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Recensione Recensione di Green Lantern: Rise of the Manhunters

Recensione di Green Lantern: Rise of the Manhunters di Console Tribe

di: Nicola "Wanicola" Caso

I supereroi! Alzi la mano chi non si è mai posto il dubbio su quale sia il più forte. La Torcia Umana? Troppo facile, debole all’acqua. Thor? Senza martello non è in grado di fare niente. E Superman? Lui può tutto! Insomma… basta una piccola pietra colorata a mandarlo al tappeto.
Probabilmente è un quesito che non troverà mai risposta, eppure, secondo buona parte degli appassionati di tutine e calzamaglie, la palma d’oro per il supereroe virtualmente imbattibile spetterebbe proprio all’improbabile Lanterna Verde. D’altronde a cosa serve avere una super-forza o la capacità di poter muovere oggetti col pensiero quando hai un super-anello in grado di materializzare a piacimento qualsiasi cosa la tua mente possa concepire? Ed è inutile che tiriate fuori la scusa della matita, Lanterna Verde ormai non soffre più né il legno, né il giallo e l’unica cosa in grado di fermarlo sarebbe soltanto la monotonia di un gioco su licenza a lui ispirato. Cosa? Esiste già?

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Nel giorno più splendente…

Nato nel 1940 ad opera di Bill Finger e Martin Nodell e spesso oscurato da nomi più altisonanti come l’Uomo Pipistrello e L’Uomo D’acciaio, Lanterna Verde è uno dei supereroi di punta dell’universo DC, tanto da essere parte, insieme ai due sopracitati, della prestigiosa Justice League of America.
Tuttavia, mentre i suoi colleghi si rendevano noti al grande pubblico soprattutto grazie alle loro comparse sul grande schermo, Hal Jordan (questo il suo nome borghese) ha sempre disdegnato il cinema, preferendo continuare ad apparire nei vari albi a fumetti e al massimo in qualche cartone animato.
Ma non è mai troppo tardi per rimediare, tanto che in concomitanza con l’uscita nelle sale cinematografiche di Green Lantern, nei negozi è già disponibile l’immancabile tie-in videoludico.
Nonostante questa duplice uscita tuttavia, le vicende raccontate tra film e gioco si porranno su piani temporali completamente diversi. Al di la dell’utilizzo degli stessi personaggi in tutte e due le versioni infatti, Green Lantern: Rise of the Manhunters si svilupperà in maniera totalmente differente rispetto al film, andando a ripescare direttamente dalla storia a fumetti omonima, opportunamente modificata e riscritta. Ritroveremo dunque in azione sempre Hal (doppiato e modellato sulle fattezze di Ryan Reynolds), Kilowog e persino Sinestro (qui ancora schierato coi buoni) impegnati a fronteggiare la minaccia dei Manhunter, il precedente corpo di sorveglianza spaziale scartato dai guardiani in favore delle Lanterne Verdi.
Seppur buona sulla carta, la sceneggiatura appare qui completamente stravolta e banalizzata, un mero pretesto buono solo per inscenare il classico gioco d’azione a base di mazzate e superpoteri. E già qui iniziano a sorgere i primi dubbi sulla bontà del gioco e il pubblico a cui è indirizzato: agli amanti del fumetto originale a cui tiene fede la storia o a coloro che hanno recentemente visto la versione cinematografica liberamente tratta? Qualunque sia la risposta, il comparto narrativo si rivelerà deludente a prescindere, proponendo un incedere senza particolari spunti di interesse e una trama blanda nella quale si muovono le classiche macchiette da cinema Hollywoodiano come lo spavaldo protagonista disobbediente o il cattivone reso tale in seguito a un torto subito. Decisamente da dimenticare.

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…nella notte più profonda

Sorvolando in scioltezza il rapido e sbrigativo prologo, verremo subito catapultati nel vivo dell’azione su Oa, pianeta origine delle Lanterne Verdi, pronti a combattere orde di robot con una formula che ricalca pedissequamente quanto visto in altri esponenti del genere, da God of War a Dante’s Inferno.
Pad alla mano, l’avventura sarà caratterizzata da un incedere lineare scandito da continue ondate di Manhunter (ma non solo), che andranno sistematicamente abbattuti in modo da poter così accedere all’area seguente. A conti fatti la struttura di gioco ricorda molto da vicino i picchiaduro da sala giochi degli anni ’80, che, a differenza di quanto visto nei titoli sopracitati, nega di fatto la progressione verso la prossima zona a meno che non si siano eliminati tutti gli avversari.
Per poter avere la meglio sui nemici, ecco dunque entrare in gioco il famoso anello di cui si accennava in apertura, insieme ad Hal vero e proprio protagonista di quest’avventura (con tanto di voce). Sconsigliato l’utilizzo diretto contro le dure corazze Manhunter, il prezioso verde sarà in grado di sfruttare “l’Energia Verde della Volontà” per creare una nutrita varietà di attrezzi da battaglia con cui poter sfogare il proprio potere sui malcapitati di turno.
Oltre ai classici attacchi rapidi e potenti che materializzeranno, rispettivamente, spade e pugni giganti, il nostro beniamino verde potrà contare su un comodo raggio gancio in grado di afferrare e lanciare via determinati oggetti (e si, persino i nemici), utile anche a risolvere qualche elementare enigma ambientale. Inoltre sarà possibile ricorrere alla possibilità di scattare con una trivella, pararsi tramite barriera (i due dorsali) e schivare gli attacchi grazie all’uso dello stick analogico destro.
Nulla che non si sia già visto altrove insomma, almeno fino a quando non si inizia ad accedere ai primi “costrutti”.

!==PB==!
La forza dell’immaginazione

Dopo aver trasformato in ferraglia le prime ondate di Manhunter ed aver acquisito i primi punti esperienza, sarà possibile acquistare nel menù di pausa tutta una serie di power up che spaziano dalle classiche combo prolungate alle abilità passive come l’aumento delle statistiche. Tra questi figurano senz’altro i “costrutti”, ovvero particolari proiezioni dell’anello che sfruttano una barra speciale posta al di sotto di quella della vita. Questi attacchi particolari sfrutteranno l’immaginazione di Green Lantern per permettergli di maneggiare tutta una serie di armi più o meno convenzionali, passando dalla classica mazza da baseball al martello da guerra passando per la mitragliatrice sino ad arrivare a costrutti più elaborati come il gigantesco Mech da battaglia o i folli pistoni.
dodici in totale, i costrutti si renderanno disponibili nel negozio gradualmente all’avanzare di livello (tranne quattro necessari ai fini del proseguimento) ed amplieranno discretamente il parco mosse di Hal, essendo utilizzabili a piacimento tramite la pressione di uno dei due grilletti e l’apposito tasto frontale a cui è assegnato.
Purtroppo bisogna constatare che, nonostante il discreto numero di combinazioni eseguibili, i combattimenti si ridurranno tutti alla forsennata pressione del tasto d’attacco. Persino i costrutti, una volta adocchiati quelli giusti (le mazze rotanti), passeranno la maggior parte in secondo piano. Questo fondamentalmente a causa della scarsa intelligenza artificiale dei nemici, i quali non saranno in grado di offrire un’adeguata sfida neppure nelle fasi avanzate di gioco, rimanendo spesso fermi a guardare mentre attaccano uno alla volta e riproponendo sempre le stesse situazioni e meccaniche d’attacco. Insomma, va bene che loro sono solo stupide ferraglie e noi il supereroe più forte dell’universo, ma un briciolo di sfida e varietà in più non avrebbe affatto guastato.
Per mitigare un minimo questa routine fatta di progressione a singhiozzi e pestaggi assortiti, gli sviluppatori Double Helix hanno pensato di inserire tra una missione e l’altra anche delle fasi di volo. Con poca fantasia anche qui, strizzando l’occhio al mitico Lylat Wars su N64, ci troveremo a dover affrontare dei livelli a scorrimento forzato con inquadratura alle spalle durante le quali il nostro eroe si tramuterà (letteralmente grazie alla super-carica) in una sorta di aereo da guerra pronto a far fuoco, lanciare missili e schivare (DO A BARREL ROLL!) tutto ciò che si muove su schermo.
Sfortunatamente, a causa di una pessima realizzazione generale e di una totale assenza di idee, anche queste sezioni si riveleranno piuttosto monotone e mal riuscite, ma se non altro saranno utili a farvi tornare la voglia di rimettere i piedi per terra e riprendere a menare le mani su qualche Manhunter.

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Botte da Orbi

Fondamentalmente, il più grande limite di Green Lantern: Rise of the Manhunters è la sua incapacità di andare oltre l’essere il solito Hack ‘n Slash su licenza dalle meccaniche stantie. Se è pur vero che per fare un buon gioco non è obbligatorio per forza di cose essere degli innovatori, è anche vero che il ripetersi costantemente delle solite due/tre azioni dall’inizio alla fine non farà altro rendere il tutto monotono e privo di stimoli per proseguire.
In quest’ottica, seppur gradita, la possibilità di affrontare in due contemporaneamente tutti e dieci i livelli che compongono la campagna risulta un deterrente di ben lieve entità. Persino al livello di difficoltà più alto (dei tre disponibili) la sfida sarà sempre blanda e ai minimi termini.
“Monotonia” sembra essere la parola d’ordine delle avventure di Lanterna Verde, una sensazione riscontrabile anche in un comparto tecnico decisamente datato, povero per quanto riguarda la modellazione poligonale, piuttosto basilare anche nei suoi protagonisti. Ripetitive anche le ambientazioni che, seppur suggestive in alcuni scorci, generalmente tendono a riproporsi tutte uguali manco stessimo guardando un vecchio cartone animato.
Per non parlare del comparto audio che, per quanto possa fregiarsi del doppiaggio originale del film, non farà altro per solleticare il vostro orecchio se non continuare a ripetere sempre le solite frasi stereotipate. E non ci riferiamo solo ai Manhunter, loro in fondo sono solo robot, è nella loro natura.

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Semaforo rosso

Certo che da un titolo nato per sfruttare l’ondata di successo del film omonimo non ci si aspettava chissà quale raffinatezze a livello di gameplay, ma da uno dei supereroi più forti dell’universo attendersi qualcosa in più era lecito, soprattutto tenendo conto dei risultati ottenuti dal suo collega pipistrello senza neanche uno straccio di superpotere.
Concludendo, Green Lantern: Rise of the Manhunters, come il film a cui si ispira, risulta un titolo parecchio sottotono e banale, utile solo vantarsi della licenza (mal sfruttata) di cui porta il nome. Una trama pretestuosa e mal narrata, unita a un gameplay inesistente incapace di rendere giustizia alle avventure tipiche del fumetto, fanno del gioco un titolo da tenere alla larga persino per i fan più accaniti di Jordan e del corpo delle Lanterne Verdi. L’Energia Gialla della Paura è nulla in confronto!