famiglia della giovane, dove questa è tenuta prigioniera dal padre e dallo zio. Oltre al salvataggio, però, a Thomas era stato chiesto di sfruttare le proprie doti musicali per comporre una melodia in grado di sconfiggere le forze oscure che, stando alla missiva, avevano oramai compromesso la sinistra dimora. Dopo aver raggiunto la sperduta e dismessa stazione del luogo, ed aver attraversato una piccola zona boscosa, il nostro improvvisato salvatore si ritroverà invischiato in un incubo ad occhi aperti, che potrà debellare soltanto recuperando quattro cilindri musicali, da collocare nell’enorme armonium (un corposo organo) posto nel salone principale dello Sker Hotel. Ovviamente la ricerca non si rivelerà una passeggiata, dato che in seguito ad un evento, di cui scopriremo la natura man mano che proseguiremo l’avventura, i familiari di Elizabeth e i dipendenti della struttura si sono tramutati in letali cacciatori ciechi, pronti a scattare al minimo rumore prodotto. Prende così il via un survival horror che ricorda per meccaniche esperienze come Outlast e SOMA, ma che per ambientazioni e situazioni vanta anche ispirazioni che spaziano da Resident Evil ad Alone in the Dark (quello firmato Infogrames). Durante l’esplorazione, in cerca delle canoniche chiavi utili ad aprire le porte principali dell’albergo, Thomas dovrà muoversi il più silenziosamente possibile, così da non allertare le minacce che si aggirano per i vari corridoi. Oltre a fare attenzione alle superfici calpestate e a non urtare l’arredamento, il nostro musicista potrà anche trattenere il fiato, così da annullare ogni emissione sonora: ovviamente non potremo farlo in eterno, pena il game over, ma neppure potremo esagerare con l’apnea, dato che così facendo produrremo un discreto frastuono non appena riprenderemo faticosamente fiato. Se scoperti, comunque, potremo sempre darcela a gambe, oppure utilizzare un dispositivo in grado di creare delle onde soniche in grado di disorientare temporaneamente gli avversari. Occhio, però, a non abusarne, dato che durante l’avventura recupereremo poche cariche.

Dove è la paura?

Dal punto di vista prettamente ludico The Maid of Sker non compie particolari scivoloni, pur non correndo il rischio di inventarsi qualcosa di realmente inedito. Il pregio maggiore della produzione Wales Interactive è da ritrovare senza dubbio nel fattore esplorazione, che ha nell’albergo il suo punto di forza, visto il senso di claustrofobia che trasmette ed il modo in cui, poco a poco, ci svela i propri misteri. Intrigante anche l’escamotage con cui i ragazzi del team hanno implementato i salvataggi che, pur avvenendo in stanze dotate di un fonografo che ricorda le care macchine da scrivere, hanno legato a questi apparecchi la riproduzione di brevi audio diari, in grado di fornire ogni volta nuovi indizi in merito al background narrativo, che finisce per ampliarsi per mezzo dei vari documenti sparsi nell’area di gioco. Cosa rende, quindi, The Maid of Sker un gioco semplicemente sufficiente? Beh, l’elemento principale, lacuna non da poco per un horror, è che il titolo non trasmette mai davvero un senso di ansia e terrore, complici anche dei nemici che non riescono proprio ad incutere il timore necessario. Non esaltante anche la longevità, che a livello normale (dei tre disponibili), mi ha portato ad arrivare ad uno dei due finali in poco più di 4 ore tirate, con giusto 5 morti a mio carico. A tutti gli esigenti, quindi, consiglio di avventurarsi per le ale dello Sker Hotel alla difficoltà massima, così da aumentare la sensibilità uditiva dei nemici e la presenza di oggetti curativi, anche se tale scelta non andrà ad influire sugli sparuti enigmi che costellano l’incedere, invero mai proibitivi o complessi. Non certo brillante anche il comparto tecnico, che su PS4 Pro non fa gridare al miracolo e presenta un frame rate altalenante, oltre ad un fastidioso sfocamento dell’immagine che si verifica anche disabilitando l’effetto blur. Ottimo, invece, il sonoro della produzione, forte di un doppiaggio davvero convincente ed un’effettistica in grado di sottolineare a dovere l’azione.

The Maid of Sker è un titolo che si lascia giocare volentieri, ma che non regala al giocatore nessuna emozione o scossone emotivo particolare. L’avventura, difatti, per quanto piacevole e ben strutturata, scorre via un po’ troppo facilmente, non riuscendo tra le altre cose a generare quella sana sensazione di terrore che ci si aspetta da un survival horror. Privo di difetti strutturali evidenti, oltre a questo appena accennato, il titolo Wales Interactive non ha però anche quel guizzo in grado di elevarlo oltre il grado di compitino ben eseguito, ma sin troppo striminzito.