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Recensione Immergiamoci nel magico mondo di Dust: An Elysian Tail

Immergetevi in uno straordinario mondo dipinto a mano alla ricerca della vostra identità. Nei panni del misterioso guerriero, Dust, dovrete affrontare insieme all'epica spada di Ahrah e alla batuffolosa Fidget dozzine di nemici, risolvere enigmi e scovare potenti update per scoprire la storia di una antica civiltà e il vostro passato.

di: Nicola "Wanicola" Caso

Ed eccoci giunti anche quest’anno al termine della Summer of Arcade, unico deterrente dal caldo e dalla piattezza delle uscite estive. Anche quest’anno il palinsesto delle offerte Microsoft si è dimostrato solido e soddisfacente con vari giochi di indubbio spessore, ma a differenza degli altri anni orfano di un vero e proprio pezzo da ’90 tale da spiccare sugli altri. Ultimo ma non ultimo ecco però arrivare Dust: An Elysian Tail, vera e propria Cenerentola dell’era videoludica in grado di dimostrare come l’impegno e la passione siano in grado di sopperire alla mancanza di grandi capitali nella creazione di un buon gioco.

Furry e discriminazioni

Concepito e sviluppato dalla mente dell’animatore Dean Dodrill, Dust: An Elysian Tail incarna tutto ciò che di anti-commerciale sussiste ancora nell’industria moderna. Salito alla ribalta grazie al concorso Dream.Build.Play Challenge di Microsoft, il gioco in questione propone paesaggi coloratissimi disegnati a mano, topi antropomorfi che sembrano usciti dal peggior furry-fandom immaginabile e un gusto eccessivamente edulcorato per quanto riguarda la realizzazione generale.Immagine di gioco Diciamolo, a prima vista è più facile guardare e passare oltre piuttosto che appassionarsi alle bizzarre avventure di un topo bipede armato di spada parlante e accompagnato da una volpe volante. Eppure, accantonati per una volta i gusti personali, Dust si rivela un titolo formidabile sotto (quasi) tutti i punti di vista. Impresa che ha dell’incredibile se si considera che la stragrande maggioranza del lavoro dietro al titolo è stato realizzato da un singolo individuo. Strizzando l’occhio ai classici alla Metroid-Vania, Dust si presenta come il classico gioco d’azione a scorrimento laterale con elementi tipici dei giochi di piattaforme, esplorazione e ruolistici. Per intenderci, esiste anche una trama, ma la direzione artistica e la sceneggiatura sono tali da farla passare subito in secondo piano in favore dell’azione nuda e cruda. D’altronde come poteva essere altrimenti quando cerchi di parlare di guerre, stermini ed epurazioni razziali con dei topi che sembrano usciti da un cartone animato della mattina (Maus non conta)?

Furry e mazzate

Accantonata quindi ogni pretesa di serietà e solo dopo svariate pressioni del tasto Skip sui numerosi dialoghi di contorno inutili, Dust da il meglio di se spada alla mano, con orde di nemici dinnanzi e con il contatore delle combo che sale vertiginosamente, uccisione dopo uccisione. Il Combat System è estremamente basilare (un tasto d’attacco e uno per far roteare la spada per un totale di forse 4 combo in tutto) e fa veramente poco per evolversi (giusto qualche nuovo proiettile per Fidget, la fastidiosa spalla gatto volante), ma risulta comunque funzionale allo sterminio di massa a mente sgombra. Immagine di giocoA tenere impegnate le sinapsi ci pensano le sessioni esplorative. Come nei classici da cui trae ispirazione, Dodrill si è divertito a piazzare elementi apparentemente irraggiungibili e (spesso) incomprensibili a meno che non vengano affrontati con l’abilità giusta che immancabilmente verrà sbloccata con l’incedere dell’avventura. Scivolata, doppio salto, chiavi colorate e via discorrendo. Tutti elementi che spingono il giocatore a ritornare di volta in volta sui propri passi per scoprire nuovi segreti, potenziamenti o simpatici easter-eggs, in un vortice di causa/effetto in grado di fare la felicità di tutti gli amanti del backtracking. Una deliziosa miscela di combattimenti, grinding, esplorazione e tinte pastello per un’avventura ricca di quest secondarie, lunga e impegnativa (da affrontare rigorosamente dal livello “Difficile” in su).

Furry e locus amenous

Arrivati a questo punto abbiamo già accennato a più riprese di come Dust colpisca principalmente per la bellezza del suo impianto grafico, ma davanti a certe immagini è impossibile non ripetersi. Al di la di alcune scelte stilistiche dettate dai gusti personali, il lavoro svolto sotto questo punto di vista da Dodrill è veramente impeccabile. Per chi avesse avuto modo di provare Muramasa: the Demon Blade o OdinSphere dei talentuosi Vanillaware o il recente Rayman Origins, il feeling è il medesimo: uno splendido acquarello in movimento. Sfondi carichi e sgargianti, animazioni fluide e calibrate al millimetro, effetti speciali come se piovessero. Dust: An Elysian Tail è un vero e proprio monumento all’animazione a mano che fu all’epoca del 16 bit. Tralasciando per un attimo i topoloni e le loro fastidiosissime voci, l’atmosfera che si respira risulta sempre azzeccata e convincente, enfatizzata da una colonna sonora dall’accompagnamento impercettibile in grado di immergere completamente il giocatore nelle fasi di relativa tranquillità esplorativa e sottolineare con decisione ogni fendente andato a segno durante i combattimenti più concitati.

Furry ai furry, cenere alla cenere

Pur senza brillare in nessuna delle sua sfaccettature (action, adventure e platform), Dust: An Elysian Tail risulta un’amalgama meritevole e, nel complesso, ben confezionata. Una conquista se si pensa che per soli 1200 Microsoft Points è possibile portarsi a casa un titolo dalla durata invidiabile persino per un titolo retail. Certo, bisogna soprassedere su alcune scelte stilistiche un tantino estreme (gli odiosissimi personaggi), ma una volta entrati nell’ottica giusta è facile lasciarsi catturare da un gameplay basilare ma comunque molto solido e dagli splendidi paesaggi disegnati a mano. Ottimo esordio, Dodrill.