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Recensione di Mortal Kombat

Recensione di Mortal Kombat di Console Tribe

di: REdeiDESIDERI

Dopo anni ed anni di fallimenti tridimensionali (e spin off) ed una chiusura per bancarotta degli studios di Midway, pareva non ci fosse più un futuro per la storica serie di picchiaduro di Mortal Kombat. Nata quasi vent’anni fa dal sanguinario genio di Ed Boon, Mortal Kombat è probabilmente una delle saghe più lunghe e controverse di sempre. Pioniera nello sdoganare la violenza esplicita nei videogame, la serie di Raiden e compagni ha visto negli anni un progressivo decadimento, avviato a tutti gli effetti dall’era 3D cui, per tutta una serie di scelte sbagliate, la serie è riuscita a stare al passo solo in parte. Se capitoli come il recente MK Vs DC Universe o il più obsoleto Deadly Alliance sono stati, tutto sommato, delle piacevoli parentesi nella storia del brand, è evidente come negli anni la qualità della serie sia sempre stata incapace di creare quella meraviglia che scaturì nel giocare all’approcciarsi ai primi due storici capitoli. Se è vero che non siamo gente che vive nel passato (e che probabilmente oggi nessuno giocherebbe a Mortal Kombat II), è altrettanto vero che certe scelte non propriamente intelligenti (come quella di trasformare il gioco in un picchiaduro a scorrimento, o quella di eliminare le osannatissime fatality) hanno tanto snaturato il brand da trasformalo in un prodotto non solo infedele alle proprie origini, ma addirittura anacronistico se paragonato a quel che invece sapeva offrire l’illustre concorrenza del settore. Se le controversie ci sono sempre state sul piano concettuale per quei due o tre che ancora non ammettono che un videogame possa essere violento per il gusto di esserlo (“gore” direbbe qualcuno), sul piano pratico tali contrasti si sono poi sposati con scelte di mercato che invece di accontentare i fan hanno cercato di accaparrarne di nuovi, con il risultato di scontentare tanto chi conosceva il gioco, tanto chi lo aveva sempre relegato agli scaffali dei negozi. Ma Ed Boon è uno cocciuto, e con il suo pedigree può anche permetterselo, tant’è che alla chiusura di Midway, il talentuoso artista del pixel ha salvato quanto poteva del suo team ed ha messo su i NetherRealm Studios, proprio a voler mettere in chiaro che il suo non è un lavoro, ma una passione (il NetherRealm è uno dei reami immaginari del plot di Mortal Kombat), e che finché ci sarà un Ed Boon con due lire in tasca, allora ci sarà anche un Mortal Kombat da sviluppare. Archiviata la pratica fallimentare Midway, Boon e soci aprono i battenti del loro nuovo studio di sviluppo proprio con il nono capitolo della serie regolare di Mortal Kombat. Si dice che pagare dopo un errore serva a mettere la testa a posto, e noi ci crediamo, tant’è che con un inatteso colpo di spugna, Netherrealm Studios archivia tutto quello che era Mortal Kombat sino ad oggi e rilancia il brand in pompa magna! Non Mortal Kombat IX, ma Mortal Kombat e basta, così che anche nel titolo sia chiaro che questo è un nuovo punto di partenza tanto per la serie quanto per i giocatori. Basteranno passione e buona volontà a riportare in auge il picchiaduro violento per eccellenza? Non vediamo l’ora di scoprirlo.
Let’s FIGHT!

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Time Krisis

Attingendo a piene mani dal canovaccio imbastito dalla serie nel corso di anni ed anni di videogame, fumetti e film, NetherRealm Studios ha ben pensato di arricchire l’esperienza di gioco creando una trama ad hoc, realizzando in tal modo non solo un agevole recap/rewind per giocatori vecchi e nuovi, ma anche e soprattutto un ottimo pretesto per impostare una Modalità Storia che sappia in qualche modo differenziarsi dalla massa. Dopo aver fatto strage dei suoi nemici, Shao Khan è ormai prossimo a fondere una volta per tutte il reame della Terra al suo regno. Uccisi tutti i suoi nemici, si appresta ora ad eliminare anche Raiden, Dio del fulmine e protettore della Terra. Questi, ormai in balia degli eventi, ha però un’ultima disperata possibilità di salvare la Terra: mandare i suoi ricordi nel passato, al se stesso che si presentò nel nostro mondo ai tempi del primo Mortal Kombat. Il Raiden del futuro manda quindi a quello del passato una preziosa serie di vaticini che il Dio dovrà interpretare per cercare di sovvertire gli eventi di un futuro apparentemente già scritto. Se la cosa non brilla particolarmente per innovatività e creatività, e seppur è vero che la trama ed i dialoghi sono piuttosto fiacchi, dobbiamo ammettere con una certa gioia che la trovata degli sviluppatori di rivivere e riscrivere gli eventi di buona parte della serie ci è sembrata vincente. La Modalità Storia, infatti, non solo è una ricchissima possibilità del single player, quanto poi permette al giocatore (soprattutto ai neofiti della serie), di scoprire tutta una serie di chicche e retroscena che probabilmente i più si saranno persi tra un capitolo ed un altro. Perché Scorpion odia Sub-Zero? Chi è Noob Saibot? Cosa ha trasformato Cyrax, Sektor e Smoke in cyborg? Come si è formata la Deadly Alliance? Queste e tante altre domande andranno ad impreziosire una fitta rete di sotto trame che il giocatore potrà rivivere grazie ad un sistema dinamico ed intelligente che, anziché proporci il punto di vista di un solo personaggio, offrirà il punto di vista di molteplici lottatori, dandoci ad ogni capitolo il controllo di uno di essi. A guastare la festa di una modalità altrimenti perfetta solo due piccolezze, due attenzioni che avrebbero reso la “Storia” di Mortal Kombat ancora più memorabile: in primis non offrendo la possibilità di variare l’esperienza di gioco in qualche modo, la Modalità Storia è praticamente un viaggio senza ritorno. Niente da sbloccare (se non due obiettivi), nessun extra, nessuna possibilità di scelta. Nella sua solida linearità, lo Story Mode non permette divagazioni, e verrà pertanto completato ed archiviato li dov’è. A seguire riscontriamo la mancanza di tantissimi eventi e personaggi che hanno invece detto la loro nei capitoli più recenti del brand come Mortal Kombat: Armageddon. Personaggi fondamentali come Bo’ Rai Cho, Blaze, Fujin, Mavado e Frost non compaiono né nel plot, né tantomeno nei “ricordi” dei personaggi, tanto che alcuni non vengono nemmeno citati nei dialoghi tra i personaggi del gioco. Un doppio peccato! Non solo perché l’aggiunta di qualche capitolo in più avrebbe arricchito un’esperienza tutto sommato avvincente (della durata di sole sei ore circa), ma avrebbe dato uno sprint anche al roster che, seppur piacevolmente “tradizionale”, non è in grado di competere con i notevoli picchi raggiunti in passato, e questo senza dover neanche per forza citare il climax delle 64 presenze raggiunte in MK: Armageddon. Un incontro vinto a metà.

Mortal Kontents

Ma non di sola Story Mode vive il “kombattente” del nuovo millennio! Ed ecco dunque che oltre alla succitata modalità, NetherRealm ha ben pensato di imbastire tutta una serie di “kontenuti” buoni tanto da soddisfare l’esperienza in singolo quanto quella multigiocatore. A gioco avviato si rimane infatti sbalorditi dalla copiosa offerta di questo nuovo Kombattimento Mortale, modalità tanto al servizio del giocatore dell’ultima ora, tanto del fan che troverà su disco “robette” quali l’intramontabile modalità arcade, la sempreverde Krypta o l’ottima Torre delle Sfide. Una vera e propria abbondanza capace tanto di accontentare il giocatore dell’ultim’ora, tanto il fan della serie che non mancherà di cogliere (oltre che nella succitata Modalità Storia), tantissimi rimandi ai lustri del brand. E se della Storia abbiamo già detto, quel che offre questo Mortal Kombat non è certo finito. Ecco perché, pur rischiando di essere prolissi, dedicheremo ora qualche rigo a quanto di buono abbiamo potuto saggiare.

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Su tutto troviamo la Modalità Tutorial, che ci permetterà di familiarizzare sia con i comandi di base, sia con le combo e le special move. Modalità a parte è stata invece dedicata al tutorial per le fatality, in cui è possibile, a differenza del tutorial basilare, scegliere uno qualsiasi dei personaggi del roster per poterne saggiare le potenzialità. Se poi non bastasse, i provetti kombattenti potranno sbizzarrirsi attraverso la tipica Modalità Libera, con cui imparare a padroneggiare senza alcuna costrizione il proprio lottatore digitale. Una volta presa la mano con il gioco sarà l’ora delle mazzate, ed in questo Mortal Kombat ci darà di che sbizzarrirci grazie all’apprezzata Torre delle Sfide. Questa altro non è che una vero e proprio mix di diverse tipologie di sfide, alcune completamente fuori di testa (geniale il combattimento in cui Scorpion palesa il suo odio per gli orsetti di peluche), altri più votati al combattimento tecnico (combatti senza arti, combatti al buio, combatti e basta, e così via). Il bello è che sarà sempre il gioco a stabilire il personaggio da usare, così che da un lato le nostre conoscenze del roster andranno progressivamente ad ampliarsi, dall’altro aumenterà anche la difficoltà nell’approcciarsi a stili di gioco solo apparentemente sovrapponibili. A spezzare il ritmo delle combo ci pensano poi i celeberrimi “test” che, assieme alle fatality, hanno reso famoso il brand. Avremo quindi: Test della Forza, Test dell’Abilità, Test dei Riflessi e Test della Fortuna, nulla più che mini-giochi in cui con meccaniche essenziali ma divertenti, verremo di volta in volta messi alla prova in test progressivamente più difficili. E così per provare la forza dovremo rompere delle tavolette piuttosto che qualche tronco di legno (o qualche cranio umano) caricando un’apposita barra con la pressione forsennata dei tasti o, ancora, potremo mettere alla prova abilità, cosicché invece di un intero set di tavolette, mattonelle o chincaglierie varie dovremo distruggerne solo una, quella centrale, calibrando la barra con precisione millimetrica e schiacciando un grilletto al momento giusto. Il Test della Fortuna cambia invece completamente registro affidando alla sorte di diverse roulette i risvolti improbabili del nostro scontro grazie a dei veri e propri “modificatori” che potranno influire tanto sulle prestazioni del nostro personaggio quanto dell’avversario (anche questi scelti ovviamente a caso dalle stesse slot machine). Con il Test di Riflessi, infine, parteciperemo ad una macabra versione del gioco delle campane (o delle “tre carte” se preferite) in cui, tuttavia, alle succitate campane faranno spazio crani o teschi, pieni di cervella o occhi. Ognuno dei test godrà infine di dieci livelli di difficoltà che potrete saggiare in maniera progressiva all’interno della Torre, o in maniera spontanea all’interno della modalità arcade. Inutile dire che all’aumentare del livello di difficoltà aumenteranno le tavole da spaccare, la velocità dei teschi da svelare o il numero di slot machine che influirà sulla nostra sorte. Insomma, di cose da fare ce ne sono a iosa in questo Mortal Kombat, senza contare le ovvie possibilità di concludere l’arcade con qualsiasi personaggio, nonché la gradevole introduzione dell’arcade di coppia in cui un tag team di due personaggi potrà darsi man forte nella scalata al trono di Shao Khan.

!==PB==!
LiKe a gravedigger

Prima di lasciarci alle gioie ed ai dolori (FATALITY!) del kombat system, ci pare doveroso concludere il capitolo sui contenuti spendendo qualche rigo per l’apprezzatissimo duo Kripta & Nekropoli. Prima che ci scambiate per degli addetti al servizio tumulazioni di Console-Tribe (e di conseguenza “grattarvi”, ndr.), lasciateci spiegare di cosa stiamo parlando. Come per ogni buon capitolo della serie, anche questo Mortal Kombat è ricchissimo di contenuti sbloccabili. Parliamo di un calderone impressionante di oggetti fatto di fatality extra, kostumi, bozzetti, immagini e chi più ne ha più ne metta. Questi, visto che della mente di Ed Boon si parla, non vi verranno offerti sotto forma di ricompense sbloccabili nel corso del gioco, quanto piuttosto attraverso ben quattro aree ghermite di tombe, cadaveri, strumenti di torture ed amenità varie. Pagando un certo dazio economico di “koins”, monete ottenibili praticamente ad ogni attività, sia essa uno scontro, un arcade, un livello della Torre, ecc. verremo ricompensati con uno dei numerosi contenuti bonus presenti nel gioco, che poi potremo controllare con comodo nella succitata Nekropoli, un immenso salone in cui i personaggi, i bozzetti e quant’altro possiate sbloccare saranno pronti a fare bella mostra di sé.

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Bone BreaKer!

E visto che abbiamo appena parlato della modalità arcade in tag team, veniamo al cuore del gioco, ossia il suo rinnovato e ridisegnato sistema di kombattimento (tutte queste k mi danno alla testa, ndr). La possibilità di affrontare scontri in coppia è infatti la grande novità della serie e permette, oltre che di allungare il brodo (sanguinaccio?!) di ogni scontro, anche di inanellare tutta una serie di combo studiate ad hoc per cambiare personaggio al volo dando, nel frattempo, anche due martellate nei denti dell’avversario. Facendo poi il verso a tanti concorrenti del settore (Street Fighter su tutti), è stata introdotta una barra speciale divisa in tre settori grazie al quale accedere a diverse mosse extra. Essa si riempirà tanto dando colpi quanto subendoli, ed in proporzione del danno effettuato o ricevuto. Riempiendo la prima parte dell’indicatore avremo quindi la possibilità di utilizzare una delle tecniche speciali del nostro personaggio in versione potenziata facendo largo a colpi dalla potenza e dalla portata generalmente raddoppiata o a vere e proprie nuove mosse, oltre che alla possibilità di far sì che il nostro compagno (se stiamo eventualmente giocando in tag), si agganci ad una nostra combo direttamente con una mossa tag potenziata con tutti gli ovvi effetti sul nostro avversario. Al secondo terzo caricato si potrà optare per una delle ormai celebri Combo Breaker, ossia quelle mosse che danno la possibilità al nostro personaggio di divincolarsi da una combo avversaria grazie ad un poderoso sganassone, sovvertendo le sorti dell’incontro. Non parliamo ovviamente di una tecnica di attivazione automatica, ma di un comando da dover comunque inserire con il giusto tempismo, certamente lontano dai tecnicismi alla Street Fighter, ma non per questo scontato. Ovviamente sia le mosse potenziate che le Combo Breaker consumeranno un apposito settore del nostro indicatore, lasciando all’abilità del giocatore tutti gli ovvi risvolti tecnici dovuti al dover, o meno, razionare i propri colpi migliori; questo anche, e soprattutto, in virtù degli effetti che si possono scaturire al riempirsi della succitata barra che, una volta piena, ci permetterà di liberare la violenta bellezza di un Colpo X-Ray. Di che stiamo parlando? Di nulla più che una mossa estremamente potente (dal 25 al 55 percento dell’energia totale tolta all’avversario a seconda del personaggio selezionato!) eseguibile tramite la pressione di entrambi i grilletti del pad. Agganciato l’avversario con la X-Ray, il nostro personaggio si destreggerà in una serie di mosse pre-calcolate estremamente efficaci in cui ogni colpo restituirà l’effetto di una vera e propria scansione a raggi X grazie al quale, potremmo ammirare gli effetti dei nostri colpi sugli organi e le ossa del nostro sfortunato antagonista. Ne viene da sé che mosse simili necessitano del giusto bilanciamento, ed ecco perché non solo esse sono in gran parte bloccabili o schivabili – basta infatti scansare o parare uno dei colpi “di aggancio” perché esse vadano a vuoto – quanto poi alcune sono efficaci solo dalla distanza, altre solo nel pieno del corpo a corpo, altre ancora addirittura solo in virtù di counter, tanto che imparare a padroneggiarle tutte sarà questione di pratica… tanta pratica!

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Old SKhool!

Abbiamo parlato del nuovo, ora parliamo del vecchio. Escluso quanto detto pocanzi, infatti, Mortal Kombat fa terra bruciata delle introduzioni fatte al fighting system nel corso degli ultimi anni per un netto ritorno alle sue origini bidimensionali. Spazio dunque al tipico sistema a sei tasti che prevederà due pugni e due calci assegnati ai front button, ed i tasti dorsali destri adibiti a proiezioni (R1), parata ed attivazione di mosse speciali (R2). Se ad una prima occhiata la cosa vi sembra estremamente semplice beh… ci avete preso in pieno perché seppur riservandosi un posto anche nel cuore degli utenti più “duri”, il sistema di combattimento, e dunque di controllo, di questo Mortal Kombat si rivela tanto semplice quanto efficace ed appagante. Premesso un minimo di dimestichezza con il genere, tutti possono imparare le basi del gioco ed impratichirsi tanto da diventare competitivi. Il titolo NetherRealm in tal senso è un vero e proprio successo, sapendo sapientemente attingere a meccaniche prese di peso dal passato, e per l’occasione solo marginalmente rispolverate. Ne viene da se che con tanta semplicità c’è poco spazio per il tecnicismo ostentato da concorrenti illustri come Street Fighter, tuttavia le basi ci sono e funzionano e Mortal Kombat si dimostra, nel suo personalissimo stile, come un divertimento solido cui non mancherà un minimo di dedizione. Certo è che seppur appagante, il risultato è comunque in parte incapace di stare al passo con i tempi, dimostrando, su tutto, una legnosità dei controlli (soprattutto nelle esecuzioni più concitate), che produzioni come quelle di Capcom troverebbero discutibili e, forse, addirittura obsolete. Ora, risolviamo una volta per tutte il dilemma: l’anacronismo di questo Mortal Kombat è vero o no? Ci piace o non ci piace? Il punto della questione è tutto dato dall’approccio. Chi guarda al genere con l’occhio tecnico del professionista probabilmente troverà il lavoro di NetherRealm inconsistente e povero. Certo ci sono i dash, le combo lunghissime, le fatality e persino sessioni di juggling, eppure il prodotto è ancora ancorato ad un’anima squisitamente arcade, tanto che al confronto farebbe impallidire persino il “tamarrissimo” Tekken di Namco. Agli smanettoni di Street Fighter, insomma, Mortal Kombat potrebbe sembrare un ninnolo e nulla di più, buono per chi vuole letteralmente spaccare il c**o al proprio avversario a suon di fatality e nient’altro. Se invece siete giocatori meno ancorati al picchiaduro tecnico all’ultimo frame, e cercate un titolo comunque solido e divertente, il combat system di Mortal Kombat fa al caso vostro perché nella sua semplicità il sistema di gioco è capace di calamitare l’attenzione del giocatore su console così come eoni fa ne furono capaci i cabinati di Midway.

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Mortal TeKniK

Teknikamente parlando, il prodotto di Boon e soci si presenta all’altezza del ritorno del brand sebbene, purtroppo, la produzione non manchi di alcune pecche che si potevano decisamente evitare. Su tutto svettano i modelli poligonali dei personaggi, curatissimi in ogni dettaglio, ottimamente animati, e decisamente convincenti in ogni loro parte, sia essa l’esecuzione o la concatenazione delle combo, sia la mimica gestuale e facciale, capace di far trasparire più che adeguatamente il loro carattere. Certo, alcune animazioni non sono decisamente al passo con i tempi, tuttavia è evidente come talune scelte siano state fatte più per ricalcare il feeling originale della serie (avete presente il calcio volante con la gambina tesa verso il basso? Ecco, appunto), più che per negligenza del team di sviluppo. Certo è che in alcuni frangenti alcune combo sembrano manchevoli di qualche frame di collegamento che possa rendere il tutto più fluido, ma l’effetto generale è molto buono e probabilmente impercettibile al più dei giocatori. Decisamente buoni anche gli stage che, similmente ai personaggi, sono ricchissimi di dettagli ed ottimamente animati. Molti di essi, inoltre, sono presi di peso dal glorioso passato della serie, tra cui il celeberrimo “The Pit”, sul cui sfondo si sfidano di volta in volta personaggi celebri non presenti nel roster come Frost, Kenshi, Reiko e Sareena, e parliamo del meno perché praticamente ogni stage nasconde una chicca, un rimando o un richiamo ai passati Mortal Kombat. Aggiungete al gourmet (di frattaglie) anche un’ottima texturizzazione, ed una gestione degli shader e dell’illuminazione impeccabile e capirete come, tutto sommato, Mortal Kombat sia una piccola gioia per gli occhi. NetherRealm ha inoltre rincalzato la dose con la possibilità di eseguire le celebri fatality ambientali (alcune delle quali di inaudita bellezza e violenza), nonché un sistema pre-calcolato di danni che proietterà sul corpo dei personaggi a schermo tagli, macchie di sangue, lussature, squarci su pelle e vestiti e così via. Buone anche le cut-scene presenti in gran quantità all’interno della Modalità Storia. Queste, girate interamente con il motore del gioco, sono degnamente animate, seppur a scapito della perdita di qualche dettaglio, ed hanno soprattutto il pregio di legarsi, senza praticamente alcun caricamento, all’azione degli scontri. Ottimo lavoro anche per la Modalità Arcade dove in virtù delle cut-scene di cui sopra, troviamo invece delle splendide tavole animate in stile motion comic. Disegnate e colorate con uno stile pulito ma calzante, rappresentano una chicca che, seppur minimamente, riesce ad impreziosire una modalità che, in virtù dello Story Mode, poteva anche non presentare orpelli, e che quindi proprio per questo merita una menzione d’onore sul profilo tecnico. Peccato che acusticamente parlando il lavoro fatto non sia all’altezza dell’ottimo riscontro grafico. Salvo alcuni temi celebri, ed una campionatura degli effetti tutto sommato buona, e capace di restituire più che degnamente la violenza dei colpi, tutto il resto è noia, e se non è noia fa semplicemente ribrezzo. Parliamo in questo caso del doppiaggio italiano, probabilmente il peggiore mai realizzato in tanti anni di videogame. Quest’ultimo non solo si divide il lavoro con quello inglese presente unicamente negli scontri (ed è un bene che ci sia stato questo “lavoro a metà”!), quanto poi il risultato ottenuto dai doppiatori è un qualcosa che non ci si aspetterebbe neanche di ascoltare sul canale più ignobile di chissà quale TV locale. La qualità è talmente infima da far rimpiangere il doppiaggio originale, e da farci venir la voglia di giocare senza audio, e badate bene che non è un’esagerazione! Ascoltate la voce del povero Johnny Cage e ci direte! Aggiungete a questo freak show acustico anche un lavoro di sincrono labiale fatto davvero con i piedi e capirete quanta tristezza possa esserci in un lavoro che, visti i risultati, pare quasi amatoriale… Quasi.

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Fatality o Babality?

Cos’è dunque Mortal Kombat IX? È innanzitutto una dichiarazione d’amore. Una dichiarazione fatta da Ed Boon tanto alla sua serie, quanto ai suoi fan. Ogni sfaccettatura del prodotto NetherRealm ha infatti ragion d’essere in virtù dell’ostentato nugolo di fan che ama e gioca la serie di Boon e che, pertanto, non verranno delusi. Mortal Kombat infatti non è solo un ottimo titolo, ma è un ancora migliore prodotto di uno sfegatato fan service i cui contenuti e le cui citazioni sapranno tuttavia farsi amare anche dai neofiti della saga. Per tutto il resto parliamo di quello che tutti i fan hanno sempre chiesto: un reboot bidimensionale per questo prezioso tassello di storia del videogame. Un rilancio per la serie che non fosse contaminato da nulla più che dallo stile delle origini. Un picchiaduro old school bidimensionale sporco di sangue ed interiora, che non può ambire al trono detenuto da Street Fighter e compagni, ma che può, nella sua semplicità ed immediatezza, dire comunque la sua all’interno del rinnovato mercato dei picchiaduro. Un lavoro accattivante e schietto, confezionato con passione ed arte e che, proprio per questo, merita di essere quantomeno provato. Una fatality praticamente garantita per ogni fan della saga!

“Flawless victory!”