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Recensione Hellpoint

di: Simone Cantini

E ci sono ricascato ancora una volta, come una falena irrimediabilmente attratta dalla luce di una lampada: inutile, quando arriva un soulslike in redazione non posso fare a meno di buttarmici a capofitto, in un moto quasi masochistico, soprattutto se penso alla voglia di relax che permea queste giornate estive. Eppure è da quando è uscito quel Demon’s Souls, capace di codificare un vecchio/nuovo genere videoludico, che il mio pad ha finito per venire irretito da quel loop assurdo a base di gioca, muori riprova. Il tutto ripetuto nmila volte, ovviamente. Di anni ne sono passati, e di cloni più o meno riusciti dei titoli From Software se ne sono visti a bizzeffe, ma nonostante questa abbondanza nessuno si era spinto nello spazio profondo come Hellpoint, esordio di Cradle Games che punta a rinfrescare i fasti dei soulslike: missione compiuta? Beh, non proprio…

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Nello spazio nessuno può sentirti imprecare

Irid Novo è una stazione orbitante costruita in prossimità di un buco nero, una sorta di nuovo habitat futuristico per la razza umana che, al solito, ha finito per tramutarsi in una vera e propria trappola letale per tutti i suoi abitanti. E ovviamente saremo noi, nei panni della misteriosa Progenie, ad indagare per conto dell’Autore in merito a ciò che ha portato agli sconvolgimenti che sono alla base dell’alone di morte e decadenza che si annida per i metallici corridoi silenziosi della stazione. Inutile dire come la trama si dipani in perfetto stile From Software, sfruttando la narrativa ambientale ed i consueti e criptici messaggi, inseriti direttamente nel mondo di gioco attraverso murales e terminali, quando non presenti nella descrizione degli oggetti. Mescolando elementi che strizzano l’occhio tanto al cinema (Event Horizon) quanto al mondo del gaming (Dead Space), il mix che è alla base della lore di Hellpoint è sicuramente interessante, anche se non proprio originalissimo, con il suo mettere in scena culti deviati ed aberrazioni varie, ma sufficiente ad invogliare il giocatore a saperne di più. Originale, per il genere, è sicuramente il setting, con una Irid Novo capace di regalare scorci intriganti e per certi versi inaspettati, con il vuoto siderale che circonda le sparute vetrate ad acuire il senso di smarrimento e pericolo trasmesso dalla sinistra struttura orbitante, su cui troneggia il gigantesco buco nero citato in apertura, il cui ruolo non sarà soltanto scenico. I ragazzi di Cradle Games, difatti, lo hanno reso protagonista di uno degli elementi più intriganti ed originali dell’esperienza, dato che ad intervalli regolari, durante l’orbita attorno ad esso, questi darà vita ad eventi unici come la comparsa di nemici imprevisti, oppure scatenando delle orde di avversari in particolari aree della mappa. L’idea è decisamente accattivante, oltre che capace di garantire un pizzico di benvenuta imprevedibilità, e dimostra come il team di sviluppo sia mosso dalla volontà di non realizzare una mera copia carbone delle produzioni passate, ma abbia deciso di mettere sul piatto anche una serie di idee originali.

Per andare dove devo andare, dove devo andare?

Questa volontà è evidente anche in alti aspetti di Hellpoint, come il meccanismo di cura, che si basa su di uno sparuto numero di iniettabili che potremo ricaricare soltanto in seguito alla nostra morte, oppure colpendo in sequenza i nemici. Ovviamente il sistema potrà essere potenziato, a patto di avere i materiali adatti, tramite apposite strutture che ci spalancheranno anche le porte del crafting, una feature decisamente inusuale nel mondo dei soulslike: recuperando schemi ed oggetti, difatti, potremo realizzare in prima persona nuovi pezzi di equipaggiamento ed armi, così da espandere gli item recuperabili anche semplicemente esplorando la vasta area di gioco. Ed è proprio la corposa superficie della Irid Novo a rappresentare il primo elemento di criticità di Hellpoint, capace come è di esaltare il giocatore, ma anche di aumentare il senso di frustrazione. Il level design della struttura orbitante, difatti, è estremamente complesso, ricco come è di aree segrete, percorsi secondari e zone opzionali, oltre che dotato di una incredibile verticalità. Tutto questo non può che fare la gioia degli amanti delle esplorazioni, ma finisce anche per cozzare prepotentemente con una leggibilità della progressione davvero farraginosa: ho passato ore ad interrogarmi su dove andare e perché, il tutto senza che il gioco fornisse alcun appiglio, finendo spesso per vagare a vuoto, solo perché avevo intrapreso il percorso errato. Questa ricerca forzata della direzione da intraprendere si scontra con un’altra intuizione di design che ho trovato davvero poco felice, legata al respawn dei nemici: oltre che in seguito alla nostra morte, questi ultimi ricompariranno ad intervalli regolari e non quando riposeremo presso le Brecce (il corrispettivo dei Falò), così da rendere praticamente inutile la pulizia delle varie aree. Le stesse Brecce, inoltre, non permetteranno il viaggio rapido tra le stesse, a meno di sincronizzarle per mezzo di un consumabile abbastanza raro, così da complicare ulteriormente lo spostamento tra le varie zone. Laddove Hellpoint è decisamente più fedele ai titoli a cui si ispira è, senza dubbio, nel gameplay base, che poggia sul consueto combat system basato sulla coppia attacco lento/pesante e la gestione della stamina. A mescolare leggermente le carte in tavola ci pensa la possibilità di equipaggiare due armi differenti contemporaneamente, che oltre agli strumenti di offesa ravvicinati annoverano anche bocche da fuoco, tutte potenziabili per mezzo di appositi oggetti e capaci di migliorare la propria efficacia con l’utilizzo intensivo. Per quanto derivativo, il tutto funziona, ma paga lo scotto di alcune hitbox completamente da rivedere, oltre che di una portata degli attacchi nemici davvero fuori scala in più di un’occasione. Sufficiente la varietà dei nemici, anche se gli schemi di attacco non fanno gridare certo al miracolo, con i boss davvero deludenti sotto questo aspetto, la cui difficoltà maggiore risiede nella presenza di almeno un attacco in grado di oneshottarci senza pietà. Il level up si basa sull’impiego degli Assioni, l’equivalente delle anime che perderemo in caso di morte, e che potremo recuperare tornando sul punto della nostra dipartita, bug permettendo.

Spazio vuoto

È sul versante puramente tecnico che Hellpoint dimostra tutta la propria natura di produzione dal budget non certo stellare, evidenziato da un impianto scenico che alterna pochi alti a moltissimi bassi: la modellazione poligonale generale, così come la realizzazione ambientare non fanno certo gridare al miracolo, ed anzi appare assai dimessa in più di un’occasione, con stanze desolatamente vuote oppure lunghi ed anonimi corridoi. Lo stesso frame rate si è dimostrato traballante in molto frangenti: non si raggiungono mai le vette negative viste nei Souls originali, ma data la grafica non certo stellare era lecito aspettarsi qualche guizzo in più. Presenti anche alcuni bug che evidenziano il bisogno di una maggiore pulizia generale, come la citata scomparsa degli Assioni in seguito alla morte, a cui si affiancano chiusure improvvise dell’applicazione e distorsioni dell’immagine che mi hanno costretto a riavviare il gioco. Una gradita aggiunta è rappresentata dal comparto multiplayer, che oltre al canonico sistema di collaborazione/invasione online presenta la possibilità di giocare in compagnia di un amico anche in locale, sfruttando lo split screen: non sarà comodissimo per certi versi, ma è sicuramente una novità interessante, così come la possibilità di aumentare o diminuire la difficoltà generale (sempre per mezzo di un consumabile) presso le Brecce.

Hellpoint è sicuramente un debutto agrodolce per i ragazzi di Cradle Games, che hanno messo sul piatto tutto il loro amore per il genere dei soulslike, accompagnandolo con una discreta rilettura dei suoi canoni, ma non negando anche alcune divagazioni del tutto personali, anche se proprio per questo motivo sembrano non aver messo bene a fuoco l’obiettivo. Ad una struttura di base tutto sommato solida, per quanto derivativa, si accompagnano alcune intuizioni inedite non sempre felici, rese ancor più evidenti da un design della progressione assai fumoso e criptico, capace di adombrare ingiustamente un level design a tratti davvero mastodontico, capace di fare davvero la gioia degli amanti dell’esplorazione estrema. Alla luce di ciò mi viene davvero difficile promuovere a pieni voti questa opera prima, che proprio per questi suoi limiti strutturali sembra rivolgersi ad una platea davvero paziente. Le idee, comunque, ci sono, quello che al momento manca al team è una direzione generale più puntuale.