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Recensione di Swarm

Recensione di Swarm di Console Tribe

di: Simone Cantini

Chi ha già qualche anno sulle spalle (ma anche i più giovincelli, complici i recenti remake), si ricorderà di certo dei Lemmings, un esercito di esserini dalla verde chioma la cui unica ragione di vita era arrivare indenni alla fine di ogni livello del gioco che li vedeva protagonisti, incuranti di tutti i pericoli che li circondavano. Bene, vi siete mai chiesti che cosa accadrebbe se una di queste masochistiche creature incontrasse sua maestà Mario? Molto probabilmente l’incauto incrocio darebbe vita ad uno degli swarmiti presenti nel videogioco che vi andiamo a presentare.

Mamma non mi manda solo…

Non è facile inquadrare Swarm all’interno di una precisa categoria videoludica, data la sua particolare struttura, ma se proprio vogliamo affibbiargli un’etichetta potremmo definirlo come un meltin’ pot tra un action, un platform ed un puzzle. Nel gioco saremo chiamati a guidare, tramite l’analogico sinistro del joypad, un piccolo esercito composto da 50 esserini blu, il cui unico obiettivo sarà quello di attraversare 11 livelli ricolmi di pericoli, allo scopo di raccogliere piccole sfere colorate e filamenti di DNA, necessari per la crescita di un raccapricciante agglomerato (simile al bozzolo dei facehugger tanto cari alla saga di Alien) che gli sciagurati mostriciattoli chiamano affettuosamente Mamma. Per riuscire ad entrare in possesso del prezioso bottino gli swarmiti saranno in grado di raggrupparsi, disperdersi, saltare, impilarsi diligentemente ed interagire con alcuni oggetti utili a risolvere dei semplici puzzle ambientali. Data la complessità di azioni possibili da compiere, spiace notare come il set di comandi utilizzato sia abbastanza ostico da padroneggiare: forse una differente mappatura dei tasti, unita ad un utilizzo della camera più user-friendly, avrebbe fatto la felicità delle mani di noi videogiocatori. Va comunque riconosciuto che, nonostante sia richiesto un po’ più di tempo del normale per prendere confidenza con i controlli, una volta addomesticati a dovere riuscirete a far compiere agli swarmiti ogni tipo di evoluzione.

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La strada che conduce all’uscita di ogni schema non richiederà unicamente un’estrema perizia di movimenti, ma anche un congruo sacrificio in termini di vite (non) umane, dato che per raggiungere il punteggio necessario a sbloccare le aree successive non sarà sufficiente raccogliere le già citate sfere. Per incrementare il moltiplicatore dello score, difatti, sarà utile uccidere di tanto in tanto (in verità più spesso di quanto si pensi!) una parte del nostro manipolo di eroi, ed è in simili circostanze che Swarm si rivela essere in maniera assai divertente in perfetta antitesi con i dettami più radicati del media che amiamo. Generalmente lo scopo di ogni videogioco che si rispetti prevede la salvaguardia dell’eroe, bene, giocando a Swarm dimenticatevi pure di questo, sino ad oggi, incrollabile dogma: privarsi di parte dei propri beniamini non solo si rivelerà essere indispensabile per riuscire a superare i vari livelli di gioco, ma ci consentirà anche di andare a sbloccare tutta una serie di medaglie a seconda del tipo di morte che andremo loro ad offrire. Questa variante atipica di gameplay, unita ad un sistema di ranking online, offre una notevole spinta al fattore longevità di Swarm, dato che ci obbligherà a rigiocare più di una volta la campagna (la cui durata si attesta attorno alle 8 ore) unicamente per migliorare le nostre prestazioni. E se a tutto questo va ad aggiungersi un tasso di sfida tutt’altro che banale, se riuscirete a farvi conquistare dal sadico spirito del gioco, difficilmente dimenticherete troppo presto il titolo Hothead.

La tecnica non abita più qui

Se siete amanti della complessità poligonale più spinta, delle evoluzioni musicali o di una regia virtuale impeccabile, forse è il caso che vi teniate alla larga da Swarm. Il prodotto Hothead, difatti, non vuole fare della mera tecnica il suo cavallo di battaglia: la grafica è molto semplice, quasi essenziale, seppur dotata di una palette di colori molto brillante e funzionale. Gli swarmiti sono animati in maniera convincente, ma la notevole distanza a cui è posta la camera (fattore dovuto alla necessità di inquadrare correttamente tutti e 50 i protagonisti), non ci consente di apprezzare a pieno le loro buffe e goffe movenze. Alla luce di tutto questo stupisce (e spiace) notare come il frame rate non brilli per stabilità, ma si trovi a soffrire di qualche vistoso, seppur mai troppo fastidioso, rallentamento nelle fasi più concitate dell’azione. Per quanto riguarda il sonoro anche in questo caso gli Hothead hanno preferito non sprecarsi troppo, presentandoci un accompagnamento musicale decisamente poco ispirato a cui va ad affiancarsi un set di effetti sonori nella norma.

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Tutti a casa… forse!

Nonostante le piccole incertezze stilistiche e tecniche, Swarm è un titolo che ci sentiamo di promuovere, complice il suo gameplay originale e la sua ampia rigiocabilità: se siete amati delle classifiche online, se siete ossessionati dal concetto tutto anni ’80 dell’high score, difficilmente rimarrete delusi dal titolo presentato da Hothead e sicuramente sarete disposti a chiudere ben volentieri un occhio dinanzi alla non proprio eccelsa veste grafica e sonora. Per tutti gli altri invece, complice anche un prezzo decisamente poco aggressivo (si parla di 1200 MSP per la versione Xbox 360 e di € 12,99 per quella PS3), si consiglia prima di dare un’occhiata alla demo presente sui rispettivi store, in modo da evitare di trovarsi per le mani soltanto un piccolo manipolo di esserini blu da terminare nelle maniere più crudeli possibili.