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Recensione Recensione di Silent Hill: Shattered Memories

Recensione di Silent Hill: Shattered Memories di Console Tribe

di: Bahamut Zero

Cupa, inquietante ed omertosa come sa esserlo la provincia americana, Silent Hill è una cittadina triste, popolata da abitanti spesso tormentati da inconfessabili demoni interiori. Sebbene d’estate le amene rive del Lago Toluca attirino frotte di turisti in gita con la famiglia, per la maggior parte dell’anno i residenti sono generalmente ostili alle intrusioni e ergono una spessa coltre di indifferenza nei riguardi dei nuovi arrivati.
Possiamo ancora considerare “nuovi arrivati” in città anche i ragazzi di Climax Software. I primi quattro capitoli della serie Silent Hill sono stati realizzati negli studi nipponici interni a Konami, mentre il discusso quinto episodio, Homecoming, era stato affidato allo studio Double Helix. Da ultimo, la software house americana Climax si è occupata dell’ottimo prequel visto su PSP, Silent Hill: Origins, e si è poi dedicata a Nintendo Wii con questo Shattered Memories, che costituisce un rifacimento ed un omaggio all’indimenticabile capostipite della celebre saga horror che debuttò nel 1998 su PlayStation.

E’ da premettere che Silent Hill: Shattered Memories non è assolutamente un remake pedissequo dell’originale, aggiornato solo dal punto di vista grafico. Al contrario, compie un sensibile svecchiamento di molte delle meccaniche di base di quel gameplay ormai così classico, introducendo concetti del tutto inediti ed andando ad offrire persino una trama per molti aspetti alternativa, quasi mai passivamente conforme al mitico script originale. Il tutto può poi giovarsi di un’ottima gestione del sistema di controllo di Nintendo Wii, oltre che naturalmente di un aspetto estetico di alto livello. Andiamo a scoprire insieme quali sono gli aspetti positivi e quali i lati negativi di questa operazione non da poco.

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I love my daddy

Inserendo il disco del gioco nella nostra console, Climax ci accoglie in modo davvero singolare. Prima di accedere al menù di sistema un messaggio ci avverte che il software analizzerà il nostro profilo psicologico per bilanciare vari aspetti dell’avventura in modo da confezionare il nostro personale incubo su misura. Un inizio niente male… La sensazione di morbosità si accentua quando poi assistiamo alla proiezione ossessiva di un VHS in cui un’allegra famiglia si prepara a passare una divertente giornata al lago. Quel felice ricordo ormai perduto è ora per noi fonte di grande pena: quella mamma, quel papà e quella figlia sono ormai stati separati da un destino infausto. Per non cedere alla depressione, per non impazzire sotto il peso dei terribili incubi che ci tormentano, ci occorre un aiuto psichiatrico. Entra qui in scena il Dottor Kaufmann, vecchia conoscenza che ci sosterrà nella rievocazione di quel passato così doloroso.
Entriamo nel suo studio con fare nervoso e preoccupato. La visuale in soggettiva ci cala nei panni di un paziente non troppo convinto dei metodi del terapeuta: ci viene infatti sottoposto un breve test attitudinale in cui sono presenti domande, anche intime e personali, a cui siamo invitati a rispondere on sincerità. Abbandonando ogni riserva, rispondiamo anche si o no alle domande poste a voce dal dottore scuotendo il Wiimote come per annuire o dissentire. Infine, ci viene chiesto di colorare a nostro piacimento un disegno secondo la nostra interpretazione del concetto di famiglia. Tutto questo servirà a tracciare il nostro profilo mentale ed avrà diverse influenze nel corso dell’avventura vera e propria, in particolare ad un livello di paura subcosciente piuttosto che diretta ed esplicita.
Sbrigate queste formalità junghiane, ecco partire il flusso della memoria. Tutto cominciò quella maledetta, nebbiosa notte dell’incidente stradale che separò Harry Mason dalla piccola figlia Cheryl nei pressi di Silent Hill…

La sceneggiatura è ottima sia di per se stessa, sia per le abili modifiche apportate al carattere e ai ruoli stessi di alcuni personaggi che in teoria dovrebbero esserci già noti, ma che invece ci vengono proposti in vesti completamente rinnovate. Harry, Cybil, il Dr. Kaufmann, Lisa, Cheryl, Dahlia… Climax ha chiaramente giocato a stravolgere ciò che un fan del brand potrebbe da loro aspettarsi. Il risultato, quindi, riuscirà inevitabilmente sgradito ad alcuni, ma senza dubbio offre agli estimatori di Silent Hill qualcosa di concreto su cui ragionare. La regia è allo stesso modo di buon livello: sia in-game che nelle cutscene animate gli stacchi della telecamera sono armonici e comunicativi. Una nota importante riguarda la forte carica simbolica che connota alcuni aspetti del videogame: in particolare, nel corso dell’avventura il protagonista Harry potrà trovare alcuni oggetti di uso quotidiano appartenenti agli abitanti della città, e conservarli nella sua scatola dei ricordi. L’aspetto di questi ninnoli e la descrizione presente nel menù rimandano spesso a precisi momenti di altri capitoli della serie, che il fan di lungo corso saprà presto individuare; non mancano poi riferimenti a Poe, Lovecraft ed altri araldi della cultura letteraria dell’occulto.
Congiungendosi con l’inizio, anche la fine del gioco, a cui arriveremo dopo appena una decina di ore di gameplay, ci riserva qualche sorpresa che riesce nell’intento di spiazzarci. Pur essendo poi sensibilmente più breve rispetto ad altri episodi del passato, Shattered Memories fa proprio un aspetto tipico della serie ed offre al giocatore più di una possibile conclusione, tra cui è presente il tradizionale incontro con un disco volante: per assistere a tutti i finali sarà necessario affrontare nuovamente l’avventura compiendo differenti scelte in alcuni dati momenti.

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Ricordi infranti

Durante il lungo flashback su cui si articola il gioco assumeremo il ruolo di Harry Mason, intento nella strenua ricerca della figlia Cheryl scomparsa nel nulla in seguito al ben noto incidente automobilistico. La gestione degli imput tramite la coppia di controller Wii è piuttosto intuitiva e al contempo ottimamente concepita. Harry troverà ben presto una provvidenziale torcia elettrica per poter illuminare il suo percorso: il giocatore orienterà il fascio di luce puntando sullo schermo il Wiimote con la mano destra, e farà proseguire l’impavido papà nella direzione voluta grazie allo stick analogico del Nunchuck nella sinistra. E’ possibile camminare più o meno lentamente ma anche correre con più grinta grazie alla pressione dell’indice sinistro su Z, mentre all’occorrenza il pollice destro può facilmente agire sull’angolazione della telecamera grazie alla croce direzionale sul Wiimote. Gli altri pulsanti del controller sono variamente adoperati per richiamare il menù di sistema, che tra le altre cose ci permetterà di salvare o caricare la partita in qualsiasi momento lo desideriamo, oppure anche la novità tecnologica introdotta da Shattered Memories, ovvero il telefono cellulare touchscreen di Mr. Mason. Piuttosto simile ad un moderno iPhone, siamo abbastanza sicuri che non esistesse nulla di simile negli anni Novanta!
Gli utilizzi di questo dispositivo sono molteplici: dovremo adoperarlo per effettuare e ricevere inquietanti telefonate filtrate attraverso le dimensioni, individuare la nostra posizione sulla provvidenziale cartina del navigatore GPS integrato, scattare fotografie in stile Fatal Frame dei residui eterei lasciati da Cheryl, invisibili ad occhio nudo, ed altro ancora. E’ un piacere guidare dal telecomando il pollice di Harry che naviga aggraziato sul touchscreen accedendo alle varie funzioni come se fosse il nostro: quando siamo intenti in una chiamata, l’audio del nostro interlocutore, umano o spettrale che sia, è emesso dal piccolo altoparlante presente sul Wiimote, cosa che ci induce spontaneamente ad appoggiarcelo all’orecchio come se si trattasse di un telefono vero. L’immersività nel mondo di gioco ne guadagna parecchio.
In ultimo, il cellulare va anche a sostituire la famosa radiolina ricorrente nella serie Silent Hill: le scariche ed i rumori di interferenza che emette segnalano la presenza nei paraggi di mostri e creature ostili.

Il Wiimote si dimostra lo strumento principe nella risoluzione dei vari indovinelli con cui verremo a contatto. Lo utilizzeremo come una mano virtuale per scuotere, rovesciare o spostare oggetti, aprire cassetti, scrivere o digitare codici segreti. Il tenore degli enigmi è abbastanza variegato e nel più puro stile Silent Hill.

Quando la trama ce lo impone, il punto di vista del giocatore si sposta dalla terza alla prima persona, seguendo Harry nel suo relazionarsi con altri personaggi del gioco. Teniamo a mente che durante questi momenti in soggettiva si riattiva la nostra valutazione comportamentale. Stare buoni e fermi, piuttosto che in continua agitazione e curiosità avrà conseguenze leggermente diverse sugli sviluppi della trama immediatamente successivi. Non si tratta però di cambiamenti realmente determinanti: i personaggi non giocanti potranno avere con noi caratteristiche, linee d’approccio e dialoghi differenti a seconda del contesto, ma il tenore dell’avventura non ne sarà stravolto. Piuttosto, in questi frangenti a volte sarebbe stata gradita una maggiore chiarezza in ordine ai controlli e alle varie possibilità di azione e movimento, poiché capiterà a volte di non capire immediatamente cosa sarà necessario fare per superare la sessione first-person.

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Non aprite quella porta?

Le porte. Cancelli di passaggio tra realtà comunicanti, non-luoghi in cui siamo momentaneamente al sicuro dagli orrori che infestano l’universo di provenienza e quello destinazione. In ambito videoludico, le porte più famose sono quelle di Resident Evil, in cui il caricamento di una nuova location era mascherato dall’animazione di una porta che si apriva e ci permetteva di oltrepassare la soglia. Lo sapevamo tutti che era uno stratagemma tecnico, ma il timore di cosa poteva aspettarci al di là dell’uscio ci faceva comunque sudare freddo. Oggi, le porte sono importanti anche in Silent Hill Shattered Memories. Accostandosi ad una di esse, il disarmato Harry dovrà procedere con la massima circospezione per attirare il meno possibile l’attenzione su di sé: modulando l’inclinazione in avanti dello stick analogico del nostro Nunchuck possiamo aprire la porta con grande cautela, magari solo un sottile spiraglio per dare un’occhiata circospetta a cosa ci sia dall’altra parte. Se l’area è sicura, o ci sembra tale, possiamo prendere il coraggio a due mani ed arrischiarci a proseguire. Naturalmente, se siamo inseguiti e stiamo correndo per la vita, non dovremo avere riguardi ed essere veloci ed irruenti per non farci prendere.

Ecco però il vero, grosso problema di questo videogame. Questa possibile dualità di atteggiamenti è in parte fortemente vanificata dalla semplice circostanza che il ritmo di gioco è rigidamente suddiviso in due modalità, ovvero quella esplorativa e quella dell’incubo. Nella prima, Harry dovrà appunto vagare per la città in cerca di percorsi, indizi, oggetti da trovare ed enigmi da risolvere allo scopo di ritrovare la figlia: in questa fase avvengono le conversazioni coi PNG incontrati ed in generale i progressi lungo la storyline. Nella seconda, invece, l’obiettivo primario sarà quello di sopravvivere agli attacchi delle aberranti creature che si materializzeranno nei dintorni.

Un filmato ci mostra di volta in volta il morphing della cittadina da tetro, ma sicuro, sobborgo di periferia, ad inospitale e maledetto coacervo di ricordi sopiti. La temperatura scende fino a condensare il respiro di Harry, sovrannaturali pareti di ghiaccio sbarrano percorsi e consegnano i comprimari all’oblio avvolgendoli col loro mortale e freddo abbraccio. In questi momenti Mr. Mason non può fare altro che correre: deve muoversi in fretta per guadagnare l’uscita del labirinto congelato e scampare ai mostri senza volto che gli danno la caccia.
Sfuggirgli è la nostra sola speranza: Shattered Memories va a compiere una precisa scelta di campo, andando a costituire una nuova declinazione della categoria survival horror. E’ infatti stata rimossa ogni possibilità di contrattacco armato ai nemici. Harry non ha accesso ad alcun tipo di armamento, che si tratti di una mazza improvvisata o di un qualsiasi calibro di arma da fuoco. Questo lo lascia completamente esposto ai pericoli del poco rassicurante ambiente infernale che dovrà esplorare, e gli unici alleati su cui potrà contare saranno la velocità delle sue gambe e le tenebre di nascondigli di fortuna che potranno celarlo ai sensi dei demoni.

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L’esaltazione di questa premessa in teoria così allettante per ogni patito dell’alta tensione, come dicevamo, viene fortemente ridimensionata dopo poche ore di gioco. Qualunque utente comprenderà ben presto che nelle fasi esplorative non c’è assolutamente alcun pericolo, poiché mostri e nemici sono esclusivamente presenti nei momenti in cui Silent Hill gela e cede il passo alla dimensione alternativa dell’orrore. Il giocatore si avvederà che, nei momenti sicuri, non c’è motivo di proseguire verso nuove stanze o aree con timore, poiché se l’ambiente non è ghiacciato non c’è nulla di cui preoccuparsi. Dapprima, l’allucinante colonna sonora firmata da Akira Yamaoka in sinergia con la desolazione urbana di Silent Hill ci faranno fare ogni mossa con grande trepidazione, al limite del puro terrore dell’ignoto. Ma una volta compreso come il pericolo sia solo fittizio e limitato a precisi momenti del gameplay, alla sensazione di disagio si sostituirà una esplorazione blanda, incauta ed infastidita. E non va molto meglio nei momenti più adrenalinici della città congelata: le creature dell’incubo sono estremamente furbe e abili nell’individuarci, tanto che, nella maggior parte dei casi, sarà abbastanza inutile riparare in un nascondiglio di fortuna sotto un letto o dentro un armadio. Questa è una scelta possibile, e osservare col cuore in gola dal nostro rifugio le informi bestie presidiare freneticamente una stanza mentre cercano proprio noi, che non possiamo far nulla per eliminarle… beh è un’esperienza. Ma, tempo una manciata di secondi, e verremo immancabilmente scoperti ed attaccati: tanto vale allora mettersi a correre fin dall’inizio in barba ad ogni approccio stealth.

In caso un mostro raggiunga e afferri Harry, lo schermo ci invita a scuotere Nunchuck e Wiimote nella direzione dell’assalitore. Se la creatura ci è saltata sulle spalle, diamo uno scossone all’indietro simulando una gomitata per provare a disarcionarla; se si trova davanti a noi o di lato, muoviamo i controller in avanti o di lato per spintonarla. Non abbiamo armi nè alcun modo di uccidere questi inquieti incubi semoventi, ma se riusciamo ad atterrarli avremo modo di attaccarli con calci e pugni per rallentare il loro inseguimento; premendo poi i pulsanti adatti al momento giusto, possiamo anche chiudere dietro di noi le porte che abbiamo oltrepassato, ostruirle con una barricata di fortuna o rovesciare mobili o altri elementi dello scenario per intralciare gli sgraditi esseri.

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Il gioco non mostra alcun HUD a schermo, ma naturalmente Harry viene indebolito da ogni attacco subìto. Se riceve troppe ferite la sua velocità in corsa rallenta considerevolmente, e il nostro diventa facile preda di nuovi nemici. Questi saranno anche orribilmente mutilati, ma reagiscono con prontezza ad ogni nostro movimento incauto: la nostra vista, ma anche la luce della nostra torcia, il rumore di passi o del nostro telefono cellulare li metteranno presto in allarme. Meglio evitare quindi ogni scontro, se possibile…
Tuttavia, nemmeno queste fasi al cardiopalma costituiscono una sfida davvero interessante. La forza, velocità e furbizia dei nemici è sproporzionata alle capacità difensive di Harry, che inevitabilmente morirà diverse volte nel tentativo di trovare l’uscita del dungeon ghiacciato e quindi tornare fuori pericolo alla Silent Hill reale. Sebbene sia possibile influenzare le statistiche vitali di Harry e dei nemici rispondendo con cognizione di causa al test psicoattitudinale iniziale, il risultato non cambierà poi di molto: il Game Over è quasi componente fisiologica di queste fasi di gameplay, ma a ciò soccorre un certosino sistema di checkpoint che salva la nostra posizione all’inizio di ogni nuova stanza visitata, così da non farci perdere eccessivo tempo a ripercorrere troppe aree già viste.
Lastre di ghiaccio fluorescente contraddistinguono il percorso ideale che Harry dovrebbe seguire per mettersi in salvo. Questo è un ulteriore aiuto per non perdersi mentre si corre all’impazzata dribblando gli avversari, ma se il povero level design di queste location ibernate sempre molto uniformi e poco ispirate dovesse farci perdere l’orientamento, e succederà, il buon vecchio proseguire a casaccio si dimostrerà una risorsa da non disdegnare. Abituandosi a qualche attacco mortale in più, questi slalom tra mostri da evitare e porte da aprire perderanno ben presto gran parte del loro mordente, complice una piuttosto marcata ripetitività di luoghi e creature ostili. Un vero peccato.

Schegge di paura

Appare fin da subito evidente come Silent Hill: Shattered Memories voglia prepotentemente imporsi come uno dei migliori titoli disponibili su Wii, quantomeno per quanto concerne il lato prettamente grafico. Il lavoro degli sviluppatori è pregevole da molteplici punti di vista. Lo è all’analisi della modellazione poligonale dei personaggi giocanti e non, dettagliati ed armonici sia in-game che nel corso delle scene filmate; lo è quanto a dovizia di dettagli degli scenari, molto credibili e ben riprodotti sebbene, proprio come nell’originale Silent Hill, pecchino di una eccessiva ripetitività soprattutto cromatica; e lo è, soprattutto, quando andiamo a notare il convincente gioco di luce ed ombra costantemente generato dalla nostra torcia elettrica. Gli ambienti del gioco sono spesso ombrosi e poco illuminati: se questo può essere un furbo trucco per celare alla nostra vista qualche imprecisione o squadratura di troppo, è altrettanto vero che l’area che puntiamo col nostro lume raramente soffre di problemi troppo evidenti o fastidiosi, e spesso si tratta di stanze piene di oggetti che proiettano ombre dinamiche dall’aliasing minimo. Lo scotto da pagare per questo ruolo chiave ottimamente giocato dalla luce (nell’attesa, chiaramente, di Mr. Alan Wake) è purtroppo una fisica ambientale tendente allo zero, e qualche texture decisamente migliorabile. Le aree infestate dai nemici, inoltre, sono di solito più spoglie e grezze di quelle più marcatamente votate all’esplorazione ragionata. La presenza delle candide lastre di ghiaccio però ci dà occasione di notare piacevoli effetti di trasparenza e persino un accenno di rifrazione.

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Insomma, sembra che tutto sommato Climax sia riuscita a spremere piuttosto bene la bianca console Nintendo, realizzando un prodotto notevole dal punto di vista estetico. C’è però da segnalare come, in particolare nelle fasi in cui dovremo muoverci velocemente per scappare dagli orrendi mostri che infestano la Silent Hill dell’incubo, la fretta che avremo nell’aprire di scatto porte e cancelli andrà ad evidenziare brevi freeze in cui la grafica di gioco scatta mentre l’area oltre la soglia appena aperta viene caricata. Più raramente, simili frangenti possono incorrere anche nel corso delle più tranquille sessioni esplorative, ma non si tratta di un difetto che inficia granchè l’ottimo standard tecnico su cui il gioco a buon diritto punta molto.
Sembra però che la console Wii non sia in grado di accoppiare una così buona resa grafica ad un’ampiezza eccessiva degli ambienti esplorabili. Rispetto ai precedenti episodi della serie, Shattered Memories non offre al giocatore una grande libertà di movimento lungo la mappa di gioco, poiché fa un ampio uso delle barriere architettoniche invalicabili disseminate in città per incanalare Harry lungo percorsi abbastanza lineari. Certo, non siamo ai livelli delle mappe in linea retta di Final Fantasy XIII, ma al contempo è scomparsa quella necessità che avevamo fin dall’epoca dell’episodio su PSOne di memorizzare i nomi delle vie di Silent Hill per non perdere l’orientamento. Questo non è un lato di per éè negativo e non è più penalizzante di quanto non lo sia per un qualsiasi altro videogame di avventura, ma ci sembra che sia venuto a mancare quel caratteristico elemento di “finto free roaming” che aveva reso indimenticabile la nebbiosa cittadina nel 1998. Vedremo se i futuri giochi sapranno meglio coniugare quanto di buono offre questo reboot della serie a quegli elementi che ne hanno fatto la fortuna.
Tra questi ultimi figura, come è noto, l’impegno sempre profuso da Akira Yamaoka nel comporre di volta in volta colonne sonore all’altezza della sua fama. In questa occasione tuttavia, pur essendo i vari brani sempre funzionali a descrivere degnamente i momenti più tesi dell’avventura con la giusta alternanza di note concitate e silenzi assordanti, l’impressione è quella di una certa “pigrizia” musicale.
Intendiamoci, il comparto audio del gioco è in generale di tutto rispetto, soprattutto considerando la notevole qualità espressiva della recitazione in inglese, degli ottimi effetti sonori e dell’originale utilizzo fatto dell’altoparlante del Wiimote. Si avverte però che il maestro Yamaoka, forse perché non a suo agio nel lavorare con programmatori americani, o forse perchè in procinto di lasciare Konami (cosa avvenuta nel Gennaio scorso. Questo rende Shattered Memories l’ultimo lavoro del compositore in seno alla software house di Metal Gear), non si sia lasciato coinvolgere più di tanto dal progetto, indugiando spesso su riarrangiamenti piuttosto scontati di tracce risalenti al Silent Hill capostipite.

In loving memory

Silent Hill: Shattered Memories fa davvero quello che il suo sottotitolo promette: infrange stereotipi e convinzioni del fan medio di questa prestigiosa serie horror e rimescola i frammenti in modo gustosamente originale, con tanto di inquietante aspetto di analisi comportamentale del giocatore. E’ il videogame che gioca con te! Uuuh! A parte l’effettiva riuscita di questo aspetto curioso e sperimentale, è indubbio che Climax sia caduta in alcune ingenuità che vanificano parzialmente l’aspetto più ansiogeno di questo nuovo Silent Hill, in ordine in particolare alle troppo semplicistiche dinamiche di esplorazione degli ambienti di gioco: nonostante l’idea di non poter adoperare armi, puntando tutto sull’elemento survival, sia di per sé fantastica e prometta in teoria situazioni agghiaccianti, la concreta realizzazione per compartimenti stagni di questo concetto non è decisamente all’altezza delle premesse e lascia soddisfatti a metà . La strada intrapresa però è quella giusta: inventiva, originalità e coraggio non mancano a questo talentuoso e rispettoso team di sviluppatori statunitensi. Se la serie resterà nelle loro mani, e se il feedback degli appassionati verrà ascoltato e valutato con giudizio da Konami, c’è il serio rischio che tra qualche tempo potremo giocare nuovamente ad un Silent Hill rinnovato nella sua concezione di base ma comunque degno del suo nome così importante: per il momento il brand sta vivendo una chiara metamorfosi verso ciò che sarà, ed i primi segnali ci lasciano ben sperare.