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Recensione Recensione di Way of the Samurai 3

Recensione di Way of the Samurai 3 di Console Tribe

di: Dr_ Kerneg

Riaprire gli occhi su una landa desolata, battuta dalla pioggia. Scostare un cadavere e guardarsi intorno, sperando che il sangue che ci ricopre non sia il nostro, o che nella peggiore delle ipotesi sia una texture sbagliata. Muovere i primi passi stentati reggendoci alla nostra fida Katana, alzando schizzi solidi di fango, cercando di capire dove andare e soprattutto perché…

É così che Way of the Samurai 3 si presenta agli occhi del videogiocatore ignaro, il quale, attirato dalla copertina “giapponesizzante”, è caduto nella trappola del temibile gioco di Acquire. Infatti dopo un intro in CG di fattura discreta, l’unica cosa che si capisce è che ci troviamo nel periodo feudale giapponese (epoca Sengoku) e che in questo periodo si combatte sempre e tra una guerra e l’altra i sopravvissuti si divertono a darsi battaglia. Ovviamente non è immediatamente noto chi siamo e quale è il nostro ruolo in questo conflitto, ma per questo c’è sempre tempo. Ed ha inizio il gioco vero e proprio…
Way of The Samurai è un franchise che nasce sulla PS2 ben otto anni fa, cavalcando una moda che in quel periodo stava appena prendendo piede, soprattutto su PC: stiamo parlando dei primi giochi free roaming che mettevano il giocatore di fronte a scelte da eseguire durante le partite, scelte che avrebbero modificato in maniera più o meno importante lo scorrere della trama. É questo il succo dell’intera serie di giochi Acquire. In effetti sulla carta la ricetta appare quanto mai accattivante e interessante, purtroppo i nostri amici giapponesi non sono stati in grado di mantenere tutte le promesse che un concept del genere porta con sé. Non ci sono riusciti nel 2002 e non ci sono riusciti neanche adesso nel 2010 (in realtà il gioco risale al 2008) e per tutta una serie di importanti motivi.

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C’era una volta in Giappone

Il setting storico e geografico della serie resta invariato anche in quest’ultima incarnazione. Ci troviamo nella terra di Amana nel Giappone del 15° secolo. In quest’epoca buia e di transizione, la guerra onnipresente rumoreggia all’orizzonte come tuoni minacciosi. Due clan combattono per la supremazia sulle terra di Amana: da una parte il clan Fujimori che detiene il potere usurpato con la forza al precedente governatore Sakurai e dall’altra il clan Ouka che cerca di ripristinare il vecchio ordine delle cose. In mezzo, a pagarne le vere conseguenze, gli abitanti dei villaggi, vessati dalle tasse e dai balzelli dei Fujimori e dalle scorrerie degli Ouka.
In mezzo a questo disastro sociopolitico muoveremo i primi passi, facendo scorrere la storia a nostro piacimento, senza una vera e propria linearità. Il nostro personaggio è un ronin, cioè un samurai senza ‘padrone’, in cerca di riscatto. Nel corso degli eventi ci sarà spazio per una platonicissima sottotrama romantica che non va oltre il gioco di sguardi e il petting a cerniere chiuse, incisa tra una serie di battaglie più o meno campali. La narrazione purtroppo, a causa della struttura stessa del gioco, si presenta singhiozzante e saltellante, mai decisa e priva di quei colpi di scena cinematografici che fanno grande un racconto per immagini. Infatti quello che doveva essere il pregio del gioco, si è trasformato nel suo stesso patibolo. La narrazione non lineare in Way of The Samurai 3 è esasperata, tanto che oltre ad avere 15 differenti finali, ha anche diversi inizi! Infatti, l’intento dei programmatori è quello di spingere il giocatore a ripetere forsennatamente le varie sezioni di gioco con lo scopo di eseguire nuove scelte e quindi far progredire la storia in maniera differente.
La figura stessa del samurai in cerca di padrone apre le possibilità di schierarsi da parte del clan Fujimori o del clan Ouka o, ancora, di fare il paladino della giustizia e salvare i contadinelli in pericolo. Ma esiste anche una quarta possibilità: combattere contemporaneamente su più fronti e passare tutti (clan e contadini) a fil di spada, per il solo gusto di scatenare l’inferno. Questo però ovviamente fa perdere completamente le tracce di un’eventuale trama, che a tutti gli effetti esiste solo a tratti.

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Sandbox? Free roaming?

Il gioco promette assoluta libertà di comportamento e così è infatti. Possiamo vagare per il villaggio di Takatane, una sorta di Frittole pieno di occhi a mandorla, ma senza Leonardo e il tizio che ci ricorda che dobbiamo morire. Possiamo parlare con gli abitanti e nel bel mezzo del discorso sguainare la spada e farli fuori, così per gioco. Inoltre se riusciamo a portare a termine un dialogo potremmo anche essere scritturati per qualche avvincente missione, come trovare le mutande di una vecchietta artosica che vive con i piedi a moll nel fiume. La cosa importante è che quasi tutti i personaggi uccisi restano morti per il resto dell’avventura. Infatti, uno dei moniti che riceviamo all’inizio dell’avventura è quella di non uccidere i suonatori di liuto, unici in grado di farci salvare la partita, altrimenti saremo costretti a giocare Way of The Samurai tutto d’un fiato. Non riesco a immaginare niente di più drammatico! Purtroppo, e per chissà quale oscuro motivo, non è possibile attivare più di una side-quest alla volta: ogni lavoro accettato attiva una clausola di esclusività inviolabile. Evidentemente era una caratteristica che andava tanto di moda nel Giappone del 1500.
Andando al di là delle preliminari considerazioni sulla libertà d’azione, il gioco evolve come da consuetudine, passando da una quest principale all’altra, condito con altre secondarie di vario genere. Quello che cambia è come e quando queste missioni si presentano e tutto dipende dalle nostre scelte (come al solito). Tra l’altro la tanto millantata ineluttabilità della morte dei PNG non è così assoluta come si potrebbe pensare. Infatti alcuni personaggi chiave, anche se uccisi barbaramente, tenderanno a ricomparire senza grosse vergogne, poiché necessari all’avanzare del gioco.
In un gioco del genere ci si aspetta un mondo esplorabile dettagliato e ampio, da farci passare interi pomeriggi senza fare nulla se non bighellonare per Amana alla ricerca di quel tesoro leggendario nascosto nella palude a sud est. E invece, nostro malgrado, l’area a disposizione è quanto mai piccola, composta da una manciata di villaggi e un paio di castelli uniti da una serie di imperdibili schermi di caricamento. Se poi il nostro masochismo è alle stelle, possiamo sempre passeggiare per le terre di nessuno tra un villaggio e l’altro, per ammirare uno splendido nulla privo di vita.

!==PB==!
Qual è il mio ruolo?

Una volta preclusoci il gusto immortale dell’esplorazione più bieca, cosa ci resta di un gioco che parla di cosa fare quando si è un samurai? Ma il combattimento all’arma bianca ovviamente! Infatti i ragazzi di Acquire hanno dotato il nostro alter ego feudal-giapponese di una katana di base, buona per tutte le stagioni. A questa si aggiungeranno altre armi, prese dalla tradizione medievale giapponese, come altre katane e lance. Evidentemente i samurai non usavano altro, mica erano ninja! Le armi sono reperibili dai nemici abbattuti, acquistate e addirittura costruite da zero con pezzi raccolti in giro. Lo schermo di costruzione delle armi è qualcosa di assolutamente infernale ed è più facile tirar fuori un pulmino o un minipimer anziché una lancia dritta e affilata.
Comunque utilizzare le armi a nostra disposizione ci permette di aumentarne il livello e le relative caratteristiche come attacco e difesa (e basta), sbloccando nuove tecniche di combattimento. I programmatori hanno assicurato che ci sono centinaia di tecniche da apprendere. Non hanno però spiegato perché dovremmo farlo, visto che i comandi per combattere sono due: attacco e attacco più forte. Dovrebbe esserci la parata, ma a che serve? In fondo basta reperire un’arma abbastanza tosta per devastare tutti senza grossi problemi in barba a tutte le variabili che intervengono in un combattimento.
A questo punto, dovrei partire con tutti i parametri ruolistici che un gioco del genere dovrebbe avere, ma in realtà, non lo farò. Come avrete intuito, questa componente di crescita del personaggio non esiste: fatevene una ragione. Non riesco a immaginare la strada di un samurai senza pensare a ore di allenamento, su alle cascate con il maestro Minamoto severo e burbero ma dall’animo gentile, pronto ad affinare la forza e la concentrazione del suo discepolo. E invece il nostro samurai di pezza resta anonimo e bidimensionale, mentre le sue armi crescono al rango di gioielli. A quanto pare è importante l’arma e non chi la maneggia!

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Poche pennellate su carta di riso

La realizzazione tecnica di Way Of The Samurai non è di certo il fiore all’occhiello della produzione Acquire. Un primo sguardo potrebbe far rabbrividire anche un profano, mentre uno studio approfondito (come quello che sono stato obbligato a fare per ‘contratto’) apre drammatici interrogativi escatologici sull’esistenza di realtà parallele fuori dal tempo, capaci di far perdere il lume della ragione.
L’approccio grafico-stilistico appare a dir poco lovecraftiano: il mio primo giro nel villaggio di contadini stremati dalla guerra mi ha messo di fronte a case brulle e inospitali, prive di qualsivoglia suppellettile e arredamento. Le texture si succedevano con estrema monotonia, mentre il giorno luminoso passava gradualmente verso un tramonto rossastro e una notte senza luna. Il livello di dettaglio del mondo esplorabile è infimo, tanto da far dubitare di essere di fronte a un gioco per l’ultima generazione di console.
Le animazioni del protagonista appaiono grossolane, frutto di un rigging relativo delle sue articolazioni. Il set di movimenti a disposizione come correre, saltare, inginocchiarsi a chiedere perdono (sic) sono caratterizzate da una rigidità quasi patologica. Durante i combattimenti, in cui dovrebbe esserci lo sfoggio dell’eleganza del samurai in azione, assistiamo a mosse robotizzate e slegate tra loro. Insomma, un completo disastro tecnico! D’altro canto anche la resa grafica dello stesso protagonista lascia il tempo che trova, anche se bisogna dare atto di una certa cura per la realizzazione del volto, ma nulla che lasci gridare al miracolo.
Passando al resto del cast, non possiamo che rincarare la dose. Modelli pseudo-umani riciclati, senza neanche lo sforzo di cambiare colori ai vestiti. Un esempio strabiliante: in un villaggio vivono, l’una accanto all’altra, due anziane signore piegate in due dall’artrosi, estremamente bellicose e identiche. Ora, dico al signor programmatore: capisco che non vuoi impegnarti a fare centinaia di modelli diversi, capisco che non vuoi neanche cambiare i colori dei vestiti, ma almeno potresti mettere le due vecchiette lontane, in due villaggi diversi, così me le dimentico, e non ci faccio caso? O al massimo, come atto di pietà nei miei confronti di videogiocatore, potresti permettermi di ucciderne solo una per ripristinare l’equilibrio dell’universo? Ma purtroppo queste richieste non sono state esaudite e il consistente piattume tecnico straborda dallo schermo senza possibilità di fermarlo.
L’interazione con l’ambiente è pressoché nulla, ridotta alla mera distruzione di casse per reperire oggetti come ravanelli pallidi e tuberi di dubbia natura dai poteri curativi. Non si possono sfondare porte di legno, non si possono distruggere bracieri, non si possono uccidere i bambini (che non fanno proprio parte dell’arredo, ma danno un sacco di fastidio!)
Il versante sonoro del gioco resta pienamente in linea con quanto visto finora. La cosa più divertente sono le voci in giapponese che, anche se non si conosce il significato di quello che dicono, appaiono sempre sensate e mai fuori luogo. A questo punto, è utile una precisazione: i dialoghi parlati sono pochi e destinati alle sole cut-scene, mentre per il resto , le chiacchiere sono vicariate da fumetti come stolido espediente. Le musiche in quanto tali sono ‘normali’ senza grosse pretese: sottolineano lo svolgersi dell’avventura e non fanno certo girare la testa.

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Lunga vita al samurai!

Way of The Samurai per definizione è un gioco potenzialmente infinito. Potrete ricominciarlo quante volte vorrete, per il gusto di scoprire ogni minima sfaccettatura della trama, trovare tutte le katane e le lance, migliorare il vostro arsenale e imparare tutte le tecniche. La domanda che ci poniamo è: perché qualcuno deve odiare tanto se stesso da fare una cosa del genere?
La longevità di questo titolo è direttamente proporzionale alla pazienza di chi lo gioca. Più alta è la soglia di sopportazione di un giocatore tanto più saranno i minuti accumulati (non pensiamo che qualcuno possa giocarci per più di qualche ora…). Non esiste una componente online, quindi non è possibile dividere la sofferenza con qualche sconosciuto e possibilmente straniero.

Facciamola finita!

É giunto il momento di mettere un punto definitivo a questa review di un gioco che arriva sul mercato europeo con anni di ritardo (in Giappone è stato pubblicato nel 2008) e conferma la caratteristica principale della serie: essere scadente.
I primi Way of Samurai sulla vecchia generazione di console non erano brillanti e non hanno certo fatto la storia dei videogame; si sperava che passando su una nuova macchina più performante, si potesse vedere tutto quel potenziale espresso da un concept originale finalmente realizzato in tutto il suo fulgore. Purtroppo i ragazzi di Acquire hanno mancato anche questo treno, regalandoci un prodotto mediocre e dalla realizzazione tecnica approssimativa.
Non pensate neanche di accostare Way of The Samurai con un certo GTA IV, vi prego: ‘Non è lo stesso campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport’.