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Recensione In Space we Brawl

Forge Reply è un nome che sicuramente suonerà familiare ai più vecchi frequentatori del Tribe, soprattutto se in gioventù sono stati abili lettori interattivi delle gesta di Lupo Solitario. Alla software house tutta italiana, difatti, in tempi recentissimi è toccato il gravoso compito di ricreare le atmosfere dell’ultimo dei Ramas/Kai sulle piattaforme mobile, fornendo una valida occasione per dare una spolverata ai giocosi ricordi di gioventù. Però oggi non parleremo del guerriero nato dalla penna di Joe Dever, bensì di quello che può essere considerato l’esordio del team nostrano su home console, un esordio che, però, al pari di quanto fatto su iOS e Android, affonda le sue radici nella spensieratezza di un tempo che fu. In Space We Brawl, difatti, nasce da un modo così retrò di concepire l’intrattenimento video ludico che è impossibile non notare.

di: Simone Cantini

Forge Reply è un nome che sicuramente suonerà familiare ai più vecchi frequentatori del Tribe, soprattutto se in gioventù sono stati abili lettori interattivi delle gesta di Lupo Solitario. Alla software house tutta italiana, difatti, in tempi recentissimi è toccato il gravoso compito di ricreare le atmosfere dell’ultimo dei Ramas/Kai sulle piattaforme mobile, fornendo una valida occasione per dare una spolverata ai giocosi ricordi di gioventù. Però oggi non parleremo del guerriero nato dalla penna di Joe Dever, bensì di quello che può essere considerato l’esordio del team nostrano su home console, un esordio che, però, al pari di quanto fatto su iOS e Android, affonda le sue radici nella spensieratezza di un tempo che fu. In Space We Brawl, difatti, nasce da un modo così retrò di concepire l’intrattenimento video ludico che è impossibile non notare.

C’era una volta…

Me lo ricordo ancora con le lacrime agli occhi quella sera di metà anni ’80 in cui mio padre ritornò a casa, a mia insaputa, portando in braccio un fiammante Commodore 64: l’inizio ufficiale della mia carriera videoludica. Ero l’unico della classe a possedere quell’apparecchiatura che sembrava uscita dal futuro, mentre gli altri erano costretti ad accontentarsi di monocromatici Game & Watch tarocchi, oppure dell’infinitamente meno accattivante Spectrum (la machine war c’era anche allora, potente e forte come oggi). Fu quello l’inizio delle scampanellate pomeridiane, accompagnate dalle voci imploranti degli amici desiderosi di sfidarmi al Calcio, nome con cui era più conosciuto International Soccer di Andrew Spencer. E da lì iniziarono a fiorire le sfide sul divano, sferrate a colpi di offese e Quickshot brutalizzati. Poi si crebbe, tutti assieme, e gli anni si portarono appresso l’erede del glorioso 8 bit di casa Commodore e con lui sua maestà Sensible Soccer. A rimanere immutate furono però le nostre chiappe comodamente adagiate sul divano. Divennero scomode seggiole di casa universitaria in affitto quelle che allietarono le sberle di Tekken 3 prima e di Pro Evolution Soccer 3 poi. A non cambiare, però, era l’essenza di quelle sfide, fatta di mani sudate, joypad cablati e contatto fisico, quasi carnale, tra i contendenti. Ecco, se penso ai quattro ragazzi responsabili di In Space We Brawl mi viene impossibile non vederli calati in una realtà passata così simile a quella che ho appena descritto, la mia. Ogni riga di codice di questo piccolo progetto del team italiano, difatti, trasuda questa sana voglia di tornare alle origini del multiplayer, un mondo fatto di amici che si ritrovano tutti riuniti nella medesima stanza, mossi solo dall’intento di divertirsi ma, soprattutto, di condividere assieme la propria passione video ludica. Però una domanda, visto che crescendo è inevitabile divenire polemici, nasce spontanea: oggi c’è ancora posto per un simile modo di intendere il divertimento digitale?

Tanto tempo fa, in una galassia lontana…

Ecco, dopo aver dato un tono retrò anche a questa recensione, rendendola simile a quelle di una volta, in cui magari il redattore di turno ti parlava per righe e righe dei fatti suoi, per poi liquidare il gioco in oggetto con tre frasi in croce, vediamo di analizzare cosa offre il gioco Forge Reply. Anche se quelle review dei tempi che furono mi piacevano così tanto…
In Space We Brawl non è altro che un twin stick shooter votato unicamente al multiplayer locale: un massimo 4 giocatori si sfideranno in numerose arene a tema spaziale in quello che può essere visto come una sorta di Smash Bros. volante. Scelto il proprio mezzo, la propria arma secondaria e la location, si viene catapultati nel cosmo nel tentativo di avere la meglio sugli avversari. Le meccaniche, soprattutto per la gestione dello schermo (se usciamo da un lato rientriamo dal lato opposto), ricordano molto da vicino Asteroids, ma la possibilità di utilizzare scudi e le differenze belliche e difensive dei vari veicoli donano al gioco una valenza tattica che allontana dall’essere un semplice shooter. Ogni navicella, difatti, godrà di pregi e difetti particolari, così come avviene per le varie armi secondarie che è possibile equipaggiare: le differenti modalità con cui è possibile approcciare gli scontri donano al tutto una forte componente strategica che, seppur calata in un contesto comunque frenetico, fornisce a In Space We Brawl uno spesso decisamente inusuale per prodotti di questa tipologia. Peccato che, per poter esprimere in pieno tutto il suo potenziale, il gioco richieda la presenza di tutti e quattro i giocatori possibili, fattore reso decisamente scomodo da due fattori non certo trascurabili: avere effettivamente a portata di chiappa altri 3 amici e, soprattutto, altrettanti (costosi) DualShock 4. La voglia di riproporre, come detto in apertura, un’esperienza che strizza fortemente l’occhio agli albori del media videoludico è sicuramente encomiabile, però è innegabile che la presenza della possibilità di competere anche online, oppure di giocare (anche se con livelli di soddisfazione ridotta) contro BOT gestiti dall’IA sarebbero state aggiunte piacevoli. Quindi che fare di In Space We Brawl se siete inguaribili misantropi? Forge Reply ha visto bene di corredare il tutto di alcune sfide single player, tra l’altro discretamente bastarde, utili per impratichirsi con i controlli e le tattiche di gioco, ma anche per sbloccare armi e veicoli bonus. Questa sua voglia di appartenere ad un retaggio passato si riscontra anche in un aspetto marginale del titolo, ovvero la completa assenza di Trofei, fatto decisamente inusuale per una produzione attuale. Ma in fondo quando mai ci sono stati i Trofei sul Commodore 64?! E la grafica? E il sonoro? A noi ragazzi di una volta non interessano questi miseri aspetti secondari: esteticamente è il gioco è funzionale e coloratissimo, mentre spassoso è il sonoro, specialmente le campionature vocali dei vari speaker che, grazie a campionature vocali esilaranti, accompagneranno piacevolmente le risse spaziali.

È difficile dare un giudizio univoco ad In Space We Brawl, pertanto rapportate il voto di questa recensione a quello che è il vostro background videoludico. Se come il sottoscritto avete ben più di una manciata di anni sulle spalle, sicuramente aumentate quanto scritto di una decina abbondante di punti, magari anche in virtù dei dolci ricordi che questa esperienza potrebbe far riaffiorare. Se siete più giovincelli, oppure semplicemente non potete fare a meno di headshottare uno sconosciuto che abita dall’altro capo del globo, il numerino che troverete vi sembrerà anche sin troppo alto. La creatura di Forge Reply è onesta e mette sul piatto senza nascondersi quelle che sono le sue intenzioni. Ecco, proprio per questo, però, viene da storcere la bocca al cospetto di un prezzo di vendita decisamente un po’ troppo elevato per ciò che acquistiamo. Anche su questo aspetto, però, pare che tutto sia rimasto in linea con gli anni ’80, quando i videogames, se paragonati al potere d’acquisto di allora, costavano quasi come un rene buono.