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Recensione The Deer God

Nato dalle mani di Crescent Moon Games, studio dedito principalmente allo sviluppo mobile, Deer God viene anch’esso dalle piattaforme mobili e pc per arrivare infine alle console.

di: Federico Lelli

Nato dalle mani di Crescent Moon Games, studio dedito principalmente allo sviluppo mobile, The Deer God viene anch’esso dalle piattaforme mobili e pc per arrivare infine alle console.

Dio Cervo

Non è un’imprecazione ma il nume tutelare che veglia sul mondo di gioco che, dopo aver assistito all’omicidio di un cervo da parte di un cacciatore e la successiva morte del cacciatore da parte di un branco di lupi, decide di riportare in vita l’uomo sotto forma di cervide, per fargli vivere le tribolazioni della vita animale in prima persona.
Scopriremo presto che da cerbiatti il mondo è decisamente ostile e che per sopravvivere si deve correre parecchio. All’atto pratico The Deer God è un incrocio tra un platform e un endless runner con degli ambienti generati proceduralmente, l’aggiunta di piccoli elementi di crescita del cornuto protagonista, una spruzzata di enigmi ambientali e una solida componente survival.
Il grosso della sfida infatti è portato avanti dal mondo che si crea automaticamente in base a determinati preset ambientali, con diversi nemici in base alle zone e con ostacoli e piattaforme di vario tipo; dall’altro lato la nostra povera bestia ha ben poche frecce al suo arco: iniziando la sua vita da cerbiatto infante parte con un semplice attacco e il salto, tanto che molto spesso la soluzione più saggia sarà quella di darsi alla fuga, proseguendo rigorosamente verso destra. Sopportando questa condizione per alcuni giorni si riesce ad arrivare all’eta puberale, evidente dalla crescita in stazza, che ci permette di accoppiarci con una cerva ed eventualmente proseguire verso l’età adulta.
Questa dinamica che può sembrare abbastanza inutile è invece necessaria nell’economia del gioco per garantirci una discendenza: il frutto della nostra unione sarà infatti un nuovo cerbiatto che varrà come checkpoint in caso di morte. Al contrario, senza un figlio, saremo colpiti da permadeath nella modalità più difficile mentre nella modalità normale saremo reincarnati per un turno in un animale di rango inferiore e con meno possibilità di sopravvivenza, per espiare karmicamente con la sofferenza e rinascere così ancora cervo.
Garantirsi diversi checkpoint è vitale per proseguire a giocare e superare tutte le sfide che compaiono in maniera completamente casuale, ce ne sono principalmente tre varianti: i blocchi di pietra, che vanno sistemati in modo da far comparire una statua di un cervo che ci fornisce delle abilità opzionali aggiuntive; i cervi anziani e gli umani che si svolgono più o meno allo stesso modo: ci sarà una quest da risolvere per poi tornare a ricevere il nostro premio, una nuova abilità indispensabile per gli anziani una reliquia per gli umani. Ovviamente il gioco da puro survival evita di dirci tutto questo lasciandoci in balia degli elementi, d’altronde anche nella vita vera nessuno ci spiega niente.
Il design effettivamente molto caratteristico del titolo non si può dire che sia poco curato o fatto male ma il risultato finale fatto di pixelloni portati in 3D per dare senso di profondità è decisamente opinabile, anche se c’è a chi può piacere. Una buona varietà di ambienti e nemici sarebbero una buona ciliegina se non fosse che i primi vengono riproposti a rotazione quasi sempre nelle stesse modalità dal motore procedurale mentre i secondi pur avendo caratteristiche estetiche differenti si limitano quasi sempre ad avere un solo attacco e intelligenze artificiali che rasentano il ridicolo.

Deer God è un titolo che forse aveva bisogno di concentrarsi di più sulla propria idea iniziale e sviare il meno possibile senza proporre troppe dinamiche tutte insieme, il risultato è un mischione di generi senza alcuna guida che così com’è difficilmente vi potrà accontentare e che rischia di annoiare dopo poche ore. Magari un giorno Deer God si reincarnerà in un gioco più decente, per tornare al metaforone che cerca di trasmettere, ma a questo giro della ruota karmica gli è andata abbastanza male.