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Recensione Recensione di Hard Corps: Uprising

Recensione di Hard Corps: Uprising di Console Tribe

di: Giovanni Manca

Per tutti i nostalgici del periodo videoludico a cavallo tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, Konami ha pensato bene di rivisitare uno dei suoi più famosi brand e destinarlo alle console ad alta definizione, affidando il progetto all’esperto team Arc System Works (Blazblue, Guilty Gear). Stiamo parlando di Contra, celeberrimo action-game a scorrimento orizzontale che scaldò le sale arcade e le console dell’epoca di tutto il mondo in più edizioni, da Contra a Super Contra, da Contra III: The Alien Wars a Contra: Hard Corps, tralasciando le non proprio fortunatissime apparizioni degli ultimi anni.
Vediamo un po’ cosa è rimasto dei grandi classici del passato nel nuovo Hard Corps: Uprising.

Ritorno al passato

Nell’anno 2163 il mondo è governato da un impero denominato il Commonwealth, sotto il regno di Tiberius. L’oppressione è contrastata dalle forze della resistenza, diffusa in tutti i territori, la cui forza è però in costante diminuzione a causa delle notevoli perdite. Un gruppo di soldati decide di coalizzarsi e tentare un piano disperato: infiltrarsi nelle basi nemiche per indebolirne le difese; il leader del gruppo è Bahamut.
Il plot narrativo che fa da canovaccio ad Hard Corps non è certamente tra i più originali ma va anche detto che, da questo punto di vista, tutti gli esponenti del genere “run and gun“, Metal Slug incluso, mai hanno brillato: non c’è tempo per particolari intrecci nella trama, approfondimenti sui personaggi o digressioni sul mondo circostante, si pensa solo a sparare e sopravvivere.

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Dopo pochi minuti di gioco forsennato, subito si intuisce come poco sia cambiato in tutti questi anni, almeno dal punto di vista del gameplay e del sistema di controllo. E non è esattamente una cosa positiva, anzi. Konami e Arc System hanno deciso di essere piuttosto fedeli al passato: tasti direzionali o stick sinistro per muoversi a destra o a sinistra e per mirare, un pulsante per sparare, uno per saltare, uno per cambiare l’arma in uso. Alcune novità sono affidate ai pulsanti dorsali, con cui infatti è possibile fare uno scatto veloce nello schermo, bloccare la mira rispetto alla direzione di spostamento o eseguire una camminata laterale. Tutto questo, potrebbe far pensare che il buon Bahamut (o Crystal, Harley Daniels, Sayuri, a seconda di chi viene selezionato) abbia una discreta capacità d’azione per raggiungere i suoi scopi, ma le cose non stanno esattamente così: il protagonista appare troppo ingessato nei suoi movimenti, sia quando deve spostarsi sia quando deve sparare.

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In molte situazioni di gioco occorre sdraiarsi per evitare il fuoco nemico, ma questo comporta la difficoltà di voltarsi dalla parte opposta per far fuori chi arriva dalle spalle: in questi casi occorre rialzarsi e riabbassarsi dall’altra parte, con evidente pericolo di essere colpiti senza avere molte colpe; un altro retaggio del passato che avremmo preferito non rivedere, sono le sole otto direzioni dei propri colpi, anche in considerazione del fatto che molti nemici non soffrono di questo limite: questo obbliga il player, evidentemente, a cercare quasi sempre le diagonali perfette in mezzo ad un caos incredibile di fuoco nemico. Il tutto si sarebbe potuto perfezionare affidando allo stick sinistro la gestione completa della mira, il che avrebbe consentito, oltre che un raggio decisamente superiore, di rendere superfluo il pulsante dorsale per bloccare la mira. Un’altra feature di cui si sente la mancanza, sempre in linea con il capostipite Contra, è l’assenza di un attacco da distanza ravvicinata, come ad esempio la coltellata di Metal Slug: questo rende problematica l’eliminazione dei nemici quando arrivano a brevissima distanza, soprattutto quando il rateo di fuoco dell’arma in possesso è troppo alto.

!==PB==!
Very Hard.. Corps

Le problematiche sul sistema di controllo che abbiamo evidenziato, che alcuni vecchi harcore gamer potrebbero comunque non considerare tali, si sommano all’elevata difficoltà del gioco contraddistinta oltretutto da una curva decisamente bizzarra e, osiamo dire, poco onesta nei confronti del giocatore.
Ancor più del sistema di controllo, dunque, è proprio la difficoltà di Hard Corps: Uprising il vero manifesto di un ritorno al passato. Le vite disponibili sono tre, ognuna caratterizzata da una life bar suddivisa in tre sezioni, una per ogni colpo incassato; i checkpoint sono pochissimi e, dopo il game over, sono disponibili solo tre crediti per proseguire la difficile avventura. Se da un certo punto di vista questi aspetti possono essere considerati un bene in un periodo storico di videogiochi davvero troppo facili nelle modalità single player, dall’altra non possiamo non relazionarli alle difficoltà del sistema di controllo e, soprattutto, alla pazza curva della difficoltà: fin dal primo livello, infatti, si passa, da un momento all’altro, da una situazione di gioco classificabile come “difficile” ad una “impossibile”, considerato l’effetto sorpresa e una situazione in-game diametralmente opposta a quella precedente.
La modalità Arcade rappresenta l’apoteosi di questa situazione, dal momento che il giocatore può contare solo sui diversi power-up presenti in ogni livello, a differenza della modalità Rising in cui è possibile utilizzare durante il gioco gli upgrade acquistabili nell’apposito menù grazie ai “punti reparto” conquistati durante la fasi in game, che cambiano notevolmente gli aspetti analizzati precedentemente. Grazie ai costosissimi upgrade è possibile aumentare il numero di vite e le sezioni della life bar, incrementare il livello di partenza delle armi, aumentare il range del salto e della scivolata aerea, attivare nuove feature per i movimenti.

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Appare evidente come la modalità Rising si discosti notevolmente da quella Arcade e possa essere considerata più varia e, dal punto di vista della difficoltà, decisamente più “umana”. Ciò non toglie che delle scelte siano alquanto discutibili, soprattutto quelle legate a molti checkpoint: morire in uno stage, subito dopo aver sconfitto un duro boss, spesso si traduce nella necessità di riaffrontare lo stesso boss! Ci schieriamo contro i giochi troppo facili degli ultimi tempi ma il pericolo che queste scelte di Konami creino frustrazione è reale, soprattutto a chi non è più abituato a certi livelli di difficoltà. Superati questi scogli, Hard Corps offre otto stage lunghi, duri, vari e molto divertenti se si affrontano in modalità co-op, sia in locale che online.

Arc Style

Anche solo chi ha avuto pochi minuti per osservare alcuni dei precedenti lavori targati Arc System Works, come Guilty Gear, BlazeBlue, e Arcane Heart 3, sa bene cosa aspettarsi dalla realizzazione tecnica di Uprising, in particolare dallo stile grafico: anime, anime e ancora anime, dal design dei protagonisti a quello dei nemici, dalle particolarità delle scenografie alle cut-scene, dalla coloratissima palette cromatica al carisma dei boss. Il motore del gioco si mostra a suo agio in ogni circostanza e non soffre di rallentamenti neppure quando lo schermo è “sovraffollato” o in occasione di particolari effetti speciali, come ad esempio la pioggia battente del secondo stage. Forse alcuni potrebbero essere già stanchi delle particolarità dello stile Arc System, ma non c’è dubbio che tutto giri a meraviglia.

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Al festival dell’anime fanno da corollario effetti sonori molto coinvolgenti, inclusi ottimi campionamenti delle voci in puro stile coin-op, ed una discreta colonna sonora.

Per uomini duri

Un nome, una garanzia, non c’è che dire. Hard Corps richiama da un lontano passato vecchi giocatori solcati da profonde cicatrici, pronti a ritornare su impossibili campi di battaglia ottimamente realizzati. Il nuovo titolo Arc System Works, soprattutto nella modalità Arcade, presenta delle difficoltà sconosciute ai giorni nostri che possono scoraggiare facilmente i giocatori alle prime armi, il tutto condito da alcune scelte sul sistema di controllo discutibili. È chiaro come la modalità Rising e la possibilità di giocare in co-op possano estendere notevolmente il range dell’utenza che può essere interessata ad un titolo del genere, ma consigliamo comunque prima dell’acquisto di dargli un’occhiata attenta. Molto attenta.