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Recensione Recensione di Red Steel 2

Recensione di Red Steel 2 di Console Tribe

di: Dr_ Kerneg

Essere disarmati, abbattuti e scherniti è una cosa difficile da sopportare, soprattutto se sei un pistolero. Essere picchiati, insultati e umiliati è una cosa difficile da sopportare, soprattutto se sei un samurai. Essere legati, attaccati a una motocicletta e trascinati nella sabbia del deserto, tra cactus e lattine di birra, la bocca piena di sabbia e gli occhi come grumi lacrimanti, è una cosa pressoché inammissibile se sei un pistolero e un samurai!

Così si apre Red Steel 2, il seguito non naturale di Red Steel, uno dei giochi pionieri per il Wii che mostrò per la prima volta come sfruttare un sistema di comandi nuovo in un gioco dal concept non poi così rivoluzionario. Il primo Red Steel uscì al lancio della console di mamma N, accompagnato da una fanfara che inneggiava a un sistema di controllo avveniristico, caratterizzato da un’immersività e un coinvolgimento diretto che solo il Wiimote poteva dare in ambito FPS. Infatti era la prima volta in assoluto per un giocatore trovarsi di fronte alla TV e mirare fisicamente ai nemici per colpirli e agitare il telecomando per eseguire affondi e spazzate con la katana. Purtroppo, nel lontano 2006, il progetto di Ubisoft, per quanto rivoluzionario, franò sotto il peso dell’inesperienza degli stessi sviluppatori e della giovinezza del codice e dell’hardware, dando ai giocatori un’esperienza videoludica senza mordente, carica di bug ed imprecisa. Insomma, il primo Red Steel fu un mezzo flop, ma aprì la strada a tutti gli FPS su Wii e soprattutto gettò le basi per questo secondo capitolo.
Affiliamo la nostra katana, oliamo per bene le nostre pistole e lanciamoci nell’universo fuori del tempo di Red Steel 2.

Kurosawa vs Leone

Chissà se il buon Sergio e il vecchio Akira esulterebbero al pensiero di essere accostati al nuovo gioco Ubisoft, però l’associazione di idee è pressoché istantanea. Red Steel 2 narra le gesta di un pistolero che è anche (forse di più) un samurai. Appare evidente come l’ambientazione del primo capitolo (la mala giapponese) sia stata del tutto accantonata, per creare un mondo steampunk discronico in cui due delle maggiori figure del mondo di frontiera si fondono in un unico personaggio. L’idea è semplicemente fantastica: unire la violenza, la polvere e la sregolatezza dei pistoleri con la tradizione, l’onore e le lame dei vecchi samurai. Un concept da far girare la testa, considerando la complessità di questi due universi tanto radicati nell’immaginario collettivo. Certo non è il primo esperimento di questo tipo: Devil May Cry univa pistole e spade e ancora prima Rising Zan aveva già immaginato la figura del Samurai Gunman. Ma mai nessuno aveva immaginato un universo tanto radicalmente indefinibile quanto i ragazzi di Ubisoft. Quindi potete immaginare con quanto fervore abbia inserito il DVD nella mia fida console, carico di un’aspettativa ribollente, pronto a qualsiasi cosa.

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Questo dovrebbe essere il paragrafo dedicato alla trama e alla narrazione degli avvenimenti che compongono il gioco stesso, ed è sicuramente in questo luogo che Akira Kurosawa e Sergio Leone non vorrebbero mai essere citati. Infatti, se da una prima superficiale visione i rimandi ai due grandi sono quasi scontati, andando in profondità tutta la sicurezza prima millantata viene sfilacciata da una realizzazione narrativa al di sotto degli standard, molto al di sotto.
Per venire al sodo: in Red Steel 2 vestiremo i panni di un eroe senza nome, reietto del proprio clan, i Kusagari, latitante da cinque anni e ricomparso nel momento del bisogno. La sua missione sarà quella di recuperare la Spada ufficiale del Clan, di scoprirne i segreti (che solo un membro vero del clan può carpire) e difenderla contro gli uomini cattivi che la vogliono rubare. E le pistole? Mica esistono pistole leggendarie o fucili magici o mitragliatrici possedute! Quindi accontentatevi della spada, e senza roccia, per giunta.
Accanto all’innominato eroe (forse) senza macchia reciteranno dei comprimari più o meno ‘tridimensionali’. Il primo e il più importante è il vecchio Sensei, il maestro Jian, che avrà l’arduo compito di insegnare le più recondite tecniche del combattimento con la katana. Non poteva mancare la bella di turno, tale Tamiko, che mostra il suo notabile decolté dietro una selva di schermi LCD pieni di scritte incomprensibili Matrix-simili. Per ultimo, ma non meno importante, fa il suo ingresso l’altra icona: Judd, lo sceriffo vecchio e burbero.
Tra i cattivi si annoverano alcuni tra i più strani soggetti in circolazione, punk filo-asiatici addobbati con kimono e occhiali da sole, fasce alla Karate Kid e geta, noti come Sciacalli. Non mancano poi i boss supercattivi, dagli occhi iniettati di sangue che vogliono solo farvi la pelle. Insomma, il “bestiario” è ben assortito e vario e non mancherete di sorprendervi per alcune soluzioni stilistiche.
In più per rendere la cosa più appetitosa, il setting geografico è quello del vecchio West geneticamente modificato con innesti asiatici e tanta tecnologia. Una sorta di paradiso steam e cyberpunk in cui far scorazzare libera la propria immaginazione. Infatti, nel borgo tipico del vecchio West convivono tranquillamente macchinette distributrici di bibite, templi shintoisti e pagode, oltre a vecchi saloon dalle porte a soffietto.
Il problema è che ancora mi chiedo perché mettere insieme questo bel teatrino se poi non succede NULLA o quasi per tutto il gioco. Parliamoci chiaro, Red Steel 2 non ha una vera trama. Vedrete scorrere sullo schermo filmati, ascolterete dialoghi captati nel deserto senza mai capire cosa in realtà tutto questo significhi. Certo, avrete sempre ben chiaro che il vostro obiettivo è la Spada, ma tutto quello che succede intorno a voi rimarrà sempre un enorme punto interrogativo. I personaggi sono tratteggiati con poche pennellate frettolose, i cattivi per quanto cattivi non hanno carisma, non vi istigano il vero odio che un villain dovrebbe far sprigionare. È questo il più grosso difetto dell’intero gioco.
Red Steel 2 non ha un’anima.

Of Blades and Bullets

Come è noto Red Steel 2 sfrutta il Wii Motion Plus, promettendo precisione, velocità e assoluto divertimento. L’add-on per il Wii-mote dona una marcia in più al controller Nintendo, come molti di noi hanno avuto modo di verificare in Wii Sport Resort, rendendolo più malleabile e versatile nelle mani del videogiocatore. Fino ad ora, quasi nessun gioco era stato concepito appositamente avendo il Motion Plus in mente. A colmare questa lacuna ci ha pensato Ubisoft.

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Il gameplay è un misto di FPS e fighting game. Come antipasto, nelle prime fasi del gioco gusteremo le gioie dello sparo libero, riempiendo di pallottole tutti i nemici che incrociano la nostra via. Dopo qualche minuto avremo finalmente accesso alla katana. E qui inizia il vero divertimento, facendo esplodere Red Steel 2 in un tripudio di urla e sudore (il vostro).
Non ci vuole granché per capire come funzionano le meccaniche di gioco. Quando si impugna la pistola basta mirare allo schermo e premere il grilletto. Abbastanza facile e immediato. La precisione in questo frangente si attesta su un livello più che accettabile e il mirino non sparisce dallo schermo se muoviamo velocemente il telecomando. I proiettili vengono sparati e immediatamente colpiscono lo schermo senza lag di sorta. Il gioco supporta le ferite agli arti e alla testa, arricchendo il gameplay con un minimo di elementare strategia: spari alla gamba per rallentare il bestione di turno e magari finirlo con la spada.
Ah, la Spada! È un piacere pensare a quello che Ubisoft ha fatto per questa sezione (importante) di gameplay. Per usare la spada è opportuno avere tanto spazio a disposizione, visto che ci ritroveremo a roteare, affondare e parare di fronte allo schermo come se stessimo impugnando l’elsa di una katana. Il concetto di base per usare la spada in Red Steel 2 è ancora più immediato della pistola: inquadri il nemico e inizi a sbatacchiare il telecomando Wii come un forsennato. Per fortuna non è tutto così semplice come sembra: grazie al Wii Motion Plus il gioco riesce a riconoscere uno swing veloce da uno lento, producendo sullo schermo un colpo potente o uno normale. Continuando, riconosce anche movimenti orizzontali e verticali e affondi, tutti perfettamente mimati a schermo. Il combattimento all’arma bianca, che è poi la parte più importante dell’intero gameplay, è divertente oltre ogni ragionevole dubbio, soddisfacente anche per i giocatori più esigenti, grazie a una precisione e una ricchezza che mai ci saremmo aspettati. Infatti man mano che si procede nell’avventura, si sbloccheranno potenziamenti, nuove mosse speciali (una fa addirittura volare l’avversario ed è possibile saltare e affettarlo in aria!), nuove finisher estremamente cruente (che ne dite di un colpo di pistola sotto il mento dopo un veloce affondo di katana?). Insomma Red Steel 2 non delude affatto, ma anzi sorprende. Certo, siamo ancora un po’ lontani dalla perfezione assoluta. Qualche volta sullo schermo ci sarà un po’ di marasma e non capirete granché di quello che sta succedendo e la vostra spada sarà come impazzita, ma vi posso assicurare che questo succede molto raramente.
Se proprio vogliamo trovare una pecca riguardo la giocabilità di Red Steel 2, c’è da dire che è un gioco troppo stancante. Come la maggior parte degli action che fanno largo uso dei giroscopi del Wiimote ci ritroveremo a sudare davanti alla TV con le braccia doloranti per il continuo movimento a vuoto. Infatti dopo un’oretta di gioco, spalle, pettorali e bicipiti saranno quasi in fiamme, a causa del troppo uso improprio. Pensate che farete movimenti ampi e veloci, infondendoci dentro la forza utile a smuovere una katana, senza avere una katana. Un vero inferno! Ma il divertimento è talmente alto che sicuramente passerete sopra questo piccolo inconveniente.

Adesso viene da chiedersi come tutto questo si architetta e si struttura all’interno del gioco. Fughiamo subito ogni dubbio: non è un free-roaming, ma è un gioco story-driven, organizzato in quest e sub-quest. Le dinamiche sono abbastanza prevedibili. Verremo invitati a raggiungere il dojo, assisteremo a un breve filmato più o meno importante e ci sarà assegnata la missione. Con l’avanzare della trama (?), si sboccheranno nuove aree, sia cittadine che extra urbane (fantastica la sequenza sul camion e sul treno!) e procederemo a sgominare cattivi strada facendo. Le quest principali verteranno sulla ricerca di qualche malcapitato che ha scelto di intralciarci la strada, mentre le missioni alternative comprenderanno azioni come distruggere camion per gli approvvigionamenti, attivare torri di controllo, trovare manifesti. Insomma il gioco ci impone di combattere ed esplorare le aree, per tenerci sempre sul chi vive. Non mancano i combattimenti contro i boss supercattivi che ci daranno un discreto filo da torcere.

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Tutto sommato, il gameplay è ricco e abbastanza vario, anche se le missioni risultano un po’ slegate tra loro a causa di una narrazione deficitaria e superficiale. Certo, non è un RPG, ma un action nudo e crudo (forse pure troppo) e quindi si può passare oltre a frivolezze come psicologia dei personaggi, regia delle cut-scene, colpi di scena e rivelazioni sensazionali. Siete voi, le vostre pistole e la vostra katana, cosa volete di più?

Cartoline dal West asiatico

Lo stile grafico scelto per questa seconda incarnazione di Red Steel è ben lontano da quello del primo episodio. Sono state abbandonate le velleità di realismo che avevamo visto quattro anni fa, in favore di un cel-shading colorato e accattivante, già presente nel vecchio XIII, uscito dallo stesso studio di produzione. La realizzazione tecnica è superba, forse tra le migliori viste finora sulla console Nintendo. Le scelte cromatiche virate al rossastro e al giallo della sabbia rendono ancora più coinvolgente un’ambientazione che, non ci stancheremo mai di dirlo, è fuori da ogni canone.
Infatti i ragazzi di Ubisoft Paris hanno pensato bene di mescolare in un enorme melting pot multiculturale elementi architettonici orientali e occidentali, ma senza scadere mai nel ridicolo. I vari elementi non sono stati fusi, ma affiancati perfettamente e in armonia. E quindi il paesaggio è un tripudio di deserto, abitazioni di legno in finto vittoriano e pagode giapponesi, perfettamente amalgamate a formare un paesaggio che sembra quasi naturale.
Per arricchire ulteriormente la scenografia, sono stati introdotti elementi iper-tecnologici, così da travisare ulteriormente la realtà temporale del gioco stesso. Non siamo nell’estremo oriente, ma neanche nel vecchio West, siamo in un luogo futuro in cui rivive il passato, dove l’unica legge è quella del più forte e l’onore è l’unica moneta di scambio. Questa è Caldera, e preparatevi alla lotta!
Il motore grafico del gioco fa il suo sporco lavoro egregiamente e senza tentennamenti. L’impostazione in prima persona è ben gestita, senza mai perdere colpi e soprattutto senza bug nella visuale. I nemici sono sempre ben inquadrati grazie a un sistema di lock-on molto blando ma funzionale. Gli effetti grafici sono magnifici e fumettosissimi, con scie che seguono i proiettili e le spadate più veloci, effetti di luce colorati durante i colpi speciali: una vera gioia per gli occhi.
Lo stesso non possiamo dire per il sonoro. Da una parte la soundtrack è ispirata, con pezzi di slide guitar molto country-western e altri di orientamento più asiatico, e soprattutto ricalca perfettamente l’azione su schermo grazie a impennate di ritmo e registro nelle fasi di lotta. Un commento musicale di tutto rispetto che fa da contrappunto a un gameplay adrenalinico tipico di un vero gioco action.
La nota dolente sta tutta nel doppiaggio: semplicemente scandaloso. Voci banali, senza carisma e dialoghi al limite del ridicolo scandiscono l’andamento delle missioni senza aggiungere nulla. Un lavoro davvero misero che lascia guardare al gioco con un certo disappunto.

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L’avventura per il nostro eroe senza nome durerà a lungo, diverse ore. Immersi in combattimenti all’ultimo sangue, in preda alla frenesia dell’azione saremo pilotati fino al gran finale. Impalati di fronte allo schermo ci chiederemo: e adesso? E adesso se vuoi ricominci, se no aspetti Red Steel 3. Non ci sono opzioni multiplayer, non esiste un’arena in cui combattere e basta. L’unico bonus è la possibilità di rigiocarlo da capo. Magra consolazione per essermi quasi slogato il braccio. Indubbiamente avremmo gradito qualche extra, per godere ancora di questo sistema di combattimento ben fatto.

L’ultimo proiettile

Arriva sempre il momento di tirare le somme e fare il punto della situazione: per dare un giudizio complessivo di Red Steel 2, non ho paura a dire che è un bel gioco ma purtroppo non scevro da piccole cadute di stile. Dalla sua ha un gameplay solido e dannatamente divertente, quasi un esempio da seguire quando si vuole implementare il Wii Motion Plus in un videogioco. Le dinamiche dei combattimenti sono ben strutturate e non annoiano mai. A questo aggiungiamo una scenografia e un’ambientazione di tutto rispetto, carica di pathos e trovate geniali, che lascerà parlare di sé soprattutto per il suo stile allo stesso tempo cartoonistico e adulto. D’altro canto, l’assenza di una trama degna di questo nome e un cast di personaggi poco approfonditi relega l’esperienza narrativa in secondo piano, appiattendo l’intera esperienza di gioco.
Premiamo Ubisoft per essere stata in grado di creare un sequel superiore al suo predecessore e per aver avuto il coraggio di cambiare le carte in tavola e battere nuove strade. Come con Assassin’s Creed è stata in grado di dimostrare che un franchise può essere migliorato e portato sulle vette del videogaming di alto livello. Non possiamo far altro che consigliarlo, Red Steel 2, a tutti coloro che amano i giochi action, che si divertono a dimenarsi davanti al televisore e che non temono gli strappi muscolari. Per tutti gli altri: compratelo lo stesso, merita!