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Recensione Recensione di DiRT 3

Recensione di DiRT 3 di Console Tribe

di: Santi "Sp4Zio" Giuffrida

A poco meno di due anni di distanza dall’uscita di Colin McRae: DiRT 2, i talentuosi sviluppatori di Codemasters tornano in pista con DiRT 3, il primo capitolo della fortunata serie a non portare il nome del celebre pilota scozzese, scomparso prematuramente nel 2007. Il testimone passa infatti a Ken Block, pilota americano specializzato nel drift e nel freestyle che incarna alla perfezione l’esuberanza nonché la spettacolarità del titolo che ci apprestiamo ad analizzare.
Allacciate la cintura, si parte!

Una quattro stagioni alla curva 2

Una volta avviato il gioco, veniamo accolti da un’interfaccia grafica accattivante e di facile navigazione, in grado di catapultarci in men che non si dica nel cuore del titolo, il Tour Dirt – una modalità carriera composta da ben quattro stagioni, ciascuna delle quali comprendente quattro campionati dal numero variabile di eventi disputabili.
L’offerta ludica, come da tradizione, non poteva che essere variegata e infatti strizza l’occhiolino sia agli amanti del rally nudo e crudo, sia a quanti sono alla ricerca di qualcosa che non si limiti ad essere una mera sfida contro il tempo. DiRT 3 è infatti un racing game off-road multiforme, che abbraccia molteplici discipline (Rally, RallyCross, TrailBlazer, LandRush, Head 2 Head), alternando auto da rally (storiche e moderne), pick up e dune buggy in gare “da punto a punto” o su circuiti chiusi. Ma la vitalità del titolo Codemasters esplode dirompente nelle sfide Drift Showcase e Smash Attack: nelle prime dovremo ottenere quanti più punti possibili eseguendo spettacolari derapate; nelle seconde, similmente a quanto visto nel Gate Crusher di DiRT 2, saremo invece chiamati a distruggere entro un tempo limite delle sagome di cartone disseminate nell’area di gioco.

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DiRT 3 raggiunge però il suo apogeo con l’esaltante modalità Gymkhana, che potremmo definire “il nirvana della guida spericolata”: è qui che entra in gioco Ken Block, il quale, attraverso una serie di veloci tutorial (doppiati in lingua italiana), ci introdurrà ai fondamenti di questa pazza disciplina, di cui egli stesso è il maestro incontrastato se non addirittura il precursore. Ambientato nella centrale elettrica di Battersea, il DC Compound è una vasta area suddivisa in più sezioni in cui potremo darci alla pazza gioia compiendo le manovre più folli che un’auto possa sostenere. Rampe, container, oggetti da distruggere e drift gate sono solo alcuni degli elementi dello scenario che ci spingeranno a infierire sul freno a mano alla ricerca della derapata più esagerata e “caliente”. Praticamente il luogo ideale dove poter affinare le proprie skill o più semplicemente un divertissement irrinunciabile dopo qualche gara impegnativa di troppo.

L’avanzamento nella carriera riprende quanto già visto in altri titoli appartenenti allo stesso genere: in base al piazzamento ottenuto alla fine di ogni evento – a prescindere dalla disciplina – ci verranno assegnati dei punti reputazione, grazie ai quali riusciremo a sbloccare nuovi campionati e nuove auto, attirando l’attenzione di diverse case automobilistiche fino all’ottenimento di nuovi ingaggi e livree.
Come già anticipato poco sopra, oltre alle moderne vetture da rally potremo metterci al volante di grandi auto che hanno fatto la storia delle competizioni fuoristrada, come ad esempio la Fiat 131 Abarth, la Renault 5 o la mitica Lancia Delta HF Integrale. Insomma, ce n’è per tutti i piloti, nostalgici e non.
E che dire delle location? Vi troverete a viaggiare da un angolo all’altro del globo, dai polverosi e assolati villaggi del Kenya alle regioni nordiche della Finlandia e della Norvegia, dalle superfici nevose (assenti ingiustificate del precedente capitolo) delle montagne di Aspen all’umidità dei laghi del Michigan, fino alla suggestiva zona portuale del Principato di Monaco.

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Derapare che passione

Il modello di guida messo a punto dagli sviluppatori di Codemasters non si discosta poi così tanto da quello del precedente capitolo. Ancora una volta, quindi, ci ritroviamo tra le mani un racing game a metà tra un arcade ed un simulatore. Un sistema di guida moderatamente impegnativo ma destinato ad intrattenere praticamente chiunque (previa personalizzazione dei consueti aiuti alla guida e livello di difficoltà), regalando sin dalle prime battute di gioco un sorrisetto compiaciuto ad ogni manovra azzardata nonché ad ogni curva perfettamente pennellata.
Rispetto al predecessore è stata mitigata la fastidiosa sensazione di “surfing” sullo sterrato, quantunque il peso specifico delle vetture risulti tuttora mal calibrato (l’impressione dominante è che le vetture siano troppe leggere), nonostante la reazione dell’auto sia adesso più verosimile durante il passaggio da un fondo stradale all’altro.
Di buona fattura l’I.A. dei piloti avversari, soprattutto ai livelli di difficoltà più elevati (sei in totale); qualora dovessimo subire la pressione esercitata dai nostri rivali, e dovessimo quindi schiantarci contro una barriera o finire fuoripista, potremo riavvolgere la gara di una manciata di secondi utilizzando l’ormai onnipresente “flashback”, retaggio del precedente capitolo e del più recente F1 2010. A tal proposito i “puristi” potrebbero scuotere il capo in segno di dissenso, ma è opportuno sottolineare come l’abuso di tale funzione/aiuto venga “sanzionato” dando un taglio ai punti reputazione acquisiti a fine gara. Non dite che non vi abbiamo avvisato.
Quando si parla di incidenti o manovre da ritiro di patente, non si può non parlare del sistema di danni, da sempre croce e delizia di questo genere di produzioni. Grazie al prodigioso EGO Engine, graffi ed ammaccature appaiono fedelmente riprodotti, fino ad influenzare la manovrabilità della vettura in concomitanza degli urti più violenti, seppur con le dovute limitazioni.
Appena accennato invece il tuning delle auto: non è possibile acquistare dei potenziamenti né tantomeno personalizzare le livree. Tutto ciò che ci è consentito fare è modificare la messa a punto della vettura attraverso la regolazione di alcuni parametri come il rapporto delle marce, la deportanza, la rigidità delle sospensioni, l’altezza dal suolo e così via.

!==PB==!
Ti ho visto sul Tubo!

Come ogni racing game che si rispetti, anche DiRT 3 vanta un comparto multiplayer che ci permette di affrontare online o in split-screen tutti i tipi di gara presenti nel Tour Dirt e nelle altre modalità single player, con la frizzante aggiunta di curiose varianti “party” studiate appositamente per divertirsi in compagnia dei propri amici: se nella modalità Invasion vince il giocatore che colpisce con la propria auto il maggior numero di sagome di cartone, Transporter è invece una sorta di “cattura la bandiera” in salsa rally, mentre in Outbreak dovremo sopravvivere ad un’infezione che si trasmette speronandosi l’un l’altro. Ma il divertimento continua con la frenetica modalità Cat ‘N’ Mouse, in cui due squadre si ostacolano a vicenda con l’unico obiettivo di far tagliare il traguardo al rispettivo “topo”, e la più tranquilla Joyride, concepita esclusivamente per esaltare il piacere della guida sportiva nelle varie sezioni del DC Compound.
Una delle feature che non può passare inosservata, è per ovvie ragioni la possibilità di caricare i nostri video su Youtube direttamente dall’apposita interfaccia grafica in-game. Poter condividere con il mondo intero le derapate più spettacolari, i sorpassi al limite o gli incidenti più scenografici, è sicuramente una novità interessante, e abbiamo ragione di credere che altri sviluppatori percorreranno la medesima strada.
Ciò che invece non abbiamo apprezzato è il vincolo del VIP Pass, un codice riscattabile presente in ogni copia del gioco, senza il quale non potrete né giocare online, né caricare le vostre performance su YouTube. Questo significa che se deciderete di ricorrere al mercato dell’usato sarete costretti ad acquistarlo separatamente sul Marketplace di Xbox Live o sul Playstation Store del PSN. Pollice verso.

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Questione di EGO

Tecnicamente parlando, DiRT 3 è semplicemente una gioia per gli occhi, il lavoro svolto dai ragazzi di Codemasters è davvero encomiabile. L’EGO Engine si presenta in forma smagliante, sorprendendo ancora una volta per stabilità e magnificenza visiva: il frame rate è ancorato ai 30fps (salvo impercettibili défaillances) e garantisce un eccezionale senso di velocità; la modellazione poligonale delle vetture è lodevole (interni compresi), mentre la ricostruzione dei circuiti buca letteralmente lo schermo, soprattutto grazie ai fantastici effetti atmosferici (splendide le goccioline di pioggia sulla carrozzeria) e la meticolosa gestione delle sorgenti luminose. Le auto riflettono ogni elemento dello scenario e, a seconda della superficie (ghiaia, fango, neve, asfalto polveroso), si sporcano progressivamente sotto i nostri occhi, in modo del tutto naturale.
Di fronte a cotanta bellezza poligonale potremmo persino non chiamarli in causa, eppure crediamo sia giusto spendere due parole anche per i menu di gioco: curati, intuitivi e dallo stile inequivocabile, anche se i più nostalgici potrebbero sentire la mancanza del “paddock” di DiRT 2.
Eccellente infine il comparto audio, dal chiacchiericcio del navigatore agli effetti sonori (di buona qualità il campionamento del rombo dei motori così come il rumore sordo degli urti), passando per una soundtrack “rockeggiante” orecchiabile e mai ripetitiva, firmata peraltro da nomi più o meno celebri, come ad esempio i Deaf Havana, gli Alter Bridge, i Fort Knox Five, i Run DMC ed altri ancora.

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Perché sei come sei

DiRT 3 è un racing game adrenalinico, veloce e votato al divertimento. Inutile trastullarsi su quanto sia simulativo o arcade: i detrattori della serie potrebbero sentirsi in diritto di accusare Codemasters di pusillanimità per non aver rivoluzionato il proprio titolo, ma la realtà dei fatti è che DiRT 3 si concede diverse licenze poetiche, focalizzandosi su un’esperienza di guida esaltante, accessibile, stratificata e a favore di una spettacolarità esente dal rigore simulativo.
Chi non ha mai amato la serie difficilmente cambierà idea o riuscirà a carpirne la reale essenza, ma per tutti gli altri è un gioco che non può assolutamente mancare nella propria ludoteca.
Indossate tuta e guanti, il fango non era mai stato così seducente.