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Recensione di Lair

Recensione di Lair di Console Tribe

di: Redazione

Non si vende la pelle di rettile prima di averci giocato



Molto prima della sua uscita LAIR è stato al centro di vivacissime polemiche, voci di corridoio e clamorosi dietro-front.

Messo in campo come uno dei più forti alfieri dell’attacco a Microsoft,
con un supporto di filmati, dati per in-game da urlo e la promessa di
un sixaxis trasformato in briglie per draghi, LAIR ha infiammato gli
animi della comunità videoludica per mesi.

Non c’era filmato di presentazione prodotto da Sony che non lo includesse con orgoglio.

A chi derideva PS3 per i primi ridicoli giochi, veniva fieramente risposto “LAIR!!!”.

Sulle sue ali di rettile doveva volare altissima la Playstation 3,
forte di una giocabilità mai vista e di una grafica da filmone fantasy
multimiliardario.

Si favoleggiava di furiosi scontri cavallereschi in groppa a un drago
sullo sfondo plumbeo di un medioevo fantastico che non c’è mai stato.
Arriverà LAIR e non ce ne sarà per nessuno, si diceva.



Ma, via via che la data di uscita si avvicinava, chi aveva avuto la
possibilità di toccarlo con mano si faceva portavoce di una triste
realtà: “LAIR E’ INGIOCABILE, i filmati scattano e graficamente non è
gran che”. Da altre parti, di contro, arrivavano difese appassionate:
“Graficamente è bellissimo, il controller funziona una meraviglia …e
poi scusate che ne sapete? Avete mai cavalcato un drago?”.



E’ tempo di schierarci e di dire la nostra. E’ tempo di decidere su quale piatto della bilancia mettere la nostra pietra lavica.



La storia infuocata



La trama che si dipana durante il gioco, questo va detto, è davvero degna di una premiere hollywoodiana.

C’è dentro tutto quello che ci si può aspettare da un fantasy adulto
degli ultimi anni: due regni in lotta divisi dalla religione, cavalieri
coraggiosi e meschini traditori, eserciti immensi che si scontrano
senza pietà. La posta in gioco: Il dominio dei cieli, e quindi del
mondo.

Voi siete Rohn, uno dei cavalieri devastatori del regno di Asilya,
l’ultimo baluardo di scienza e cultura in un mondo ormai perduto nelle
tenebre.

Sul dorso di un immenso drago avete il compito di fronteggiare gli
attacchi della gente del Nord, proveniente da quel regno di Mokai
arroccato tra vulcani e freddi ghiacciai che vorrebbe spazzare via la
vostra civiltà e derubarvi delle preziose risorse.

Ma non saremmo onesti a dire che tutto si risolve con il classico “Noi
siamo i buoni e loro sono i cattivi, dobbiamo distruggerli e non ci
interessa sapere altro”. La storia infatti è ben più complessa, ricca e
articolata, e piano piano i vostri eroici atti bellici portano in luce
una fabula per nulla banale e impreziosita da colpi di scena e dialoghi
ben recitati , seppur con tutti i crismi e i luoghi comuni delle storie
di guerra.



La varie missioni che vi accompagnano verso l’inevitabile scontro
finale sono esattamente del tipo che ci si potrebbe aspettare da un
Ace-Combat ambientato in un mondo dove l’aviazione è rappresentata da
cavalieri corazzati che guidano draghi invece di F-14 e grandissime
mante volanti che fanno la parte dei tornado bombardieri; ci sono
missioni di attacco e di scorta, di incursioni lampo notturne e altre
di difesa disperata ad obbiettivi “Pearl Harbour-like”.

L’arma preferita del vostro drago è il suo alito di fuoco, ma non si fa
scrupolo di artigliare o colpire violentemente con la coda i nemici a
terra o sportellare lateralmente gli avversari in volo.

Ma in tempo di guerra nessuno può stare comodamente seduto e in certe
occasioni il prode Rohn sarà costretto a stunt degni di James Bond o
dello Juta di Point Break, lanciandosi in free fall sul drago
avversario sottostante per risolvere la questione a colpi di mazza
ferrata, per poi essere recuperato in volo dal fedele rettile volante.



Oltre che con cavalieri e relativi draghi nemici di diversa razza e
pericolosità, nel corso della storia ve la vedrete (bruttissima) con
immense macchine belliche, mostri più o meno giganti e plotoni di fanti
da spazzare via come fastidiose formiche sulla tovaglia del pic nic.

Sarà meglio che vi troviate una posizione comoda sul dragone, perchè
per tutta la durata del conflitto non scenderete mai da là sopra.



Quando il gioco si fa duro i draghi cominciano a giocare



Va bene, basta chiacchiere. Vogliamo volare.

Un veloce briefing ci spiega chi siamo e cosa stiamo facendo a cavallo di un drago, poi flettiamo i muscoli e siamo nel vuoto.



La prima lezione di guida draghesca la faremo seguendo il comandante in
una serpentina aerea cercando di passare dentro alcune grosse ruote
sospese.

In pochi secondi siamo già padroni del sixaxis e avremo già capito
quanto e come inclinarlo per far compiere al drago ampie virate
all’inseguimento dell’istruttore che ci precede. E’ un gioco da
ragazzi, chi ha detto che i controlli erano imprecisi?

Sembra di essere tornati a quando imparavamo le curve a spazzaneve
attorniando i bastoncini piantati per terra… Nessun problema. Se
perdiamo il controllo del drago con la vista in terza persona possiamo
passare facilmente ad una comodissima soggettiva che permette di essere
molto più precisi nelle manovre. Il panorama che si gode da lassù poi è
quasi irreale: castelli gotici persi tra le nebbie, montagne innevate e
praterie immense che si perdono lontanissime affiancate dal mare
battuto dal sole. Il nostro drago inoltre è una bestia bellissima,
enorme e minaccioso come ce lo aspettavamo, con squame e ali di rettile
rese alla perfezione, si libra in cielo con la leggerezza di Ambeta.



Tutta qua la difficoltà? Oh ragazzi, noi abbiamo guidato palle di
cannone e frecce velocissime contro l’invasore Bohan in Heavenly Sword,
questo draghetto lo comandiamo con un dito.

E’ quasi con rammarico che completiamo la lezione introduttiva, e
subito ci prude il cavallo delle gambe impazienti di misurarci in un
vero combattimento. Dopo tutto siamo lì per combattere, non per diporto.



Sarà purtroppo con la prima missione di guerra che si romperà l’incanto.



Ci sono delle navi da incendiare. Bene, finalmente si fa sul serio.

Sullo sfondo di una baia luccicante sotto il sole di mezzogiorno ci
fiondiamo in picchiata sui malcapitati barconi (così belli che dispiace
anche affondarli) e facilmente ne abbiamo ragione. Il sixaxis fa
ottimamente il suo dovere, con lente e decise inclinazioni il nostro
drago esegue perfette veroniche a volo radente contro i bersagli,
presto dati alle fiamme. Stranamente però, per quanto noi non siamo
ancora troppo pratici con il sistema di orientamento e talvolta ci
sembra di svolazzare a vuoto, i barconi sono sempre a tiro, non ci
allontaniamo mai troppo. Strano.

Arrivano i draghi nemici, un’ottima occasione per provare le nostre
doti di dodge-fighter dragoniani. Siamo molto carichi di adrenalina per
i favolosi duelli aerei che già pregustiamo, ignari che insieme ai
draghi stanno arrivando in volo le prime magagne.



I combattimenti aerei si risolvono in varie maniere: il più delle volte
possiamo bersagliare da lontano i nemici con i nostri proiettili di
fuoco, oppure è possibile agganciarli, premendo i due grilletti
laterali del sixaxis, per caricarli usando il drago come una palla di
cannone. In certe occasioni, premendo il tasto – triangolo -, partirà
un mini gioco che simula un combattimento corpo a corpo dove vanno
premuti i vari tasti per artigliare, sputare fuoco, azzannare etc. Per
finire, secondo la moda degli ultimi tempi, certi combattimenti
-specialmente con i boss di fine livello- saranno svolti attraverso i
famigerati Quick Time Events, ovvero la rapida pressione di un preciso
tasto del controller indicato a video in un determinato momento del
gioco che fa partire una animazione ottenuta con il motore del gioco.



Cosa c’è che non va?

Innanzitutto facciamo grande fatica a distinguere i draghi nemici dai
draghi cavalcati dai nostri compagni, solo dopo averci fatto l’occhio
notiamo delle sottili differenze, ma soltanto osservandoli da breve
distanza. Nel frattempo avremo premuto freneticamente il tasto che
permette al drago di sbattere le ali per raggiungerli.

Eh già, perchè se ci limitiamo a inclinare il controller il drago
plana, ma per farlo volare c’è bisogno di pompare sul tasto
ritmicamente, e visto che il bestione si sposta ad una lentezza
pachidermica avremo modo di farci venire il callo.

I combattimenti che si svolgono attraverso il mini gioco del “premi il
pulsante e spera” poi sono estremamente puerili e poco divertenti: si
tratta di premere pulsanti quasi a caso e vedersi ogni volta le solite
animazioni, per non parlare dei Quick Time Events dove il nostro
intervento è sporadico e di nuovo l’animazione offerta non cambia a
seconda della situazione.

Anche se la loro AI non è delle più scaltre e sembrano accorgrrsi di
noi solo quando li attacchiamo, i dodge-fight con i nemici potrebbero
essere divertenti: alla fine di ogni round veniamo premiati con varie
medaglie che sbloccano delle combo utilizzabili negli scontri, ma
purtroppo il sistema di controllo permette di attaccare il nemico solo
frontalmente: niente turbinosi duelli aerei, niente finte, loop
rovesciati o micidiali avvitamenti d’attacco. Il nostro barone rosso è
divertente da guidare solo come un aliante, sbattendo le ali e
lasciandosi scivolare in aria con larghe curve per cambiare direzione,
ma assolutamente troppo poco agile per azioni marziali più frenetiche.
L’unico caso in cui ci sentiamo davvero potenti cavalieri di drago è
quando possiamo scendere in picchiata sui nemici a terra per
massacrarli a colpi di coda e zanne (nel caso dei poveri fanti) oppure
ghermirli con gli artigli (nel caso di minotauri da combattimento o
altre creature e attrezzature da guerra terrestri).



Si potrebbe obiettare che in fin dei conti stiamo comunque parlando di
un bestione preistorico dotato di ali e non di un modernissimo caccia a
reazione e flap ad assetto variabile, e aspettarsi la stessa risposta
ai comandi è ingenuo come voler mangiare una ottima cotoletta alla
milanese in una tenda beduina in mezzo al Sahara. Dopotutto giocando ai
primi Call of Duty nessuno si è lamentato di non avere mirini laser e
occhiali infrarossi.

Siamo d’accordo, ma se il fine ultimo del gioco deve essere il
divertimento restare frustrati perchè il nostro drago non combatte come
vorremmo non è bello.



Nella concitazione del combattimento poi accade spesso di scattare in
alto o in basso il controller che interpreterà il vostro gesto come una
virata secca e in un baleno vi ritrovate girati di 180 gradi perdendo
il nemico, o peggio finendo uccisi. Purtroppo a nulla servirà farci la
mano: questi problemi e malintesi con il sixaxis li avremo sempre.



E il peggio deve ancora venire…



Le prime volte che sovrasterete le meravigliose terre di LAIR vi
scintilleranno gli occhi pregustando il momento per esplorarle volando
rasoterra sotto quel bellissimo ponte romano, affiancando quella
montagna ghiacciata dove vi pare di scorgere delle casette o girando
intorno al monastero diroccato che svetta sulla collina alla fine del
sentiero pietroso… Peccato che, proprio come ad Hollywood, siano solo
fondali!

Continuando a volare infatti vi renderete conto che non vi state
librando in un cielo infinito, ma praticamente siete racchiusi in una
scatola dipinta e nemmeno tanto grande. Questo è un puro autogol in un
titolo giocato sul volo, che dovrebbe essere sinonimo di libertà di
manovra e ampi spazi.

La fly-zone è invece estremamente limitata alla zona calda dell’azione
e chi proverà ad allontanarsi troppo sarà riportato indietro con una
virata automatica del drago. Questo, se da un lato impedisce a
giocatori inesperti di disperdersi nelle nebbie, dall’altro mette
bruscamente fine alla sospensione di credibilità del giocatore.

Non ci crediamo più che siamo alla guida di un drago nel cielo immenso
perchè ad un certo punto ( molto presto ) arriva il programmatore a
ricordarci che questo è un videogame e per mancanza di spazio e memoria
è stato costretto a mettere degli evidenti limiti alla nostra sete di
nuovi orizzonti.

Le terre di Oblivion sono un’altra cosa.



L’asso del dragone



Tecnicamente parlando LAIR riguadagna molti dei punti perduti nella giocabilità.

I modelli sono costruiti benissimo con una cura maniacale per i
dettagli: castelli merlati con guglie e ponti levatoi, paesaggi marini
con insenature e scogli e campagne rigogliose. Abbiamo capito che
moltissimo è come parte di un set, ma se distraendoci non ci facessimo
caso sembrerebbe davvero di essere in un mondo fantastico
iperrealistico del XII secolo.

Non ci sono rallentamenti degni di nota, benchè in certi frangenti si
muovano su schermo centinaia di personaggi tra draghi, fanti e macchine
da guerra, e talvolta a tutto questo si aggiungano esplosioni e nuvole
di fumo oscillanti al vento. Tutto regge alla perfezione.

Le texture mostrano qualche “spippolamento” solo se osservate da molto
vicino ed effettivamente testimoniano tutto il livello di ricerca che
Factor 5 ha svolto su materiali e campiture più o meno naturali.

Della colonna sonora sappiamo già tutto: eseguita da un’orchestra
sinfonica, raggiunge livelli di emozione e eroicità altissimi,
enfatizzando alla perfezione le fasi più drammatiche e concitate della
vicenda cavalleresca.



Gli ultimi fuochi



Sarebbe stato bello farsi portatori di giustizia e verità, svelando un
oscuro complotto che aveva manovrato l’informazione per tarpare le ali
a questo titolo.

Lo abbiamo giocato e sviscerato armati delle migliori intenzioni, ma da salvare c’è abbastanza poco.

Questo ci dispiace molto perchè si vede che è un titolo nel quale
Factor 5 ha perso del tempo, che ha pensato e sviluppato mirando molto
in alto. La trama è avvincente e scorre senza forzature; graficamente
LAIR è impressionante: certi panorami, i modelli dei draghi e dei
castelli, i giochi di luce e la colonna sonora sono da dieci e lode.



L’impressione che si ha giocando a LAIR è quella di guidare una Ferrari
in ciabatte nel traffico di punta: Il motore ci sarebbe, lo vediamo che
ci sono possibilità immense di divertimento, ma ci sentiamo castrati,
legati e fiaccati da alcuni ostacoli evidenti. Vorremmo scatenarci,
volare, combattere alla pari con mostri marini modellati alla
perfezione e assediare e distruggere castelli da fiaba nordica, ma non
appena liberiamo un pò di più la nostra sana voglia di azione pura LAIR
ci sbatte violentemente a terra ricordandoci i suoi limiti.



Se riuscirete ad armarvi di santa pazienza e concentrazione LAIR saprà
ricompensarvi con una bella storia e una grafica che è pura poesia per
gli occhi, ma se pazienza e concentrazione non sono le doti per le
quali siete famosi …passate oltre.


Pro

  • Grafica ad alti livelli
  • Suono da colossal epico
  • Story Line ben architettata

Contro

  • Sistema di controllo inadeguato all’azione
  • Sistema di combattimento poco soddisfacente
  • Molte ingenuità sul gameplay