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Recensione Recensione di Michael Phelps: Push The Limit

Recensione di Michael Phelps: Push The Limit di Console Tribe

di: Redazione

Le simulazioni sportive sono diventate ormai un must del mercato del videogioco: molte di queste escono puntualmente ogni anno, altre vengono invece trattate più sporadicamente ma sempre con una certa frequenza. Ci sono però degli sport che, vuoi perché magari si prestano poco al medium, vuoi perché meno interessanti per il grande pubblico, compaiono di rado nelle nostre console. Uno di questi è sicuramente il nuoto. Sono i ragazzi di Blitz Games a porvi rimedio sviluppando Michael Phelps: Push the Limit per Kinect, distribuito da 505 Games.





In acqua!



Michael Phelps non ha certo bisogno di presentazioni: campione incontrastato in diversi stili e detentore del record per il maggior numero di medaglie vinte nella stessa olimpiade, ha riportato l’attenzione dei media e dei fan verso il mondo spesso ignorato del nuoto.

Il titolo, che prende il nome dall’atleta, ci spiega sin da subito che ci sarà da faticare parecchio con una schermata introduttiva di avvertimento dai toni quasi minacciosi, oltrepassata la quale troviamo le prime opzioni di gioco che si dividono in carriera, singolo e multiplayer.



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Un video-tutorial si presenta automaticamente la prima volta che approcceremo una qualunque delle modalità spiegandoci come interagire con il sistema di controllo.

Ogni gara si divide in un massimo di sette momenti fondamentali. Il primo, subito dopo la presentazione dell’atleta, è quello dedicato all’incitamento del pubblico: in questa sezione muoviamo le braccia per aumentare il tifo dei fan e scaldarci in preparazione della stessa esibizione, in caso di risultato ottimale possiamo guadagnare un bonus del 10% sulla resistenza del nostro atleta. Subito dopo ci prepariamo per il tuffo: dopo esserci messi in posizione curva, ci alziamo al momento dello sparo tenendo le mani in avanti, velocità di esecuzione e angolazione delle braccia determinano la qualità dell’immersione. Possiamo quindi iniziare con le bracciate che vanno eseguite rispettando un timing preciso, indicato da un bip pulsante; un ritmo perfetto ci fa guadagnare dei punti nella barra “supera il limite”; muoversi troppo velocemente invece vuol dire sprecare inutilmente energie preziose mentre una bracciata blanda ci fa perdere terreno nei confronti degli avversari. Arriviamo quindi alla fase della virata, disponibile solo dal secondo anno della stagione, dove il gioco va in bullet-time per mostrarci il movimento del nuotatore che, al momento della spinta contro il muretto, riempie un indicatore; ovviamente è nostro compito cercare di fermare la barra graduata al massimo della sua corsa muovendo la mano in avanti. Nella sezione successiva, presente solo in caso di gara superiore ai 100 metri, abbandoniamo momentaneamente la bracciata per inseguire con le mani delle icone a schermo che ci permettono di continuare a nuotare velocemente. Naturalmente ci saranno anche simboli da evitare che, se premuti per errore, ci faranno rallentare. Nel finale, dopo l’ultima virata, ci ritroviamo a nuotare ancora fino a metà vasca dove si aziona automaticamente il “supera il limite”: è in questo momento che diamo fondo alla barra di energia guadagnata con le bracciate a ritmo e agli ultimi scampoli della nostra resistenza fisica, nuotando il più velocemente possibile. Si finisce la gara con un allungo, a qualche metro dal muretto finale, che ci richiede appunto di allungare letteralmente entrambe le braccia davanti al corpo.

Durante la competizione ci sono inoltre dei momenti in cui possiamo gridare “boost” per offrire una leggera spinta in avanti al nostro alter-ego, peccato che il rilevamento vocale sia abbastanza inaffidabile e molto spesso fallisca nel recuperare le nostre stanche urla.



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La dura vita del nuotatore



La carriera inizia con la creazione del nostro avatar: il livello di personalizzazione prevede diversi tipi di etnia e fisionomie oltre a svariati modelli di costumi e cuffie. Peccato che l’intera selezione sia riservata all’utilizzo esclusivo del Kinect, e le schermate poco intuitive e non ottimizzate rendono di fatto l’intero compito di creazione più un lavoro tedioso che un divertimento.

Le diverse stagioni si presentano come una scacchiera di caselle esagonali, ognuna delle quali ospita un evento particolare, sbloccato il quale possiamo proseguire alle caselle adiacenti. Si considera una stagione finita quando siamo riusciti ad arrivare nella parte destra del tabellone, indipendentemente dal numero di gare effettuate. L’uso degli esagoni si rivela quindi un ottimo espediente per consentire all’utente una scelta più varia e per aggirare eventi che magari si trovano più ostici, ovviamente non mancano percorsi forzati per introdurre il giocatore a nuovi stili o a gare particolari.

Il piazzamento o la vittoria a fine gara ci permettono di distribuire un tot di punti nelle statistiche del nostro nuotatore, in modo da potenziare le sue caratteristiche principali.

A fine stagione si concorre per le gare annuali: per ognuno dei quattro stili presenti (crawl, rana, dorso, delfino/farfalla) sono disponibili le qualificazioni e, in caso di successo, le finali. A differenza della stagione queste gare non sono replicabili, quindi dobbiamo scegliere con cautela le nostre specialità. Il tutto si ripete per un massimo di tre stagioni dalla difficoltà crescente.

L’interazione con il Kinect è buona: i movimenti sono ben recepiti e riprodotti a schermo e tutti gli stili sono riconosciuti in base ai loro movimenti caratteristici; visto l’impegno che richiede il titolo nella parte superiore del corpo è stata una buona idea anche quella di escludere le gambe dal rilevamento, probabilmente avrebbero confuso troppo il giocatore.

Il tutto è accompagnato da un reparto grafico modesto ma non insufficiente, soprattutto per gli standard a cui ci hanno abituato i precedenti lavori per la stessa periferica: i nuotatori sono ben modellati e abbastanza realistici e le arene sono ben disegnate e caratteristiche, di contro vediamo poche differenze tra i vari personaggi e un numero abbastanza esiguo di arene e pubblico. Il sonoro, che passa abbastanza in secondo piano, propone le stesse musiche a ripetizione e effetti nella norma.



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C’è la possibilità di giocare in multiplayer locale o in Live ma sicuramente non vi sembrerà strano sapere che online il gioco non è affatto popolato, per non dire che ci troviamo in pieno deserto.

Il più grande problema di Michael Phelps: Push The Limit è però l’estrema ripetitività che funesta il gameplay, troppo monotono e simile a sé stesso. Le gare, quasi tutte di breve durata, dopo aver introdotto i vari stili non hanno più niente da offrire e, fatta eccezione per qualche modalità bonus che si focalizza su determinate parti della gara (ad esempio i tuffi), annoiano presto e facilmente. Va menzionato inoltre il fatto che il titolo è uno dei più stancanti che ci sia mai capitato di provare per la periferica Microsoft, limitando di fatto la fruizione a poche partite per sessione o a una lunga serie di muscoli doloranti.

Avrete notato inoltre come non si sia parlato affatto del testimonial che dà il nome al gioco: l’uso che si fa di Michael Phelps è infatti puramente accessorio e a volte quasi inutile, relegato a qualche evento in-game dove saremo costretti a subire la potenza delle sue braccia.





Attenti a non affogare



Michael Phelps: Push the Limit non è una simulazione: anche se i movimenti sono molto vicini a quelli dei nuotatori non fa niente per istruirci o correggerci, senza contare che difficilmente possiamo paragonare le bracciate fatte in piedi nel salotto con quelle eseguite in una piscina. Allo stesso tempo non è neanche un party game visto che non riesce a dare quell’intrattenimento immediato e rapido che ci aspetteremmo dal genere.

Questo gioco è forse la risposta più evidente alla carenza di titoli dedicati esclusivamente al mondo del nuoto: uno sport che per il momento rimane ancora interessante e divertente solo dentro la piscina.