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Recensione Recensione di Final Fantasy Crystal Chronicles: The Crystal Bearers

Recensione di Final Fantasy Crystal Chronicles: The Crystal Bearers di Console Tribe

di: Bahamut Zero

Quello di Final Fantasy è un universo molto, molto ampio. In venti anni di magia e successi i personaggi creati da Square hanno fatto incursioni più o meno prolungate praticamente in ogni genere videoludico esistente. Gli orizzonti si sono espansi dalle inquadrate origini del gioco di ruolo orientale a turni fino a ad assumere tinte action e strategiche. Ma non sono mancate digressioni nell’ambito dei dungeon crawler, del gestionale, del party game, dei racing e persino degli sportivi. Cosa manca? Forse il survival horror e l’action adventure. Per quanto riguarda il primo, c’è chi ritiene che Square-Enix ci abbia già terrorizzato abbastanza con alcune evitabili produzioni. Circa il secondo, ecco Final Fantasy Crystal Chronicles: The Crystal Bearers a colmare la lacuna.

Le Cronache del Cristallo

Sono passati ben mille anni dagli eventi del primo Crystal Chronicles. Da allora una grande guerra ha sconvolto il mondo ed i suoi equilibri, poiché la distruzione del cristallo della tribù degli Yuke ha portato l’omonima fiera razza all’apparente estinzione. Le rimanenti tre specie, i Clavat, i Selkie e i Liltie, hanno dato vita ad una nuova era in cui gli antichi frammenti dei cristalli sono utilizzati come fonte di energia locomotrice ed industriale.
Ma esistono anche individui speciali, i Crystal Bearers, che per qualche motivo detengono in loro un retaggio di antico e puro potere magico, temuto dal resto della popolazione. Layle, lo sprezzante ed ironico protagonista della nostra avventura, è proprio un “Bearer”, e sfrutta le sue magiche abilità telecinetiche offrendosi come mercenario per le missioni più disparate. Nel corso di una di queste missioni, per Layle inizierà la caccia ai Crystal Idols, importanti frammenti di Cristallo indispensabili per ristabilire l’equilibrio cosmico prima che per il mondo sia troppo tardi. Al suo fianco ci sarà il compagno di sempre Keiss, mentre ad ostacolarlo ci saranno l’amica/nemica Belle, una sexy ladruncola di razza Selkie, la misteriosa Amidatelion, Yuke col potere dell’Invocazione, e il temibile Comandante Jegran.

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Come accennato in apertura, The Crystal Bearers è un action-adventure.
Esatto, un’avventura tridimensionale in cui il nostro protagonista Layle avrà ampia libertà nell’esplorare un vasto ambiente open-world ricco di sottotrame, nemici da sconfiggere, minigiochi e missioni secondarie da intraprendere. Bello, vero? Detto così suona molto bene. Peccato che la realtà dei fatti non sia così esaltante.

Innanzitutto controlliamo il nostro biondo amico con la coppia di controller Nunchuck e Wiimote. La levetta analogica del primo ci consentirà di muoverci lungo le mappe di gioco, mentre la croce direzionale del secondo agirà sull’angolazione della telecamera. Puntando il telecomando verso lo schermo visualizzeremo un mirino: esso individua il punto in cui Layle concentra i suoi poteri di telecinesi. Premendo A attireremo a noi l’oggetto, il nemico o la persona selezionata facendola volteggiare sopra la nostra testa. Dovremo quindi decidere cosa farne: una cassa del tesoro può essere in questo modo infranta, una porta aperta o una pietra scagliata; uno scossone del Wiimote e il comando è assegnato. Dover imprimere continuamente un movimento rapido ed improvviso al telecomando non è il massimo, eppure è l’unico modo che avremo di interagire con la maggior parte degli elementi del mondo di TCB: persino leggere una lettera o un cartello lungo la strada è reso complicato e a tratti difficoltoso. La telecamera a volte bizzosa non aiuta a far sentire il giocatore davvero parte di un mondo che pare non avere, in realtà, molto da offrire. Raramente visitare location, in momenti in cui a richiederlo non è l’evolversi della trama, vi frutterà qualcosa di più che qualche soldo o materiale extra da sfruttare nella sintesi di accessori.

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Ma anche nei momenti in cui le corde della trama si allentano e vi sarà concessa una maggiore autonomia nello scegliere su dove recarvi, le vostre velleità turistiche saranno fortemente disincentivate dall’assenza di un sistema di spostamento rapido tra le varie aree di gioco, per quasi tutta la durata dell’avventura. Non vi resta, se volete, che viaggiare a piedi o al massimo in sella ad un Chocobo.
Le fasi di estenuante peregrinazione sono di tanto in tanto intervallate da sessioni di combattimento in cui emerge l’anima hack ‘n slash del gioco. Quando incapperete in un’area popolata da nemici ostili sarete invitati a sbarazzarvene utilizzando i poteri telecinetici di Layle. Puntando con il Wiimote un oggetto a schermo, che può essere una roccia, un qualche oggetto contundente o un barile pieno d’acqua, potrete attirarlo a voi e spararlo col tasto B contro un nemico per causargli danno. E’ anche possibile d’altra parte agganciare il mostro stesso e poi scaraventarlo addosso ai suoi compagni, impartendo un movimento verso l’alto, il basso, verso destra o verso sinistra a seconda del tipo di nemico in questione. Ripetete fino all’azzeramento dei suoi punti salute, e poi ripetete il tutto con il prossimo nemico, e così via fino a debellare anche l’eventuale boss del livello, di solito grande, grosso ed imponente.
Controlli a parte, è anche la gestione stessa dei combattimenti a rivelarsi piuttosto frustrante: giunti in un’area ostile vi sarà chiesto in molti casi di debellare tutti i nemici presenti. Una volta fatto questo potrete chiudere il portale malefico da cui i mostri provengono. Il problema è che per farlo avrete un tempo limite, esaurito il quale l’area verrà automaticamente ripulita tornando pacifica. Trascorsa un’altra manciata di minuti, ecco il portale riaprirsi ed i mostri invadere nuovamente lo schermo, sia che abbiate precedentemente assolto al vostro compito oppure no. Combattere contro lo stesso set di avversari può essere stimolante per una o due volte, ma alla terza ne avrete già abbastanza.

Quanto ai mini-giochi, è probabile che quelli proposti dalla main-quest vi basteranno ed avanzeranno: si tratterà spesso di guidare un veicolo lungo pericolosi percorsi scoscesi, evitare che i nemici si avvicinino troppo ad un determinato obiettivo, sessioni di fuga spericolata alla Crash Bandicoot o altre in stile shooter in prima persona. Si tratta di digressioni in genere ben realizzate, che però difficilmente vi invoglieranno, complice la disarmante facilità di alcuni e l’estrema irritazione che trarrete da altri, a giocare il titolo più a fondo.

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Un umano dotato di misteriosi superpoteri che può usare su avversari e personaggi non giocanti. Bello, sembra Prototype, o InFamous! Ma… proseguendo con le varie missioni lungo l’ossatura della trama di The Crystal Bearers ci renderemo inesorabilmente conto che Layle non ha alcuna abilità supplementare da imparare oltre alla telecinesi. Andiamo, dove sono i fulmini? Le palle di fuoco? Le lance di ghiaccio? La speranza che il retaggio “ruolistico” della software house abbia influenzato questa produzione dotando il suo protagonista di una benché minima possibilità di evoluzione si è rivelata una pia illusione. La cosa è estremamente triste, perché sia che si tratti di un un GdR che un puro action, chiunque di noi si aspetterebbe di poter imparare nuove mosse o abilità magiche accumulando punti esperienza. In questo caso restiamo invece a bocca asciutta: il menage delle battaglie si ripete pressoché invariato per tutto il corso del gioco.
L’unica possibilità di customizzazione è costituita dalla sintesi, previo miscuglio di elementi di scarto rinvenuti qua e là, di nuovi accessori da far equipaggiare a Layle. Questi migliorano la reattività, la difesa o la concentrazione (parametro che diminuisce il tempo necessario per agganciare un bersaglio con la telecinesi) del nostro presunto eroe, ma l’estrema facilità di base del gioco rende assolutamente superfluo questo ed altri orpelli fintamente determinanti.

Tra l’altro non potremo comunicare nel senso classico del termine con nessuno, o quasi, dei personaggi non giocanti. Perché perdere tempo a parlare con loro se possiamo desumere il loro status emotivo da simpatiche icone sopra la loro testa a mo’ di fumetto? Una nota musicale, un cuoricino, una faccina arrabbiata ci fanno capire cosa provano, se sono contenti od irritati. Conseguenze sul gameplay? Nessuna. Anche questa caratteristica è altamente inutile, e contribuirà unicamente a farvi sentire soli in un mondo popolato da tantissimi nessuno. Se un personaggio parla e si esprime con parole convenzionali è perché ha qualcosa di preciso da dirvi, che siano informazioni importanti ai fini della trama o una sub-quest da proporvi.
Come detto, le missioni secondarie consistono principalmente in una caccia al mostro o mini-game di vario genere. Scegliere di affrontarle va ad aumentare leggermente la longevità del titolo, che si attesta attorno alle 10/12 ore. Ok, non si tratta di un RPG, genere notoriamente caratterizzato da una durata decisamente superiore, ma è fuor di dubbio che Square-Enix avrebbe potuto mettere insieme un’avventura che non finisca prima di cominciare.

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Crystal clear

Lo stile e l’estetica di questo nuovo Crystal Chronicles ricordano da vicino quanto visto in occasione di Final Fantasy XII. L’aspetto dei personaggi, come sempre curato da Toshiyuki Itahana (che è anche il director del gioco), si è in questa occasione molto “umanizzato”, a discapito delle proporzioni “deformed” adottate in passato. Anche il level design e il tono generale delle ambientazioni ricordano quanto visto nelle terre di Ivalice, un mondo dotato di un’avanzata tecnologia soprattutto nell’ambito dei mezzi di locomozione ma anche ricco di ampi paesaggi naturali da esplorare. Il livello grafico generale è più che soddisfacente, soprattutto per quanto concerne la modellazione poligonale del nostro alter-ego Layle e degli altri protagonisti dell’avventura. Appena sufficiente invece il comparto animazioni, numericamente scarse e poco ispirate: persino in occasione delle cut-scene manca quella plasticità a cui i grafici Square-Enix ci hanno abituato. Buone invece le texture, non esageratamente profonde ma di solito sufficienti a conferire una discreta credibilità a superfici ed ambienti. A proposito di ambientazioni, si nota una certa discontinuità della loro resa grafica: alcuni luoghi, soprattutto quelli al chiuso, appariranno molto vividi e particolareggiati; alcuni sapranno colpirvi per i loro colori sgargianti e per la loro grande ispirazione artistica, posizionandosi così ai livelli di maggior pregio permessi dalla console Wii; ma altri saranno al contrario piuttosto spogli ed anonimi risultando deludenti e attestandosi su livelli di dettaglio anche inferiore a quanto visto in molti titoli della passata generazione di console, tra cui il summenzionato FF12. Praticamente assente qualsivoglia effetto particellare e di illuminazione dinamica, cosa che contribuisce a dare al gioco un aspetto meno curato di quanto non sia in realtà: un tale effetto di piattezza non sarebbe stato gradito nemmeno su piattaforma PS2. C’è comunque da dire che i caricamenti si mantengono pochi e veloci, e che il gioco non soffre di cali di framerate né di altre imperfezioni grafiche se non la citata e sporadica penuria di dettagli.

Come avrete capito questo Crystal Bearers è un “para-Final Fantasy” piuttosto atipico. Oltre alle già enunciate caratteristiche del sistema di gioco così lontano dal gusto RPG che l’utente medio potrebbe aspettarsi, si permette addirittura di venir meno all’antica equazione “Final Fantasy = colonna sonora eccellente”. Già, perché difficilmente possiamo ritenere il lavoro di Hidenori Iwasaki, music composer di questo gioco, anche lontanamente confrontabile all’opera dei suoi sempai Uematsu e Hamauzu.
E non si tratta di un giudizio opinabile, che può variare in base ad i gusti di ognuno. Quante persone detestano l’eccentrica colonna sonora di Bayonetta, così caratterizzata da note J-Pop, ma anche quante persone la adorano? La causa di The Crystal Bearers, invece, è difficilmente perorabile: complice l’intento di proporre il gioco ad un’ampia utenza che si suole definire “casual”, ci verranno proposti temi nel migliore dei casi scialbi ed anonimi; altri saranno veramente brutti ad ascoltarsi, come l’orrida musichetta country che fa da sottofondo ai riconoscimenti del team di sviluppo. Da evitare come la peste.
Il comparto audio non è particolarmente risollevato dal doppiaggio inglese. Spesso le voci, che sono le stesse già sentite in decine di altri videogiochi di estrazione orientale, non sono particolarmente adatte ai personaggi che interpretano, a cominciare dal protagonista, ed anche il livello della recitazione è piuttosto altalenante. Per contro, gli effetti sonori sono di buona fattura e contribuiscono insieme al buon impatto grafico a rendere la nostra esperienza sensoriale sufficientemente immersiva e gradevole.

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Brutte notizie però per i meno poliglotti: Square-Enix non ha previsto una localizzazione del gioco in italiano, sia l’audio che i sottotitoli ed i menù di gioco sono unicamente disponibili in inglese, francese e spagnolo.

Il cristallo appannato

In definitiva The Crystal Bearers è un compendio di idee in genere ispirate ma non sempre realizzate al meglio, un’esperienza che spazia dall’esser percepita come una coraggiosa deviazione della serie dall’ambito dei J-RPG puri a sconclusionato guazzabuglio di generi diversi forzatamente portati a convivere sotto il marchio Final Fantasy.
Nonostante la resa grafica sia di buon livello, a causa dei minigiochi simpatici ma scontati e un gameplay fin troppo ripetitivo che avrebbe da imparare sia da Prototype che da un qualsiasi vero gioco di ruolo, l’impressione è quella di trovarsi di fronte ad un work in progress, un titolo dal buon potenziale che però non innesta mai davvero la marcia di partenza per risultare profondo ed appagante. Pur lodando (per una volta) l’iniziativa di Square-Enix di volersi innovare proponendo qualcosa di diverso dal solito, non possiamo esimerci dal constatare che il risultato finale riesce solo in minima parte a dire la sua nel panorama action-adventure, essendoci per Wii alternative per molti aspetti migliori.