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Recensione Resident Evil: Revelations

di: Simone Cantini

È innegabile come ci sia del genio nel riuscire a spremere all’inverosimile quella gallina dalle uova d’oro che risponde al nome di Resident Evil, e difatti non posso che togliermi con estremo rispetto il cappello al cospetto di una Capcom capace di riuscire a vendere ghiaccio agli eschimesi. Sì, perché quando si è in grado di piazzare per l’ennesima volta sul mercato quel Resident Evil: Revelations, uscito sul 3DS la bellezza di oltre 7 anni fa, è palese come in quel di Osaka si nascondano degli abilissimi imbonitori.

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Finche la barca va

Ed è proprio da un impensabile debutto sulla piccola di casa Nintendo che voglio partire, perché il successo e la qualità del titolo furono tali da lasciarmi piacevolmente stupito. Erano gli anni dei trascurabili quinti e sesti capitoli di una saga che sembrava aver perso definitivamente la propria strada, distratta da una mole impressionante di nemici e proiettili, per questo il ritorno alle atmosfere più claustrofobiche di questo spin-off furono accolte con giubilo dai fan più incalliti. Resident Evil: Revelations riuscì, difatti, nell’arduo compito di far tornare ad assaporare sensazioni e situazioni che sembravano oramai destinate a soccombere sotto la scure delle produzioni mainstream. Certo, la trama non costituiva il punto di forza del titolo (complice anche una continuity oramai decisamente traballante), ma fu sufficiente il recupero delle due colonne portanti che rispondono al nome di Jill e Chris per far chiudere volentieri un occhio al cospetto delle nuove minacce. In fondo quello che contava di più era tornare, pur con i dovuti ammodernamenti, alle soluzioni ludiche che fecero grande il franchise: esplorazione, backtracking (invero un po’ troppo invasivo), enigmi non impossibili ma benvenuti, uniti ad un riuscito mix di angoscia, oppressione ed impotenza come non respiravamo da anni. Complice anche una Queen Zenobia, la nave da crociera teatro di gran parte dell’avventura, in grado di riportare felicemente a galla le architetture care a Villa Spencer. A compattare il tutto concorsero anche momenti più calmi, in cui il compito di tenere banco sulla scena non spettava più alla violenza degli scontri a fuoco, ma al terrore di non sapere cosa si nascondesse dietro al prossimo angolo, oppure in fondo a quel settore allagato in cui ci saremmo dovuti immergere per poter proseguire. Soluzioni all’apparenza banali, quasi demodé, ma capaci di rinfrancare come una proverbiale boccata di aria nuova un franchise oramai divenuto sin troppo monocorde. Questo, comunque, non vuole dire che Capcom si fosse lasciata rapidamente alle spalle piombo e bocche da fuoco, invero ancora presenti in discreta quantità e potenziabili tramite un corposo set di modifiche. Qualche certezza dobbiamo pur sempre concedercela. Tra le novità indiscusse di Resident Evil: Revelations spiccava invece il Genesis, una sorta di scanner in grado di analizzare l’ambiente, amico preziosissimo per scovare oggetti nascosti nei cadaveri e nelle strutture della Queen Zenobia. Forse si tratta di uno strumento in grado di frammentare un po’ troppo, in alcune situazioni, il ritmo di gioco, ma capace anche di amplificare la natura survival del titolo, complice anche la non eccessiva abbondanza di risorse normalmente reperibili.  Pur più circoscritta, a causa delle sue origini portatili, l’esperienza proposta da Resident Evil: Revelations riuscì a ritagliarsi il suo doveroso spazio all’interno della storia del franchise, al punto che Capcom vide bene (vecchia volpe!) di riproporlo in seguito, in versione debitamente rimasterizzata, anche su PS3 e Xbox 360. E dalla vecchia generazione all’attuale il passo è talmente breve che ancora oggi è possibile tornare a ripercorrere i passi di Jill e Chris anche su PS4, e One: il fascino dell’esperienza è rimasto immutato, peccato che lo stesso si possa dire anche del comparto estetico dell’intera operazione.

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Il peso degli anni

Che Capcom sia un’esperta nell’arte del riciclaggio lo dimostra la storia di Monster Hunter (con la dovuta eccezione dei nuovissimi titoli), capace di rinascere ogni volta dalle proprie ceneri senza che alcun mutamento andasse ad intaccare l’ossatura del suo codice. Solo che finché il tutto rimane confinato nell’angusto schermo della medesima portatile è estremamente più semplice nascondere le magagne, mentre quando si sceglie di fare il balzo sul grande schermo qualche accortezza in più è d’obbligo. Al netto di un aumento della risoluzione, adesso fissata a 1080p, e dell’incremento dei frame a 60 per secondo, nulla è stato fatto per ammodernare l’estetica di Resident Evil: Revelations: texture in bassissima risoluzione e ombre indecenti per un titolo del 2017, unite ad un comparto grafico assolutamente inadatto agli standard attuali, non fanno altro che evidenziare in maniera lampante la pigrizia con cui Capcom ha affrontato questo porting. Certo, non mancano tutti i DLC rilasciati per il titolo, tra cui spicca la modalità Raid, tramite la quale sarà possibile affrontare in coppia arene votate al PvE, ma appare evidente come, pur al netto di un prezzo altamente concorrenziale, chiunque abbia già vissuto in passato questa avventura  non abbia motivi reali per procedere nuovamente all’acquisto. Discorso diverso per coloro che non si sono mai avventurati tra i corridoi della Queen Zenobia, ma mi pare lecito avvisarli di come la resa visiva sia decisamente inferiore a quanto ci hanno abituato le attuali macchine.

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Come spessissimo mi accade di fare quando mi trovo alle prese con porting e remaster, il voto che campeggia in calce alla recensione non è di certo legato alla bontà intrinseca della produzione, quanto invece alla qualità dell’operazione di ripescaggio. E in questo caso appare lampante come Capcom abbia scelto di svolgere il più classico dei compitini, limitando i propri sforzi al minimo indispensabile. Resident Evil: Revelations rimane, difatti, uno dei migliori episodi recenti della serie, e su questo non ci piove, peccato che si presenti all’appuntamento con le attuali console indossando un abito un po’ troppo stropicciato.