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Recensione Recensione di Tiger Woods PGA Tour 11

Recensione di Tiger Woods PGA Tour 11 di Console Tribe

di: Giovanni Manca

Perplesso, osservo l’erba piegarsi sotto il peso dei miei passi veloci, incurante della cacofonica presenza alle mie spalle: voci stranite ma presuntuose, manifesto, in questo caso, del mio pessimo ultimo driver dal quel maledetto tee. La palla è caduta nel rough più alto del percorso, a più di duecento metri dal green al quale potrei anche arrivare rischiando un ferro 2. Mi fermo e mi stupisco davanti alla preoccupazione malcelata che riempie gli occhi di chi mi sta intorno: impugno il bastone, sorrido e penso alla bellezza di questo momento perché, chiunque, nonostante tutto, vorrebbe essere al mio posto, quello di Tiger Woods.

Da ormai vent’anni, EA Sports ci offre un biglietto in prima classe per i percorsi più belli del mondo del golf, con la serie denominata inizialmente PGA Tour Series e poi “brandizzata” dal fuoriclasse statunitense Tiger Woods, facendoci così conoscere ed amare uno sport che, soprattutto in Italia, è piuttosto elitario. Attualmente è il franchise golfistico migliore sul mercato, anche se va comunque sottolineato come nel corso degli anni i concorrenti siano stati pochi ma eccellenti: il fantastico Links, ormai desaparecido da sette anni, e il grandioso Everybody’s Golf, un must assolutamente imperdibile. Leggere il numero 11 nel titolo, soprattutto considerata l’altissima qualità della serie, potrebbe lasciar spazio all’idea che si tratti di una sorta di update dell’edizione dello scorso anno e, in questo senso, un’analisi dettagliata è il mezzo ideale per capire la natura di Tiger Woods PGA Tour 11.

The Ryder Cup

I titoli targati EA Sports rappresentano da anni garanzia assoluta per quanto concerne le modalità di gioco offerte e, Tiger Woods PGA Tour 11, conferma la gloriosa tradizione.
Iniziamo dal “Play Now”, in cui possiamo determinare una serie infinita di parametri con cui caratterizzare il match; le modalità di gioco disponibili sono ben dodici per quanto riguarda quelle tradizionali (stroke play, match play, skins, bingo bango bongo, stableford, alternate shot, best ball, four ball, green some, bloodsome, battle golf e one ball) e otto minigame (target, target to target, t.i.g.e.r., capture the flag, putting contest, approach contest, closet to the pin, long drive contest). Ovviamente è possibile selezionare il percorso su cui giocare, inizialmente in un totale di 18, e diverse opzioni, quali le condizioni atmosferiche, il vento, la velocità del green e dell’erba in generale. Fino a quattro player possono prendere parte a tale modalità di gioco, davvero infinita se si è amanti di questo sport.

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Una grossa novità di Tiger 11, almeno dal punto di vista delle modalità di gioco, è la possibilità di disputare la prestigiosa Ryder Cup, la competizione che ogni due anni mette a confronto i dodici migliori golfisti USA contro i dodici migliori europei. Il torneo si svolge in cinque diverse sessioni che, se nella formula originale si traducono in tre modalità di gioco (foursomes, fourballs e singles), in quella del titolo EA sono ampiamente personalizzabili selezionando le modalità prima menzionate. Anche in questo caso è possibile decidere su quale percorso giocare e in base a quali opzioni. Un aspetto che ci ha lasciato quantomeno perplessi è la possibilità, durante la selezione dei roster, di “importare”, ad esempio, un giocatore USA nella squadra europea e viceversa: se da un lato questo può favorire l’equilibrio nei match multigiocatore, dall’altro è decisamente contro lo spirito della manifestazione.

Una carriera in erba

Capitolo a parte merita la modalità carriera, vero e proprio fiore all’occhiello del franchise. Tutto ha inizio da un completissimo editor con il quale personalizzare il proprio alter ego; le opzioni sono davvero infinite e la calibrazione dei vari settaggi morfologici demandati ai due stick analogici funziona a meraviglia. Come di consueto, è possibile modellare il viso del golfista anche grazie all’opzione Photo Game Face: sarà infatti la console a generare i tratti somatici utilizzando le foto prima caricate sul sito di EA o scattate in diretta grazie alla Live Vision. È bene sottolineare come in ogni momento sia possibile tornare indietro sui propri passi, dal momento che nessuna scelta è mai definitiva. La personalizzazione non si ferma qui, tutt’altro, il bello viene quando le nostre gesta ci danno la possibilità di accumulare crediti da spendere nei vari shop. Centinaia di pezzi d’abbigliamento e vari gadget, capaci di influire fortemente sui parametri del giocatore (precisione, potenza, effetto, controllo ecc.), saranno uno stimolo continuo nelle decine di buche che la carriera ci mette davanti. Sempre i crediti, inoltre, ci daranno la possibilità di acquistare nuove animazioni per il nostro golfista: swing, celebrazioni di felicità e reazioni negative legate a un brutto colpo.
La carriera è strutturata secondo il rigido calendario PGA, in base alla quale i tornei si susseguono in un preciso ordine cronologico e, solo partecipandovi, è possibile sbloccare quello successivo. Si tratta di 21 appuntamenti annuali, dal San Diego Open sul Torrey Pines al Big Apple Classic sul Baethpage, dal U.S. Open di Pebble Beach al UK Major di St.Andrews. La gestione della carriera è molto semplice, dal momento che le schermate a video, Event Calendar e PGA Schedule, anticipano con una valanga di informazioni quello che dobbiamo attenderci dai vari tornei. Questo consente una certa pianificazione soprattutto per quanto riguarda la gestione dei vari crediti acquisiti nel corso del gioco, aspetto fondamentale se si vogliono raggiungere determinati obiettivi. Il livello iniziale del golfista in carriera è caratterizzato dai parametri relativi alla potenza, precisione, controllo e putting davvero scarsi, migliorabili solo ed esclusivamente centellinando i crediti conquistati con le varie performance; all’inizio, è consigliabile affrontare lo Skill Challenge, 48 prove contro altrettanti golfisti professionisti, molto difficili da portare a termine ma inizialmente piuttosto semplici e veloci per ottenere molti crediti. Potenziare la nostra tecnica è un passo obbligato per poter ottenere buoni piazzamenti nei vari tornei e, di conseguenza, migliorarci ancora. Non pensiate però che sia possibile raggiungere, grazie ai crediti e utilizzando i vari gadget dello store, i valori massimi di ogni parametro tecnico: i limiti imposti in questo senso, danno ancora più rilevanza alle scelte che il giocatore farà nella spartizione del suo tesoro.

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True Focus

EA Sports, con la sua fortunata serie golfistica, ha sempre perseguito l’obiettivo del massimo realismo del sistema di controllo, cercando di trasmettere al giocatore lo stesso feeling che si prova in un vero campo da golf. Se dopo i primi colpi, la meccanica sembra immutata rispetto alle edizioni precedenti, ben presto ci si rende conto di quanto il team di sviluppo abbia cercato di migliorare, dal punto di vista del gameplay, l’ottimo lavoro del passato. Nel caso venisse selezionato uno dei due livelli di difficoltà più bassi, novizio e amatore, è possibile “skippare”, durante il gioco stesso, tra due sistemi di controllo. In default il controllo del bastone è completamente demandato agli stick analogici, ma, premendo lo stick destro, è possibile utilizzare il classicissimo sistema “3-click”, ovvero la pressione in tre fasi diverse del pulsante seguendo l’avanzamento di un indicatore su schermo: chiunque abbia giocato ad un videogioco di golf, da World Class Leaderboard in poi, sa di cosa stiamo parlando. Dal momento che questo sistema di controllo non può, invece, essere utilizzato giocando a livelli Pro e Tour Pro, concentriamoci sull’analisi del sistema analogico.
Innanzitutto è il caso di evidenziare due grosse novità: il Focus e il True Aim. Il primo si traduce in una sorta di limite imposto al giocatore nell’utilizzo di colpi speciali che consentono un bonus si potenza, effetto e precisione al colpo: un indicatore circolare evidenzia quanto rimanga di questo bonus a nostra disposizione durante il match; una volta esaurito, solo l’esecuzione di buoni colpi permette il riempimento dell’indicatore e, di conseguenza, nuovi colpi speciali. Si tratta di una scelta davvero apprezzabile, in quanto obbliga il giocatore a non fare un uso smodato di tali colpi ma, anzi, lo costringe a delle precise scelte strategiche lungo il percorso. True Aim invece è un’interessantissima opzione, disattivata in default ma disponibile in tutti i quattro livelli di difficoltà, creata per immergere il player nella stessa situazione in cui si troverebbe un vero golfista: in sostanza, scompare qualsiasi indicatore di direzione del colpo, fatta eccezione per la classica freccia gialla sull’orizzonte che indica il punto di vista. L’idea è quella di vivere il gioco dagli occhi del golfista, la cui precisione è basata esclusivamente sulla conoscenza della buca o sullo studio attraverso il GPS: le uniche indicazioni si trovano nei cartelli lungo il percorso, su cui ci si può muovere premendo il pulsante B, fatta eccezione per la classica griglia della pendenza del green, l’area della bandiera. Ovviamente rimangono le indicazioni sulla distanza dalla buca, sul vento e sulla superficie in cui dobbiamo colpire la palla; da sottolineare come, in regime di True Aim, la stessa visuale che segue l’esecuzione del colpo, rimanga fissa alla spalla del golfista. True Aim raggiunge in pieno il suo obiettivo e, la sensazione di realismo che si prova giocando, è davvero su altissimi livelli: l’unica strada per una sua futura evoluzione genetica sarebbe l’eliminazione del sistema GPS sul percorso, lasciando allo studio della mappa il ruolo di fulcro strategico; anche così, comunque, il livello di realismo è il più alto mai raggiunto da un videogioco dedicato al golf. Nel caso si preferisse un’impostazione più classica, rinunciando così al True Aim, la struttura di gioco non mostra grossi cambiamenti rispetto al passato: la sensibilità dello stick analogico sinistro, che controlla lo swing, è ancora più sensibile e meno permissivo con movimenti poco congrui, il controllo degli effetti con lo stick destro e il pulsante A, è intuitivo ed efficace. Per quanto riguarda l’incidenza dell’erba, della sabbia dei bunker, il vento e la pioggia, non abbiamo rilevato stravolgimenti rispetto ai vecchi episodi: l’influenza di queste condizioni è onesta e coerente in relazione al livello di difficoltà selezionato e, un giocatore esperto, non noterà mai dei cambiamenti inspiegabili da parte della I.A. che li gestisce, in situazioni similari.
Intuitivo, efficiente ma comunque complesso, il sistema di controllo può essere studiato in ogni minimo dettaglio nel completissimo tutorial disponibile nella voce “My Tiger 11”. Si tratta di diverse di lezioni, strutturate in modo che il giocatore possa ricevere consiglio su varie situazioni che si possono presentare sul percorso e provarle fino ad ottenere una certa dimestichezza, oltre che il “pass” per il livello successivo. Accanto al tutorial, è prevista anche una modalità di allenamento, molto utile soprattutto per la possibilità di selezionare, con totale libertà, il punto del percorso da cui provare il colpo.

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Gioco di Squadra

Tiger Woods 11 può vantare un eccellente comparto online, in cui è possibile organizzare o partecipare ad un match secondo le regole valide per le modalità offline, minigame compresi. La vastità delle opzioni a disposizione del giocatore può, almeno inizialmente, confondere ma bastano pochi minuti per orientarsi con disinvoltura. Le modalità principali sono i Live Tournaments, suddivisi in appuntamenti giornalieri e settimanali, e l’Head to Head: i limite dei giocatori in entrambi i casi è fissato a quattro. Durante i nostri match abbiamo rilevato una notevole presenza di giocatori online e, di conseguenza, è stato estremamente facile trovare stanze disponibili. L’unico consiglio è quello di presentare un golfista personalizzato con parametri tecnici già di alto livello se non si vogliono fare magre figure. Importante è sottolineare come Tiger Woods inauguri la storia dei Live Access: all’interno della confezione è presente, infatti, un codice che serve per abilitare la modalità online, altrimenti limitata ad un periodo trial di soli sette giorni. Chi si troverà sprovvisto di tale codice, perché, ad esempio, ha acquistato il titolo sul mercato dell’usato, dovrà spendere 800 MP per abilitare le modalità online.

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Paesaggio dietro la bandiera

Tiger Woods PGA Tour è ormai da diverso tempo uno degli esempi più evidenti del percorso che, i titoli sportivi, stiano facendo verso il fotorealismo: paesaggi mozzafiato, mutazioni delle condizioni atmosferiche, vegetazione che si muove in relazione all’intensità del vento, coltri di nubi che corrono veloce nel cielo. In particolare è apprezzabile il lavoro che è stato fatto per rendere le animazioni dei golfisti ancora più fluide e realistiche e l’ottima realizzazione delle animazioni facciali, corollario ad una definizione delle particolarità morfologiche davvero di alto livello. Come accennato, non mancano anche delle chicche, come ad esempio le estremità degli abiti che svolazzano al vento cosi come le fronde degli alberi e la vegetazione circostante. Tallone d’Achille della realizzazione grafica, senza dubbio, il pubblico che fa da cornice alle prestazioni del golfista: i difetti della ripetitività dei soggetti e un’evidente differenza qualitativa rispetto a ciò che li circonda, non può non far storcere la bocca. In alcuni percorsi, inoltre, si evidenzia un discreto calo di qualità visiva, soprattutto per quanto riguarda la definizione delle texture, specie quelle della vegetazione, e la mancanza di elementi di contorno che generano una fastidiosa sensazione di povertà, soprattutto a causa del confronto con straordinari scenari di altri percorsi. L’idea che ci sfiora, è che alcuni elementi siano stati realizzati con una certa fretta.
La voce che ci accompagna durante il gioco è in inglese, così come tutto il testo a schermo ma, trattandosi di uno sport in cui qualsiasi terminologia è di origine anglosassone, non ci sembra un difetto di particolare rilevanza. Circa venti tracce musicali di ottimo livello fanno da colonna sonora al titolo EA, tutte molto evocative e d’atmosfera: nel caso qualcuna di esse fosse gradita, è sempre possibile nel menu EA Trax stabilire la scaletta musicale. Gli effetti sonori durante le fasi di gioco non ci sono sembrati diversi rispetto allo scorso anno ma, questo, non va considerato necessariamente come una nota negativa dal momento, che già da diversi anni, si è raggiunto un livello davvero molto alto. L’aria tagliata dallo swing, l’impatto del bastone sulla palla, i rumori della vegetazione, sono tutti ricreati col massimo realismo.

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Tre sotto il par

Tiger Woods PGA Tour 11 riesce nel non facile compito di migliorare sensibilmente l’esperienza passata, grazie ad una realizzazione tecnica di alto livello (seppure con alcuni alti e bassi) e a novità a livello di gameplay piuttosto importanti. Un acquisto obbligato per tutti gli amanti del golf a digiuno da tempo dal punto di vista videoludico e un titolo da prendere in seria considerazione da chi ha già la versione dello scorso anno: in quest’ultimo caso, forse, le novità potrebbero sembrare troppo poche, ma consigliamo comunque di sperimentarle con attenzione.