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Recensione di Red Faction: Armageddon

Recensione di Red Faction: Armageddon di Console Tribe

di: Riccardo "RATM" Primavera

Cronache da Marte

Mondo affascinante quello composto dalle opere ambientate su Marte, impossibile negarlo. Tra letteratura e cinematografia, sono numerosissime le opere che narrano le disavventure di colonie umane sul polveroso suolo marziano. Nel settore videoludico Marte funge da scenario alla saga di Red Faction, sviluppata da Volition Inc. e pubblicata da THQ. Red Faction: Armageddon, quarto capitolo della saga, ci riporta su di un pianeta rosso ancora più devastato di come l’avevamo lasciato. Saranno riusciti gli sviluppatori a creare un gioco in grado di innalzarsi al di sopra di tutte le opere ambientate su questo pianeta avverso all’umanità?

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Il gene R

State tranquilli, nonostante questo titolo “scientifico”, in questo paragrafo non terremo una noiosissima lezione di genetica. Innanzitutto perché non ne siamo capaci ma, soprattutto, perché quella R sta per “Rivoluzione”, non per qualche fantomatico cromosoma nascosto nel nostro DNA. Già, ma perché proprio Rivoluzione? Perché l’indomito ed inarrestabile spirito rivoluzionario arde da generazioni nei corpi dei membri della famiglia Mason e, l’ultimo arrivato Darius, non nasconde affatto l’animo guerriero che i suoi avi gli hanno tramandato. Nonostante nel precedente capitolo il coraggioso Alec Mason abbia debellato la piaga che rispondeva al nome di EDF (Earth Defense Force), le disavventure per gli umani insediati su Marte non sono finite. Un folle predicatore di nome Adam Hale ha convinto un gruppo di pazzoidi nazionalisti a seguirlo nella sua crociata per riconquistare Marte che, secondo lui, appartiene agli unici e veri “abitanti”. Le cose prendono una brutta piega quando Hale e i suoi folli seguaci decidono di attaccare e distruggere il Terraformatore, il macchinario che mantiene stabile il clima nei territori abitati e che, in soldoni, permette la vita su Marte. Nonostante l’intervento della Red Faction e dell’intrepido Darius Mason, Hale riesce a distruggere il macchinario con un sottile stratagemma. Nonostante la sconfitta, il folle Hale viene dichiarato morto e gli abitanti delle colonie si rifugia sotto terra e cercano di ricostruire una vita il più normale possibile. La superficie, devastata da tempeste di proporzioni apocalittiche, rimane accessibile a pochi, incoscienti avventurieri. Anche Darius, dimessosi dal Red Faction dopo il fallimento della difesa del Terraformatore, si ricicla come tuttofare per gente poco raccomandabile. Purtroppo per lui, le sfortune non sembrano finire: durante quello che sembrava un semplice recupero di artefatti, Darius rompe un sigillo e libera delle creature tutt’altro che amichevoli che, in pochissimo tempo, mettono a ferro e fuoco gli avamposti sotterranei. Carico di sensi di colpa, l’ultimo discendente dei Mason si accolla la responsabilità del disastro e decide di farsi in quattro per salvare quanta più gente possibile e scoprire chi si cela dietro il complotto che lo ha manovrato e gli ha fatto liberare le terribili creature aliene. Un plot non eccessivamente complesso ma che riesce comunque a catturare i giocatori durante la sua breve durata, sebbene una maggiore caratterizzazione dei vari comprimari incontrati durante l’avventura non avrebbe nuociuto.

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Nulla si crea e nulla si distrugge… Non in Armageddon!

Per combattere orde di fameliche creature di taglia e poteri differenti, avremo bisogno di un arsenale di tutto rispetto e di poteri degni di una divinità. Oltre al canonico gameplay tipico dei vari third person shooter dove si utilizzano armi di diversa potenza e raggio d’azione, Red Faction Armageddon introduce poteri legati alle nanotecnologie; ma procediamo con ordine.
Come abbiamo già accennato, Armageddon è un TPS abbastanza classico: la telecamera posta sulla spalla del protagonista ci dona un’ottima visione sul terreno di battaglia e ci permette di muovere il mirino da nemico a nemico. La maggior parte delle creature aliene sono infatti dannatamente agili, saltano di parete in parete e sarebbero veramente impossibili da mettere sotto mira, non fosse per la funzione che permette di mettere al centro del mirino il bersaglio più vicino tramite la pressione del grilletto sinistro; al grilletto destro si spara, seguendo insomma lo schema dei controlli ormai rodato per gli sparatutto.

!==PB==!

Le armi sono divise in varie categorie: oltre agli immancabili fucili d’assalto, fucili a pompa, lanciarazzi e pistole di vario genere, troviamo armi futuristiche come laser disintegranti e fucili funzionanti solo su bersagli organici; c’è da dire, però, che il buon vecchio attacco corpo a corpo –attivabile premendo la levetta destra – rimane il modo più efficace di far male agli insetti alieni. Tutti questi gingilli sono ovviamente utilizzabili, assieme al devastante “martellone” da minatore, anche per demolire l’intero ambiente di gioco, molto interattivo come sempre.

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 Il titolo sfrutta l’estrema distruttibilità degli ambienti assegnandoci spesso e volentieri compiti come la demolizione di ponti e passaggi per rallentare l’invasione dei nemici. Potrebbe capitare, tuttavia, di distruggere nella qualche oggetto/passaggio vitale per il proseguimento mentre si è presi dalla foga della battaglia: come fare ad avanzare? Dovremo ricaricare, alquanto frustrati, il checkpoint precedente? La risposta è no, fortunatamente. Gli sviluppatori, infatti, ci hanno fornito un nuovo scintillante super potere: grazie a flussi di microscopiche componenti di nanotecnologia, saremo infatti in grado di riparare scale, postazioni per i potenziamenti e persino interi edifici. Questo potere potrà inoltre essere utilizzato dalla distanza grazie a delle particolari “granate riparatrici” che si otterranno più avanti nel gioco. Si tratta di un’abilità fondamentale, che oltre a livello “edilizio” si rende utile anche durante le fasi di combattimento: potremo emettere impulsi che scaraventano i nemici a debita distanza oppure potremo creare barriere in grado di proteggerci dal fuoco nemico, nel caso in cui dovessimo essere in difficoltà. Le abilità legate alle nanotecnologie potranno essere potenziate, insieme ad altre di varia fattura, nelle apposite stazioni di potenziamento: si potrà potenziare l’impulso, si potrà aumentare la salute o migliorare la mira e si potranno ridurre i danni subiti mentre si schiva. Ai livelli di difficoltà più elevati potenziare abilità come la salute e lo scudo si rivela a dir poco vitale! Le diverse tipologie di alieni donano invece un pizzico di tattica agli scontri: gran parte di loro si limita a saltare di parete in parete e sparare da debita distanza, ma alcuni colossi dotati di attacchi devastanti vi obbligheranno ad evitare lo scontro ravvicinato e cercare di demolirli da postazioni sicure. Alcuni di questi colossi compaiono inizialmente come boss fight, ma nelle fasi finali tornano a tormentarci nelle vesti di nemici normali, per la gioia di Darius.
Saranno presenti inoltre esoscheletri e veicoli equipaggiati con armi, per difenderci in modo adeguato durante le nostre visitine agli insetti: le sessioni a bordo dei veicoli sono un buon modo di aggiungere varietà ad un gameplay altrimenti lineare, privo dell’impostazione sandbox che aveva accompagnato Guerrilla. L’eccessiva linearità è forse una delle cause che portano il gioco a durare poco anche per gli standard del genere, nonostante questa scelta permetta di rimanere maggiormente coinvolti nelle vicende del titolo; se non vi metterete ad esplorare ogni angolo del gioco in cerca degli AudioLog o di risorse per sbloccare nuove abilità, potreste arrivare ai titoli di coda anche in sei ore, a difficoltà normale. Ovviamente un aumento del livello di sfida innalza a sua volta la durata, ma non si superano le otto ore complessive. Un po’ pochine, ma è pur sempre uno sparatutto, e viste in quest’ottica le la durata è praticamente standard.

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Ad allungare leggermente ill titolo ci pensa una modalità multiplayer denominata Infezione: si tratta di una modalità simile all’Orda di Gears of War, nella quale gruppi di massimo quattro giocatori si confrontano con ondate di nemici assetati di sangue, più potenti di ondata in ondata. Nonostante possa divertire a breve termine, il senso di già visto vi porterà ad abbandonare questa modalità dopo poche partite.

Beautiful monster

Tecnicamente Red Faction: Armageddon è un titolo davvero altalenante. Se da un lato troviamo delle sequenze in computer grafica davvero di ottima fattura e dei modelli di personaggi e alieni ampiamente sufficienti, i vertiginosi cali di frame rate a seguito delle esplosioni più concitate e delle texture davvero poco decorose portano l’ago della bilancia verso una valutazione negativa. Se aggiungiamo un design non proprio ispiratissimo che, soprattutto per i mostri, ricorda quello degli Akryd di Lost Planet, è facile capire come non sia la grafica il cavallo di battaglia di Armageddon. Il sonoro invece si perde nel mare della mediocrità, con brani scarsi sia in quantità che in bellezza; il doppiaggio in inglese non è male, soprattutto per Darius che sfoggia un’interpretazione carismatica. I sottotitoli curati aiutano a seguire l’evolversi della trama, permettendo anche ai giocatori non anglofoni di seguire l’evolversi delle vicende.

È tempo di distruzione!

Per rispondere alla domanda di inizio recensione, no, Armageddon non è la migliore opera ambientata sul pianeta rosso. E’ comunque un buon gioco che si discosta dal precedente episodio, maggiormente orientato al free roaming, in favore di una struttura lineare e meno dispersiva. La scelta potrebbe incontrare o meno il consenso dei giocatori, si tratta di una mera preferenza soggettiva. Non è un capitolo peggiore di Red Faction Guerrilla, è semplicemente diverso. Che sia arrivato il momento del giro di boa anche per questa saga? Ai posteri (e al sequel) l’ardua sentenza!