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Recensione Recensione di Hokuto Musou

Recensione di Hokuto Musou di Console Tribe

di: Redazione

Nel 1985 avevo 7 anni. Un pomeriggio di quell’anno, mentre aspettavo il consueto appuntamento con la mia puntata giornaliera di “Holly e Benji” su Bim Bum Bam, decisi di fare una cosa che non facevo mai: prendere il telecomando e fare zapping tra i vari canali nazionali e locali in attesa che finisse la fastidiosa e lunghissima pubblicità. Ad un certo punto, capitando sulle frequenze di una misconosciuta emittente romana, mi imbattei in un anime mai visto prima di allora: c’erano due personaggi muscolosissimi e a torso nudo; uno dei due era una specie di Punk di dimensioni spropositate, semplicemente inumane, che brandiva una enorme mazza ferrata con la mano destra minacciando di morte il suo avversario. Davanti a lui un ragazzo con i capelli neri e sopracciglia foltissime, con 7 cicatrici sul petto che ricordavano la forma della costellazione dell’Orsa Maggiore, osservava il gigantesco umanoide con espressione severa senza dire nulla. Intorno a loro uno scenario apocalittico di città devastate e rottami: pur senza sapere nulla di ciò che stavo vedendo, capii che quella storia doveva aver luogo in un qualche futuro prossimo e terrificante, qualcosa di lontanissimo dal radioso progresso descritto dai normali cartoni animati di fantascienza pieni di astronavi e pianeti colonizzati dall’essere umano per mezzo di tecnologie avanzate. Il bello però doveva ancora venire: come posso raccontare le contrastanti emozioni ed in un certo senso lo sgomento di un bambino di 7 anni che osserva per la prima volta Kenshiro mentre esegue la brutale tecnica delle “mille mani di Hokuto” su un altro essere umano, il quale termina poi la sua esistenza gonfiandosi, deformandosi ed esplodendo come se qualcuno avesse piazzato una bomba all’interno del suo corpo?

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Quel pomeriggio non guardai più “Holly e Benji”; non lo feci neppure il giorno successivo e neppure quello dopo ancora. Un morboso attaccamento a quella storia di disperazione, violenza e fantascienza aveva preso il sopravvento, e nelle settimane successive il mio unico scopo fu quello di scambiare con i miei amici quante più informazioni possibili su quella serie animata, la cui visione ci era assolutamente vietata dai nostri genitori ma che forse proprio per questo motivo era divenuta qualcosa di irrinunciabile.
Ho parlato in questi anni con centinaia di persone della mia stessa età riguardo al modo in cui ognuno di loro reagì alla prima visione di Hokuto no Ken e del modo in cui tale opera riuscì immediatamente a catalizzare la loro attenzione nonostante la sua completa “diversità” rispetto a ciò che la TV dei ragazzi offrisse all’epoca sui canali nazionali. La risposta è sempre stata la stessa: non era necessariamente l’incredibile violenza della produzione a coinvolgerci, era la storia di un uomo che, nonostante i suoi enormi poteri, mostrava spesso le sue fragilità, si commuoveva, soffriva per gli amici uccisi o per le persone in difficoltà. Kenshiro non era un Chuck Norris in versione animata, né un eroe privo di scrupoli o dubbi, era un essere umano caratterizzato ottimamente tanto nella sua forza fisica quanto nella sua sensibilità e volubilità. Nonostante fossimo all’epoca dei bambini, eravamo comunque in grado di cogliere tutto questo dietro la coltre di sangue, polvere e morte che si presentava ai nostri occhi in ogni puntata.
Negli anni ’80 potete stare certi che uno dei sogni ricorrenti di ogni bambino che conoscesse l’anime di Kenshiro e che fosse anche appassionato di videogame, era quello di poter impugnare un giorno il joypad e giocare ad un titolo ricavato da quella serie. Gli anni ’80 sono finiti da un pezzo, ma per fortuna certi desideri rimangono intatti nel tempo.

Il cammino di Hokuto

La cronologia dei videogame ricavati dalla storia della sacra scuola di Hokuto e dei suoi protagonisti è piuttosto lunga e, purtroppo, priva di prodotti che siano mai riusciti a soddisfare le aspettative dei milioni di fan in giro per il mondo. A partire dal 1986, una moltitudine di videogame di svariati generi (dalle avventure grafiche, ai picchiaduro, agli arcade-adventure a scorrimento orizzontale) hanno avuto il compito di trasportare le atmosfere uniche dell’anime firmato da Buronson e Tetsuo Hara sulle più disparate piattaforme di gioco. Dal Nintendo Famicom al Gameboy, al Sega Master System e al Genesis, fino al Super Famicom, Playstation e PS2, una buona ventina di prodotti sono stati pubblicati, principalmente per il mercato nipponico ed eventualmente giunti in occidente con nomi differenti e contenuti modificati per via delle mancate concessioni di licenza nello sfruttamento di storia e personaggi originali della serie.

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Fino ad ora, nessuno aveva ancora pensato di realizzare un videogame ispirato ad Hokuto no Ken sulle console di nuova generazione; le “porte” però si sono aperte lo scorso anno, quando la software house Koei/Tecmo ha lanciato dal proprio sito un sondaggio indirizzato a tutti i fan della serie Musou/Dynasty Warriors, al riguardo di quale storia o serie avrebbero desiderato veder realizzata nella forma di videogame. La vittoria schiacciante nel poll da parte di coloro che volevano il ritorno di Kenshiro, ha convinto la software house a mettersi subito al lavoro. Inizialmente previsto per il solo Giappone, Koei/Tecmo deve aver capito, subito dopo il fruttuoso lancio del videogame sul mercato casalingo, che il seguito e la popolarità di cui gode Kenshiro anche in occidente potevano diventare un affare altrettanto fruttuoso. Ecco quindi spiegato perché, per la nostra gioia di fan, Hokuto Musou vedrà la luce in autunno anche nei territori europei ed americani.
Ma cosa ci aspetta esattamente in autunno? Possiamo dirvelo fin da ora, basta che continuiate a leggere!

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Omae ha mo, shindeiru! (Sei già morto!)

Partiamo da un presupposto, qualcosa che apparirà chiaro a chiunque si cimenti con questo gioco per più di una trentina di minuti e che sia un vero fan dell’universo di Kenshiro. Dopo 20 anni di amarezze per il videogiocatore, si può dire con sicurezza che Koei sia riuscita nell’intento di realizzare il miglior videogame esistente sulla saga della Scuola di Hokuto. Se da una parte non ci vuole molto a realizzare qualcosa di meglio di quei mediocri prodotti che si sono alternati nel tempo per le diverse generazioni di console, la bontà di Hokuto Musou non può essere ridotta alla logica del “meno peggio tra tutti”.
La base tecnica e le meccaniche di gameplay su cui è costruito il titolo sono indubitabilmente quelle dell’universo di Dinasty Warriors, un franchise che in 10 anni di vita si è guadagnato una schiera di milioni di appassionati e i cui innumerevoli episodi e spin-off hanno venduto complessivamente circa 8 milioni di copie nel mondo.
Va da sé che per chiunque abbia giocato almeno un capitolo della saga di Dynasty Warriors, il tempo per prendere confidenza col sistema di controllo (di cui si parlerà più avanti) e persino con la mappatura dei tasti per l’esecuzione delle varie azioni, è ridotta allo zero.

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L’assoluta prossimità stilistica di Hokuto Musou con il progenitore Dynasty Warriors si comprende fin dal menu principale, ove viene offerta la possibilità di accedere a due modalità: la modalità “Leggenda” (Densetsu) e quella “Illusione” (Sakkaku). La prima è quella che regala all’utente un’esperienza di gioco ricavata direttamente dalla storia originale della prima serie delle avventure di Kenshiro. In tale modalità potremo seguire Ken attraverso tutti i momenti fondamentali narrati nelle prime 109 puntate della serie all’interno di un sistema di gameplay prettamente arcade, con dei livelli suddivisi in aree più o meno vaste nelle quali procedere attraverso scontri con i malcapitati criminali di turno e che culminano sempre con una boss battle al termine dello stage. Tale modalità di gioco prende le fila direttamente dal canovaccio originale della trama dell’anime e si sviluppa a partire dall’iniziale inseguimento di Ken alla ricerca di Shin per recuperare l’amata Giulia, all’incontro con Mamiya e Rei (il portentoso e leale guerriero della scuola di Nanto), fino al susseguirsi degli episodi che porteranno Kenshiro allo scontro finale con il fratello Roah per la successione dell’eredità marziale dell’Hokuto; il tutto passando attraverso le vicende che coinvolgono gli incontri con Fudo, Jagger, Toki, Juza, Souther e tanti altri guerrieri delle opposte fazioni della scuola di Nanto e di quella di Hokuto. Non è questa la sede per ripercorrere l’intera cronologia narrativa toccata dal videogioco, ma di certo il vero appassionato della serie ritroverà in esso, con estremo piacere, tutte quelle situazioni che hanno reso così celebre Hokuto no Ken nell’immaginario di almeno 3 generazioni di persone in tutto il mondo. Una nota dolente è che mancano diversi e basilari passaggi narrativi: solo per citarne uno, i famosi “5 astri di Nanto” nel gioco sono ridotti a due (Fudo e Juza), mentre gli altri tre non vengono neppure menzionati durante l’incedere dei vari episodi, così come esistono qui e lì dei “buchi” nella trama dovuti probabilmente all’impossibilità di coprire completamente in un singolo gioco tutte le relazioni e le vicende che collegano tra di loro gli storici personaggi della serie. Forse però l’omissione più grande per coloro che aspettavano con ansia questo Hokuto Musou, almeno dal punto di vista contenutistico, è il fatto che nel gioco il totale dei personaggi controllabili è fissato ad 8, (di cui 5 all’interno della modalità Leggenda e 3 in quella Illusione) e non tutti selezionabili dal principio. Spieghiamo per ordine.
Per sbloccare i vari protagonisti del gioco (Kenshiro, Rei, Mamiya, Toki, Raoh, Jagi, Shin e Souther) è necessario terminare progressivamente i vari stage dell’avventura. A quel punto sarà possibile disporre dei diversi guerrieri di Hokuto o Nanto già incontrati. Un vero peccato che, pur comparendo nel corso dei livelli, alcuni leggendari guerrieri non siano comunque controllabili direttamente dal giocatore ma semplicemente disponibili come partner diretti dall’I.A. del videogame all’interno dei singoli stage. In effetti Koei pare aver deciso che alcuni storici elementi della mitologia dell’anime come Shu di Nanto o il mitico generale Falco della scuola di Gento verranno resi disponibili in forma di DLC. Staremo comunque a vedere.

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Oltre alla citata modalità “Leggenda”, si diceva più sopra, esiste la modalità “Illusione”, anch’essa già vista in altri capitoli di DW. In questa modalità il giocatore può in pratica “vivere” la storia attraverso i classici scenari “what if”, in cui diversi personaggi della saga affrontano dei livelli basati sulle loro storie personali, all’interno della timeline della storia principale. Gli stage di tale modalità, comunque, vengono sbloccati progressivamente solo procedendo nella storia principale narrata durante la modalità “Leggenda”.
Per entrambe le opzioni di gameplay è comunque prevista la possibilità di affrontare i vari livelli in single player o con l’aiuto di un amico, tramite l’ausilio dello split-screen; una caratteristica mutuata dai precedenti episodi di Musou e che fa sempre molto piacere.
Se terminate il gioco, potrete poi accedere ad una nuova modalità definita “Sfida”. In tale contesto potrete affrontare delle “rush battle” progressive con tutti i boss di fine livello dei vari capitoli e pubblicare i vostri eventuali record temporali sulla leaderboard online.
Da menzionare anche la modalità “Training”, utile per i neofiti del gioco e della saga di Musou/Dynasty Warriors in generale per poter prendere confidenza con il sistema di comandi e con il set di mosse di tutti i vari personaggi man mano che essi vengono sbloccati.

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Non cambiare nulla affinché tutto cambi

Le caratteristiche generali del sistema di gioco, lo si accennava prima, rimangono le stesse indipendentemente dalla modalità scelta all’inizio dell’avventura. Il nostro Kenshiro può in ogni livello attaccare, difendersi o schivare i colpi avversari secondo il paradigma di controllo classico della serie Musou/Dynasty Warriors, (ovviamente altri personaggi dispongono dei propri set di mosse; trovo personalmente magnifico, da questo punto di vista, quello di Toki). Assieme alle caratteristiche proprie del gameplay di Dynasty Warriors, bisogna in effetti dire che Hokuto Musou eredita anche il non eccellente comparto tecnico del cavallo di battaglia di Koei. Soprattutto le animazioni e l’intelligenza artificiale dei nemici rimangono nella maggior parte dei casi passabili, salvo alcune sequenze in cui risalta notevolmente la “legnosità” di certi movimenti dei personaggi e la loro scarsa reattività e capacità di organizzare attacchi intelligenti nei nostri confronti. Le mappe tridimensionali e la loro palette dei colori fanno degnamente il proprio lavoro, immergendo il giocatore nella opprimente atmosfera di un mondo distrutto e sull’orlo della fine per la razza umana, pur essendo la realizzazione tecnica complessiva definibile nel migliore dei casi come “più che sufficiente”. Va detto che gli stage non sono di per sé molto grandi, quindi non esiste in pratica la possibilità di esplorare le varie locazioni; è però quasi superfluo ricordare che questa non può essere considerata una mancanza grave in un gioco assolutamente story-driven e di natura puramente “arcade” come questo. L’unica nota di vero merito nella realizzazione va al comparto audio: in questo senso Hokuto Musou è un lavoro perfetto, grazie a degli ottimi arrangiamenti heavy metal che scandiscono le fasi concitate della battaglia al pari dei menu delle opzioni, con alcuni veri tocchi di classe come la rivisitazione della mitica “Ai wo Torimodose” durante le boss battle, o la nuova main track ufficiale del gioco “Far Away” cantata dalla idol Nana Tanimura. Altro fiore all’occhiello della parte audio è il doppiaggio dei personaggi. Koei ha riferito che il casting per la ricerca di voci quanto più simili a quelle dei doppiatori originali (in parte ormai pensionati o anche, pace all’anima loro, deceduti) è durato quasi 4 mesi. I risultati sono stati comunque eccelsi. Le nuove voci di Ken, Rei e gli altri, rendono degno omaggio a quelle dei tempi che furono e oggettivamente la speranza è che nessuno si azzardi a rilocalizzarle con un qualche slang americano assolutamente inappropriato e quasi “disturbante”, nella trasposizione occidentale del titolo prevista a breve (cosa purtroppo già accaduta recentemente con Final Fantasy XIII).

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Detto questo, Hokuto Musou non sarebbe tuttavia granché stimolante se ci fosse solo questo mero riprendere ed adattare la stessa tecnologia della serie DW ad un nuovo scenario limitandosi ad operazioni cosmetiche nel comparto audiovisivo ed infatti, per fortuna, c’è altro di cui parlare. Rispetto ad alcune rifiniture e miglioramenti globali, ad esempio, si può dire che il giocatore può servirsi di un numero piuttosto ampio di tecniche speciali con cui far fuori in una volta sola decine di teppisti post atomici, o fare seriamente male ad un boss. Tali mosse non sono altro che le devastanti e coreografiche tecniche di Hokuto che Ken utilizzava nell’anime solitamente per “chiudere in bellezza” uno scontro, e la cui esecuzione nel videogame è resa stupendamente attraverso veloci cambi di inquadratura e fermi immagine alla fine della sequenza stessa di attacco, restituendo al giocatore una genuina sensazione di potenza e apparente invincibilità. Queste che potremmo definire delle vere e proprie “fatalities” (ce ne sono 8 in tutto) non sono fini a sé stesse e semplicemente belle da vedere; piuttosto è importante sapere che ognuno dei boss che incontreremo nel gioco ed anche i vari mini boss sparsi per gli stage, possiedono determinati punti deboli sfruttabili proprio da specifiche tecniche di Hokuto. La cosa bella è che è possibile “equipaggiare” fino a 4 mosse speciali contemporaneamente e assegnarle ad ognuno dei tasti direzionali del d-pad, modificando così in tempo reale e a seconda dell’occorrenza la scelta della tecnica migliore di cui servirsi.
Ovviamente sarebbe troppo facile utilizzare le tecniche segrete dei guerrieri di Hokuto e Nanto ogni volta che si vuole, per questo è previsto che tali mosse speciali possano essere compiute solo se il cosiddetto “Touki” (Aura) del personaggio è piena.
Che cos’è il Touki? In alto a sinistra sullo schermo, assieme alla barra che identifica l’energia del protagonista, troviamo un altro indicatore; tale indicatore determina di fatto la possibilità di utilizzare o meno le varie tecniche speciali a disposizione di Ken (o degli altri protagonisti, nel caso in cui non stiate controllando il guerriero di Hokuto). Il Touki è suddiviso in diverse “porzioni”, aumentabili fino ad un massimo di 10 in base all’equivalente incremento di esperienza del vostro personaggio; questo perché tecniche più avanzate e distruttive assimilabili più avanti nel gioco richiedono ovviamente una maggiore quantità di energia del Touki. Il riempimento di tale barra segue direttamente la quantità di danni che Kenshiro infligge o subisce durante i vari scontri con i suoi nemici. Occasionalmente, nel corso dei vari livelli, è possibile trovare determinati oggetti che permettono o di recuperare energia, o di riempire immediatamente la barra del Touki, risparmiandovi la fatica di dover provvedere da soli.
Sicuramente l’utilizzo delle varie tecniche speciali va “dosato” con attenzione, onde evitare di ritrovarsi sprovvisti di una buona scorta delle care vecchie “mille mani di Hokuto” al cospetto dei vari boss. Interessante notare che, per sconfiggere uno qualunque dei guerrieri di fine livello, è necessario dapprima ridurre quasi a zero la sua energia (e non è certo sempre facile, visto che i boss possono difendersi, parare i vostri colpi e contrattaccare molto duramente), e riuscire infine ad eseguire correttamente una sequenza di chiusura finale di attacchi scandita da dei QTE (Quick Time Events); se si fallisce tale sequenza, il boss in questione recupererà parte delle sue forze e bisognerà ripicchiarlo per bene per ridurre nuovamente al minimo la sua energia.
Raccogliere esperienza, si diceva. Le capacità di Kenshiro non sono affatto statiche nel corso del gioco: un intuitivo sistema di level-up (una sorta di “griglia” simile a quella già vista in Dynasty Warriors 6) al termine di ogni livello permette al giocatore di far evolvere i parametri relativi alla forza, alla resistenza e all’aura del proprio eroe (dandogli così anche la possibilità di imparare nuove mosse e tecniche segrete), migliorandone visibilmente le prestazioni e la capacità di controllo. In questa griglia è possibile spendere tutti i punti di esperienza (Karma points) guadagnati nel corso degli stage eliminando i propri nemici e sconfiggendo i vari boss. Anche in questo caso non parliamo di un’aggiunta di poco conto: se nelle prime sezioni di gioco Ken appare quasi impacciato e lento nei movimenti ed i cui attacchi possono facilmente essere interrotti anche dai nemici meno potenti, con il procedere dell’avventura e l’incremento dei vari parametri personali, usare il guerriero di Hokuto diventa un’esperienza estremamente soddisfacente. Aggiungete che tutti i livelli del gioco sono liberamente rivisitabili e che una volta terminati vi viene anche assegnato un punteggio globale che determina la “bravura” con cui avete affrontato i nemici; insomma gli incentivi per tornare sui propri passi non mancano di certo.
Esistono altri dettagli del sistema di gameplay su cui si potrebbe dissertare, ma è meglio lasciare al giocatore il piacere di scoprire tutti i segreti per usare il mitico guerriero di Hokuto e i suoi compagni al meglio delle proprie capacità. Hokuto Musou, in fondo, non è un gioco così semplice e lineare come potrebbe apparire inizialmente, ma di certi dettagli si può appunto godere solo avanzando per i vari livelli e padroneggiando le meccaniche di gioco.

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Ai wo torimodose (You WA shock!)

Prendete due videogiocatori di età compresa tra i 20 e i 30 anni, di cui uno sia appassionato della saga di Kenshiro e l’altro non ne abbia invece mai sentito parlare prima d’ora; metteteli di fronte ad una console e dategli un joypad per poter giocare ad Hokuto Musou. Il primo giocatore vi dirà che è un gran bel gioco, e che in esso ritrova intatte tutte quelle caratteristiche e quelle suggestioni tecniche e narrative che avevano reso grande l’Anime di Buronson e Tetsuo Hara. Il secondo giocatore invece, vi dirà che Hokuto Musou è un gioco nel complesso discreto, ma dai ritmi ripetitivi e dalla realizzazione tecnica appena decente. Ora, chi dei due ha ragione? Mai domanda fu al mondo più difficile.
Il punto è questo: chi decide di comprare un videogame direttamente ispirato ad una certa mitologia o ad una serie televisiva famosa è, nel 99% dei casi, già estremamente ben disposto verso il prodotto per cui decide di spendere dei soldi. Ciò non toglie chiaramente che la delusione di trovarsi di fronte ad un prodotto scadente è spesso peggio di uno schiaffone in piena faccia. Hokuto Musou però non fa parte di questa categoria di “carne da macello” commerciale. Non sarebbe giusto parlarne in questi termini, affatto. Va comunque da sé che avvertire le scariche di adrenalina che pervadono il corpo ogni volta che si veda sullo schermo Ken, Rei o Roah liberare l’immane potenza delle proprie tecniche sui nemici, è un fenomeno sperimentabile solo se si amano questi personaggi e se in passato si è stati dei fan delle loro vicende. Tuffarsi in prima persona all’interno di quegli scenari visti per centinaia di puntate e controllare i leggendari guerrieri di Hokuto e Nanto, è qualcosa che non ha prezzo per il vero appassionato. Oltre a questo va notato ancora una volta che Hokuto Musou poggia su una formula di gameplay perfezionata e raffinata nel corso di una decina di anni da tutti i precedenti capitoli di Dynasty Warriors, ragion per cui si potrebbe nel peggiore dei casi sostenere che tale formula non sia di gradimento generale, ma non certo che essa sia invereconda.
Quale è quindi il “valore specifico” di un gioco del genere? Il voto di questa recensione rispecchia l’idea di un giocatore trentaduenne combattuto dalla voglia di dare sulla fiducia un altissimo voto ad un gioco che attendeva famelicamente da 20 anni, ma anche dalla necessità di dover analizzare con distacco e spirito critico un prodotto videoludico, indipendentemente dal nome. La mia decisione è stata quindi quella di assegnare una sorta di valore di media: Hokuto Musou è un titolo tecnicamente sufficiente, per nulla innovativo e che non sarà mai ricordato per qualche cosa di particolare nei suoi contenuti; eppure, assieme a questo, Hokuto Musou è attualmente il più degno tributo esistente alla terribile e affascinante saga di Kenshiro, qualcosa che obbliga il vero fan a giocare con questo titolo fino alla fine. In una semplice espressione, si può riassumere che Hokuto Musou è un eccellente esempio di “fan service” ben realizzato, e all’interno di tale logica va visto il suo valore.
Che lo reputiate un titolo mediocre o un bellissimo gioco, è qualcosa che attiene ai vostri gusti personali, alle vostre attitudini e ai ricordi dei pomeriggi trascorsi guardando l’anime di “Ken il guerriero” su qualche sperduto canale locale della vostra regione.
Dategli in ogni caso una possibilità, perché potrebbe stupirvi.