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Recensione Lords of the Fallen

Non è un Souls, non è un Souls, non è un SoulsFrom Software non c’entra nulla, si tratta di un altro gioco, diverso. Un certo training mentale è d’obbligo per cercare di mantenere una certa obiettività nell’analisi di un gioco, soprattutto se preceduto nei mesi da una valanga di informazioni, interviste dai messaggi più o meno espliciti, spesso di segni contradditori. Poi carichi il videogioco, ti immergi per qualche manciata di ore e ti accorgi che lo stupido esercizio mentale non è servito a nulla: l’idea di prendere in esame o giocare dimenticando i Souls è impossibile, dunque se troverete molti riferimenti o confronti scusateci ma è inevitabile. Benvenuti in Lords of the Fallen.

di: Giovanni Manca

Non è un Souls, non è un Souls, non è un SoulsFrom Software non c’entra nulla, si tratta di un altro gioco, diverso. Un certo training mentale è d’obbligo per cercare di mantenere una certa obiettività nell’analisi di un gioco, soprattutto se preceduto nei mesi da una valanga di informazioni, interviste dai messaggi più o meno espliciti, spesso di segni contradditori. Poi carichi il videogioco, ti immergi per qualche manciata di ore e ti accorgi che lo stupido esercizio mentale non è servito a nulla: l’idea di prendere in esame o giocare dimenticando i Souls è impossibile, dunque se troverete molti riferimenti o confronti scusateci ma è inevitabile. Benvenuti in Lords of the Fallen.

Dove ci siamo già incontrati?

E’ caratteristico della storia dei videgiochi che ci sia qualcosa che si distingua in modo clamoroso dalla massa a tal punto che faccia scuola e proseliti: oggi questo sta succedendo nel panorama degli action GDR con la serie Souls di From Software, in grado di definire un nuovo genere e, come tale, assoluto parametro di riferimento. Il primo “figlio illegittimo” ad arrivare sulle nostre console è Lords of the Fallen, sviluppato da Deck13 Interactive e CI games e pubblicato da Namco Bandai ( si, anche questo).
Un guerriero dall’armatura scintillante lotta contro un enorme mostro sulle cime innevate di un mondo lontano ma, la presenza di una forza oscura dalla potenza inimmaginabile, è pronta a scatenarsi: un’introduzione formidabile, che ci porta avanti nel tempo rispetto a quello che sarà l’inizio del nostro viaggio nei panni di Harkyn. Grosso come un orso, calvo e con la barba, è un criminale i cui peccati gli sono stati tatuati sul volto, in viaggio con il suo mentore Kaslo per cercare la redenzione e soprattutto per sconfiggere i Rhogar e i Lord, demoni di un’altra dimensione. Questo è il plot principale di un’avventura in cui il nostro cammino si intreccerà con quello di altri personaggi, non tutti indimenticabili per la verità, che sveleranno comunque molto poco della trama principale: come accade nella serieSoul’s, tutte le informazioni utili, i vari intrecci e le sfumature si evincono da delle pergamene sparpagliate nello scenario, consultabili in ogni momento nella voce “lore” nel menù principale. Fedele dunque a quello che potrebbe essere considerato il suo capostipite e molto lontano dai giochi di ruolo in cui si intavolano vere e proprie conversazioni con decine di personaggi di passaggio: in Lords of the Fallen si combatte e si muore, non c’è tempo per parlare, magari per leggere qualcosa. La trama comunque non brilla per originalità, si sviluppa in modo molto lineare senza particolari colpi si sorpresa, si rifugia in personaggi abbastanza stereotipati e l’unico spunto interessante sarebbe potuto essere la fase in cui saremo chiamati a delle vere e proprie scelte, se non fosse per il fatto che non sempre queste influiscono in modo importante sullo svolgimento degli eventi.

Il destino del mondo

Il protagonista dunque è Harkym, vi abbiamo già descritto le sue fattezze fisiche perché il gioco, da questo punto di vista, non ci permette una personalizzazione; nella prima run è possibile solo determinare una classe delle tre disponibili (ladro, chierico o guerriero), andando così ad incidere sulle caratteristiche ed equipaggiamento iniziali, il tipo di magia (rissa, inganno, conforto), ognuna delle quali ha solo un potere in comune, la “preghiera”, mentre tutti gli altri sono unici. La prima scelta ha una importanza relativa, dal momento che nel corso dell’avventura è possibile determinare a piacimento il livello delle proprie caratteristiche grazie ai punti esperienza ed equipaggiare qualsiasi tipo di arma e armatura, mentre nel caso della magia non si può tornare indietro dalla scelta iniziale. E’ proprio nell’utilizzo dei punti esperienza che LotF si discosta da Dark Soul’s proponendo un sistema originale: non c’è un particolare personaggio al quale rivolgerci, non ci sono i falò ma un sistema piuttosto simile, dei checkpoint raffigurati da delle pietre luminescenti sospese in aria. Nei pressi di questi punti è possibile ricaricare l’energia vitale ma, soprattutto, sviluppare il protagonista spendendo l’esperienza raccolta durante i combattimenti, scegliendo tra “punti incantesimo” e “punti caratteristiche”: con la pressione del grilletto sinistro si utilizza esperienza per i primi, necessari per le magie, con il destro invece i secondi, utili per accrescere il livello delle caratteristiche. I punti così ottenuti sono una specie di cassaforte che mette al sicuro l’esperienza in caso di morte. Un’altra particolarità sta nel premio bonus sui punti esperienza che viene assegnato al giocatore che si dedica alle uccisioni consecutive, un moltiplicatore che arriva fino a raddoppiare l’esperienza rilasciata fino al momento in cui non si muore o si utilizza il punto di ristoro, il che stimola senza dubbio il giocatore a lunghe e rischiose run di battaglia. Proprio come la serie di From Software, la morte equivale a perdere tutti i crediti d’esperienza accumulata e non spesa fino a quel momento ma, anche questa volta, è però possibile tornarne in possesso recandoci nel punto dell’infausto trapasso.

Datemi un’ascia, anzi, un guanto

L’aspetto che più ha caratterizzato il capolavoro From è stato senza dubbio il combat system, l’intelligenza artificiale dei nemici, rispetto ad altri che trovano molti elementi in comune con tanti altri giochi di ruolo. Ed è proprio sotto questo aspetto che Tomasz Gop, produttore esecutivo già all’opera sull’ottimo The Witcher 2, ha deciso di seguire l’illustre esempio giapponese senza comunque rinunciare a proporre qualcosa di diverso. Iniziamo subito a dirvi che il sistema di controllo e la mappatura del controller sono del tutto identici a quanto visto e giocato sui Soul’s, fatta qualche eccezione che poi vedremo, con la conseguenza che i fan del giocoFrom non avranno bisogno di dare un a controllatina alla guida o al tutorial in game. Parata, attacco con scudo, attacco leggere e attacco pesante, corsa, magie, uso degli oggetti, salto, rotolata, tutto insomma si esegue allo stesso modo; l’unica importante differenza è che quando si accede al menù di gestione del personaggio il gioco va davvero in pausa. La fisica è molto familiare, il personaggio si muove con una pesantezza realistica, forse ancora più credibile rispetto ai Soul’s, in tutti i suoi movimenti, soprattutto nell’uso delle armi e nella schivata, molto limitati in relazione al rapporto tra il peso trasportato e il carico massimo. In questo senso gli step di velocità sono tre e, quando si va oltre il peso massimo sopportabile, Harkym non solo è rallentato ma addirittura non è in grado di usare armi piuttosto che lo scudo o usare pozioni. Il peso fa sempre riferimento all’equipaggiamento e non all’inventario che al contrario non incide su quel parametro. Dell’equipaggiamento da parte anche un maglio magico, dei guanti in grado si sprigionare degli attacchi a distanza al costo di punti magia, indicati da una barra d’energia sotto quelle relative alla vita e ala stamina. Qualsiasi sia la forza raggiunta, se si utilizza un’arma a due mani, come uno spadone o una grossa lancia, scegliere di brandirla in combattimento con una sola mano per lasciarsi lo scudo con l’altra, andrà incidere di parecchio sulla velocità delle mosse e sul consumo di stamina, obbligando ad una scelta ben ponderata su cosa usare, come e in che momento del combattimento. Da questo punto di vista, come abbiamo già accennato, LotF gratifica il giocatore esigente e il sistema studiato non farebbe rimpiangere i Soul’s, peccato però per una intelligenza artificiale dei nemici non sempre all’altezza della situazione e ad una loro caratterizzazione generale un po’ scialba. Con un po’ di pazienza, infatti, è possibile studiare i pattern di attacco nemici ed agire di conseguenza, magari approfittando dei tempi morti piuttosto lunghi tra un affondo e l’altro o dei girotondi infiniti intorno al buon Harkym. In considerazione del fatto che le varianti dei nemici non sono poi tante e che spesso non è facile distinguerli tra loro, di una intelligenza artificiale non proprio brillante, non rende i combattimenti meno impegnativi ma certamente un po’ monotoni. Con la sua fisicità e pesantezza Harkym si muove in uno scenario piuttosto esteso ma molto più piccolo rispetto ad altri giochi di ruolo e molto meno ricco di tesori e segreti rispetto ai lavori From, allo stesso modo però c’è il rischio di entrare in aree non proprio “salutari”, come in quelle abitate da boss comunque contrassegnate da degli indicatori nelle vie d’accesso.
Genalmente i boss sono tosti, come piace a noi, quasi impossibili da sconfiggere (non tutti ma quasi) se non ci si presenta al loro cospetto dopo aver “farmato” parecchio e aumentato di parecchio i livelli delle caratteristiche o aver trovato equip decenti. Apriamo una piccola parentesi per sottolineare come l’utilizzo dei checkpoint non rigenera i nemici uccisi (come i falò dei Dark Soul’s) e come per livellare accumulando esperienza sia necessario entrare in un’altra area dello scenario o… morire. Chiusa parentesi, ritornando ai boss quelli veramente epici, per l’atmosfera, per la caratterizzazione e per la difficoltà, non sono tanti, personalmente tre o quattro; normalmente hanno quattro o cinque pattern di attacco che cambia in relazione alla diminuzione della energia vitale e, a seconda del modo in cui vengono uccisi, possono “droppare” degli oggetti rari. L’uccisione di nemici “chiave” apre dei portali che portano ad una dimensione parallela ricca di forzieri e possibili insidie che non vi sveliamo.

Nuova generazione, Lord of the Souls?

Prima di entrare nel dettaglio, dal punto di vista della realizzazione tecnica la sensazione è che il gioco sia stato rilasciato un po’ in anticipo sui tempi, quasi a cercare una data sul calendario che ben si incastrasse con altre release. A dare legittimità a questo dubbio c’è la monumentale patch di oltre due GB da installare al primo accesso, fondamentale per risolvere numerosi bug presenti nella versione “liscia” del gioco. Nonostante questo, l’engine grafico sembra sempre sul punto di entrare in crisi, anche in momenti di apparente “tranquillità”, per capitolare in probemi più o meno gravi in situazioni più affollate; il dettaglio generale delle texture dei protagonisti e di tutto ciò che li circonda, dagli elementi architettonici a quelli del paesaggio, dagli effetti luce a quelli particellari è discretamente alto, molto al di sopra di quanto abbiamo visto in giochi di questo tipo sulla passata generazione di console (sembrerebbe scontato ma visto quello che cìè in giro non lo è) e al passo con le migliori produzioni per PS4 e Xbox One, ma l’aggiornamento su schermo è tutt’altro che fluido, non solo in fase di combattimento ma anche in quello esplorativo, con cali di fotogrammi al secondo piuttosto evidenti. E’ possibile regolare la sensibilità del controllo della visuale ma in ogni caso si evidenziano problemi di v-sinc con fastiosi tearing sullo schermo che pensavamo di esserci lasciati ormai alle spalle; visuale che oltretutto va in estrema difficoltà quando ci troviamo durante un combattimento, dopo aver “agganciato” il nemico, con le spalle ad muro: in questo caso Harkym scompare completamente dallo schermo facendoci perdere l’orientamento e costringendoci a portare fendenti a casaccio mentre cerchiamo una posizione comoda per ritrovare una visuale decente. Considerato che le mappe del gioco si dipanano in gran parte in locazioni al chiuso, spesso angusti e labirintici corridoi, è facile come il problema di visuale possa inficiare notevolmente l’esperienza di gioco. Intendiamoci, l’impatto grafico generale è buono ma non possiamo non sottolineare come una maggiore cura nelle fasi di test avrebbe potuto limare tutti i problemi citati. Lords of the Fallen è localizzato in italiano per quanto riguarda i testi mentre il doppiaggio delle voci è in lingua inglese; le musiche di sottofondo regalano un’ottima atmosfera fantasy e sono ottimamente contestualizzate alle rispetti fasi dell’avventura.

Fallen si o Fallen no, my Lord?

Ci eravamo promessi di rapportari a Lords of the Fallen senza pensare troppo ai tre magici Soul’s di From Software, di pensare ad un gioco totalmente nuovo. Ad impedire questo tipo di approccio ci hanno però pensato Deck13 e CI, proponendo troppe poche novità alla struttura di gioco che ha avuto così tanto successo e clamore e senza cercare di allontanarsene troppo, se non per alcune scelte di gameplay. Lords of the Fallen preso così, come se non avessimo avuto esperienza di questo tipo negli ultimi anni, un videogioco divertente, stimolante nonostante evidenti problemi e una trama banale; il suo più grande problema è che cerca lui stesso un paragone con una serie di capolavori e da questo ne esce con le ossa rotte: dei Soul’s non ne ha l’epicità, la vastità, l’enorme ricchezza di segreti, il magnetismo assoluto che ti incolla per centinaia di ore davanti allo schermo. I Soul’s sono quei capolavori che giochi con il pensiero anche quando stai mangiando o quando sei sdraiato sul divano senza far nulla perchè si è sempre alla ricerca di come fare qualcosa, Lords of the Fallen no. E’ un gioco che merita di essere provato e giocato e molti si divertiranno davvero. Il confronto però lo hanno voluto loro.