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Recensione Recensione di Kingdom Under Fire: Circle of Doom

Recensione di Kingdom Under Fire: Circle of Doom di Console Tribe

di: Redazione

Il successo a volte può giocare brutti scherzi. Ti trascina in un
vortice di emozioni in cui l’ego diventa la componente primaria, e
tutto il resto scompare. Gente famosa è morta a causa del successo,
oppure ha cambiato radicalmente stile di vita, fino a diventare
irriconoscibile anche agli occhi delle persone più intime.
Pensate che tutto questo discorso non abbia niente da spartire con il mondo videoludico?
Beh, ragazzi, invece c’entra eccome! Se infatti ora rapportate questi
concetti alla fama ottenuta dalla famosa e acclamata serie Kingdom
Under Fire, converrete con noi che “il successo” può veramente portare
alla rovina.
Per capirci meglio, vediamo di fare un piccolo passo indietro…
Kingdom Under Fire è una serie nata in esclusiva per la prima Xbox, e
nonostante sia sbucata praticamente dal nulla, senza una propaganda
degna di nota, si è saputa subito distinguere per una serie di motivi
tecnico/artistici e progettuali che l’hanno resa unica nel suo genere.
Ed è proprio nel genere che risiede il punto di forza: un mix
riuscitissimo di azione pura, gioco di ruolo in bilico tra lo stile
giapponese e quello occidentale, ma soprattutto una base strategica
solida e molto ben realizzata. La gustosa “ciliegina sulla torta” era
poi data da una grafica (ai tempi) eccezionale, con una cura maniacale
per i dettagli, oltre ad un tocco di regia sulle inquadrature quasi
cinematografico. Per non parlare della originale colonna sonora:
musiche eseguite e arrangiate in puro stile death metal, con chitarre
elettriche e batteria che sincronizzano ritmiche pesanti e flemmatiche,
il tutto stranamente insolito per un tema grafico “fantasy medievale”,
ma quanto mai azzeccato durante le sanguinose battaglie. In poche
parole, dire Kingdom Under Fire significava vantarsi di possedere una
console di casa Microsoft, così come lo è stato per Halo, o più
recentemente per Gears of War.
Ora, con Circle of Doom, c’è veramente poco di cui vantarsi.

Questo gioco spacca? Mmm…

Non sappiamo se sia stato il successo, un momento di pausa cerebrale
preso per troppo tempo, o semplicemente un esperimento provvisorio, ma
sta di fatto che l’ultimo capitolo della serie Kingdom Under Fire non
ha nulla di cui autocelebrarsi.
La componente saldamente strategica che lo aveva reso acclamato ora è
stata sostituita, per non dire “rimpiazzata”, da un genere molto meno
articolato e sicuramente più immediato. Gli anglofoni lo chiamano
hack&slash, tradotto letteralmente “spacca e distruggi”, data la
sua forte impronta d’azione e adrenalina. Un genere sicuramente non
freschissimo in quanto a novità, anche perché oramai risiede le proprie
radici da più di un ventennio. Se, infatti, foste dei fanatici
retrogamers o appartenenti a una generazione fa, vi collochereste
automaticamente in una precisa epoca, in cui il botteghino delle
vecchie e fumose sale giochi era alle stelle, grazie a mitici coin-op
del calibro di Double Dragon, Cadillacs & Dinosaurs, Final Fight e
tanti altri. Alcuni di questi giochi sono stati tuttora riproposti in
chiave high-definition (pensate alle versioni Live Arcade), altri
invece, nel corso del tempo, sono passati a uno stadio evolutivo
radicale.
Tra tutti, l’inossidabile serie Devil May Cry è quella che forse
rappresenta al meglio l’evoluzione di questo genere, e quanto sia
riuscito ad attualizzarsi cercando di adattare un gameplay moderno alle
divertenti meccaniche di gioco di un tempo.

Si, vabbe’, l’ho già visto! (E l’ho già sentito!)

E proprio da Devil May Cry che Circle of Doom sembra trarre
ispirazione. Diciamo “sembra” proprio perché nell’ultimo capitolo di
Kingdom Under Fire tutto appare molto confuso, una serie di idee che
tentano di arrampicarsi su scivolosi specchi. Se dapprima la serie era
diventata celebre per via di alcune meccaniche insolite che riuscivano
a tenere il giocatore incollato dinnanzi lo schermo, ora vi troverete
ad affrontare gli eventi del gioco quasi per sbaglio, per costrizione,
al punto che vi porrete dei quesiti esistenziali su come utilizzare al
meglio il vostro tempo.
Analizzandolo al dettaglio, però, il gioco non è tutto fumo e niente
arrosto, ma presenta comunque delle trovate originali e apprezzabili.
Potrete scegliere se vestire gli eroici panni di ognuno tra i 5
personaggi proposti, molto ben caratterizzati, sia da un punto di vista
estetico che giocabile. Ottime le inquadrature ravvicinate e i primi
piani dei loro volti, sempre molto espressivi e ben disegnati. Ognuno
di loro avrà un proprio armamentario, delle proprie abilità e un modo
personale di affrontare la situazione. Una volta selezionato l’eroe che
fa al caso vostro (o eroina dato che tra i protagonisti è compresa
anche un’agile pulzella) un breve filmato introduttivo vi farà da
preambolo alla storia, prima che mettiate le mani al vostro fidato
controller. In un primo momento rimarrete soddisfatti della grafica
complessiva, che comunque riesce a difendersi appieno grazie ad
ambientazioni suggestive e colorate sempre coi toni giusti, pur non
meritando in generale un applauso fragoroso.
I poligoni e le texture non trasudano effetti e risoluzione next-gen
come i titoli degli ultimi tempi, e la struttura chiusa e serrata dei
livelli vi farà sentire il bisogno necessario di libertà, anche se
spesso è un limite imposto da questo genere videoludico.
Se confrontare, per esempio, Double Dragon, Devil May Cry, Ninja Gaiden
e Circle of Doom (titoli della stessa tipologia ma appartenenti a
generazioni diverse), vi renderete conto, infatti, di quanto le zone
calpestabili risicate fino all’osso siano state sempre un punto in
comune; un’imposizione dovuta al fatto che giocando “dovreste” sentirvi
come in un continuo e ipotetico ring inondato da nemici di qualsiasi
sorta. Le strade chiuse e recluse vi obbligheranno, quindi, a farvi
strada usando la forza, e in alcuni casi anche qualche abilità magica.
Durante il vostro percorso, qualunque sia il personaggio da voi scelto,
troverete una serie quasi illimitata di cosucce utili, classificabili
grossomodo in 5 categorie: armi, armature, pozioni, accessori e oggetti
vari. Li abbiamo elencati senza entrare nel dettaglio, purché vi basti
sapere che la quantità degli oggetti trovati è proporzionale alla loro
inutilità. Certo, non mancheranno le armi super-potenti o
collane/bracciali/anelli che influenzeranno alcuni parametri, ma sempre
più spesso vi capiterà di trovarvi di fronte alle stesse cose che
cercherete di buttar via nel minor tempo possibile.
Una piccola e molto scialba componente GDR fa comparsa per spezzare la
noia mortale dei combattimenti, che dopo le prime ore di gioco vi
sembreranno solo una serie di tristi déjà vu. Vi accorgerete di un
netto cambiamento del gameplay solo se avrete preso la drastica
decisione di scegliere un altro personaggio, passando da un precedente
eroe corpulento ma potente, ad uno smilzo ma molto più agile. Di
conseguenza andranno a cambiare tutti gli oggetti che incrocerete nel
corso delle avventure anche perché, come ovvio, è alquanto improbabile
vedere un massiccio guerriero armato di ascia vestito in indumenti
femminili e attillati.
Anche se le ambientazioni cambieranno, permettendovi a volte di
“respirare” un po’ più di spazio, e le centinaia di nemici che
affronterete avranno una varietà e fattibilità molto convincenti
(interessanti le statue animate del livello “Arroganza”), vi sembrerà
grossomodo di compiere le stesse e identiche 4 mosse: uccidi, cambia
arma, bevi pozione, ripeti! Inoltre, l’impossibilità di saltare con il
proprio personaggio, come invece accade in alcuni dei giochi prima
citati, vi obbligherà a restare tediosamente coi piedi incollati al
terreno, ed è un vero peccato dato che il magistrale concept-design di
alcune ambientazioni sembra quasi volervi catturare e avvolgere in
tutta la sua completezza 3D. A volte, però, non potrete neanche
gustarvela appieno, poiché vi sentirete un attimo spiazzati a causa di
una gestione poco intelligente di alcune inquadrature fisse.
Perfino i suoni e le musiche, per quanto evocative e idonee, cercano di
imitare meramente l’ottima colonna sonora metallara dei primi capitoli
della serie, ma si limitano a pochi arrangiamenti ripetuti all’infinito
e che non riescono a coinvolgere il giocatore accompagnandolo nel corso
della storia.

Non una, ma 5 storie.

E parlando di “storia” ci troviamo di fronte ad uno dei punti forza di
KUF Circle of Doom: la trama e gli intrecci narrativi che ne conseguono
sono stati trattati con un tocco di originalità e stile. Innanzitutto,
in base al personaggio che deciderete di utilizzare, andrete in contro
a un proprio canovaccio, che verrà recitato da specifici attori
virtuali molto ben realizzati (vi chiederete addirittura cosa hanno a
che spartire col motore grafico del gioco), ma che entrano in scena
solo in un determinato momento, cioè quando lo deciderete voi. Grazie
alla funzione “dormi”, attivabile in alcuni precisi luoghi sacri,
porterete il vostro personaggio in un limbo sospeso tra sogni e
ricordi, in cui potrete persino accettare delle specifiche missioni che
in futuro andranno a svelare il vostro compito. Questa caratteristica,
se rapportata alla scelta di ben 5 personaggi, si rivela molto
interessante, e potrebbe persino spingere il giocatore a ripetere la
storia selezionando un eroe del tutto diverso, aumentandone non di poco
la longevità. Ma ci siamo soffermati sulla parola “potrebbe”, proprio
perché a causa del triste e ripetitivo sistema di gioco, sarà veramente
difficile decidere di riaffrontare tutti gli eventi ancora una volta.
A questo punto si apre un altro piccolo spiraglio di luce positivo per
quanto concerne la struttura di gioco. Per venire incontro al noioso
sistema di combattimento/rpg, i programmatori hanno ben pensato di
concentrarsi sulla modalità multiplayer, e in questo caso dobbiamo
confermare che è davvero intrigante.
Sarà possibile, in qualsiasi momento o anche sin dall’inizio, giocare
la storia in compagnia di altri membri tramite Xbox Live, combattere al
loro fianco in modalità cooperativa e scambiare oggetti acquisiti
dall’esperienza in singolo. Sembra quasi un sistema che vuole imitare
il complesso game-design dei MMORPG (Massive Multiplayer Online Role
Playing Game), alleggerendone però la sostanza generale per
concentrarsi sulla condivisione dei momenti di pura azione. Peccato che
non sia stata implementata la possibilità di giocare con un amico sulla
stessa Xbox, o anche via System Link, perché avrebbe sicuramente
giovato al divertimento.

Una “serie” di alti e bassi.

Nonostante alcune carte vincenti, Circle of Doom non riesce ad emergere
rispetto ad altri titoli che hanno marchiato questo genere e ne portano
lo scettro con tanto di orgoglio, fra tutti il recente e indiscusso
Devil May Cry 4.
La serie Kingdom Under Fire sembra sprofondata in una pozzanghera
dall’acquetta non proprio invitante, tendando di bagnarsi di un genere
che non gli appartiene (e compete) minimamente.
Speriamo solo che dal prossimo capitolo riesca a ripulirsi in tempo, e uscire più brillante di prima.

Pro

– Orde di mostri di ogni specie, tutti da ammazzare!
– 5 eroi carismatici ognuno con una propria storia da raccontare.
– Grafica tuttosommato gradevole e ben disegnata.
– Multiplayer LIVE co-op ben integrato.

Contro

– Cancellate il prefisso “Kingdom Under Fire” dal titolo di copertina!
– Giocabilità scarna e obsoleta se confrontata ad altri titoli simili.
– Componente GDR frustrante e ripetitiva.
– Niente modalità co-op offline.