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Recensione .hack//G.U. Last Recode

di: Simone Cantini

Periodo senza dubbio florido per i jprg quello in cui a dettare legge era PS2, console in grado di ospitare alcuni degli esponenti più importanti e universalmente acclamati di questo particolare genere dal gusto squisitamente nipponico. Magari non tutti avranno avuto la risonanza mediatica della decima Fantasia Finale, o dell’ottavo capitolo di Dragon Quest, ma sarebbe sciocco tralasciare e bollare come superflui tanti piccoli titoli definiti “minori”. Tra questi spicca senza ombra di dubbio una particolarissima saga, ad opera dei ragazzi di CyberConnect2, capace di ritagliarsi una fitta schiera di appassionati, grazie ad una corposa mole di esperienze crossmediali la cui influenza è presente ancora oggi in Sword Art Online. Ed è proprio la seconda trilogia di questa sfaccettata opera che torna oggi in pompa magna su PS4, grazie alla raccolta che risponde al nome di .hack//G.U. Last Recode, che permetterà a tutti di tornare a vivere le digitali atmosfere di The World.

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Una storia nella storia

Sono passati ben 15 anni da quando il primo episodio del franchise fece il suo debutto sul monolite nero Sony, una produzione sicuramente coraggiosa ed innovativa per il periodo, dato che abbinava al classico disco di gioco una serie anime (contenuta all’interno della stessa confezione!) e tutta una serie di produzioni correlate, capaci di spaziare dai manga ai romanzi. A colpire particolarmente era, però, anche l’inusuale setting all’interno del quale si svolgeva la maggior parte dell’azione ludica: CyberConnect2, difatti, scelse di non dare vita all’ennesimo universo fantasy/cyberpunk, bensì preferì pionieristicamente optare per ambientare il tutto in una sorta di futuristico MMORPG virtuale, in cui sarebbe stato l’avatar di un ignoto player l’assoluto protagonista. Questa scelta particolare permise al team di agire su due differenti fronti, reale e digitale, accompagnando le avventure all’interno di The World (il videogioco in questione) ad un vero e proprio ecosistema parallelo basato sul forum e la community di questo fittizio gioco, accessibile ed interagibile in ogni momento dell’esperienza. Finì per uscirne un jrpg decisamente atipico, dal background curatissimo e assai verosimile, oltre che caratterizzato da una progressione alquanto inconsueta, in cui si alternavano le classiche fasi ruolistiche ad altre di ricerca e documentazione. E grazie ad .hack//G.U. Last Recode è possibile anche per noi europei sperimentare per la prima volta (la trilogia in occidente usci solo negli USA) il secondo arco narrativo del franchise, quello in cui andremo ad impersonare il vendicativo Haseo: novello giocatore di The World: R2 (nuova versione del fittizio MMORPG) questi viene ingannato da alcuni giocatori detti PK, ovvero uccisori di player umani,  finendo con il vedere annientato ed umiliato il proprio avatar. Deciso a vendicarsi, Haseo diviene a sua volta una sorta di vendicatore, il cui scopo sarà quello di uccidere gli altri PK, ma finirà per cadere nuovamente vittima di un attacco, stavolta da parte del misterioso Tri-Edge, una figura enigmatica le cui uccisioni nel mondo virtuale hanno visto cadere in coma nella realtà i proprietari degli avatar. Sfuggito per qualche imprecisata ragione ad un simile destino, ma costretto a subire il reset del proprio personaggio, Haseo si ritroverà a dover riscalare i ranghi di The World: R2, nel tentativo di riuscire a vendicarsi di Tri-Edge. Seppur apparentemente banale, la storia narrata in .hack//G.U. Last Recode non lesina i consueti colpi di scena, andando a tratteggiare una sceneggiatura che vedrà espandere la propria portata ed i propri misteri al di fuori delle parteti digitali di The World: R2, il tutto all’interno di tre distinti capitoli a cui questa collection ne va ad affiancare un quarto completamente inedito.

Figlio del proprio tempo

Parlando di .hack//G.U. Last Recode è bene chiarire subito come il lavoro distribuito da Namco Bandai debba essere configurato come un puro e semplice remaster, pertanto al di là di un restyling grafico evidente tutti i titoli presenti al suo interno sono proposti in maniera ludicamente fedele all’originale, con i loro pregi ed i loro difetti. Partendo da questi ultimi emerge in maniera marcata la lentezza talvolta sfiancante della progressione, che soprattutto nelle battute iniziali potrebbe sicuramente portare i giocatori meno pazienti ad abbandonare il tutto. La narrativa è difatti molto prolissa, ricca di dialoghi (ahinoi non skippabili) talvolta sin troppo ridondanti e che sono penalizzati in modo assai marcato dai limiti espressivi di un prodotto nato nel 2006: le cutscene, per quanto assai ispirate a livello registico, sono minate in molti casi da un’espressività degli attori digitali ridotta ai minimi termini, elemento che diminuisce in maniera drastica il coinvolgimento passivo del giocatore. Lo stesso modo in cui i vari titoli ci richiedono di passare dal mondo (fittizio) di gioco a quello reale, per leggere mail e quanto altro, spezzetta il ritmo dell’azione: purtroppo per poter accedere al nostro PC nel mondo reale dovremo ogni volta scollegarci da The World: R2, spendere magari anche solo un paio di minuti per controllare i messaggi, per poi riaccedere all’hub di gioco. Fortunatamente questa nuova versione ha pressoché azzerato i tempi di caricamento, ma è evidente come nel 2017 una simile scelta di gameplay appaia quanto mai anacronistica. Superati questi scogli figli di un’epoca del gaming oramai remota, .hack/G.U. Last Recode non lesinerà di proporre una struttura ruolistica assai solida, forte di un combat system in continuo divenire, prettamente action e dotato di una profondità ben più consistente di quanto si possa inizialmente pensare e che ricorda in parte quanto visto nei vari Tales of. In questi casi sarà fondamentale imparare a gestire in maniera oculata parate ed attacchi, così come l’utilizzo delle varie abilità speciali a cui avremo accesso durante il gioco, tutti fattori che nonostante la frenesia di fondo rendono le battaglie estremamente tattiche e dinamiche. Da un certo punto in poi sbloccheremo anche gli Avatar, delle proiezioni del nostro alter ego simili in tutto e per tutto agli Stand e ai Persona, il cui impiego andrà a modificare ulteriormente le meccaniche di lotta.

Vestito a festa

Se è vero che sul fronte ludico le modifiche in .hack//G.U. Last Recode sono in pratica assenti, è sul versante grafico che il lavoro di pulitura risulta decisamente più evidente. È ovvio che non siamo minimamente vicini all’impegno profuso nella prossima riedizione di Shadow of the Colussus, ma è innegabile come il lifting estetico sia decisamente evidente. L’aumento di risoluzione rende giustizia allo splendido character design dei vari protagonisti, tratteggiati in maniera certosina e decisamente accattivante. La pulizia complessiva è notevole, anche se ovviamente ci troviamo al cospetto di una produzione il cui budget realizzativo non era certo tra i più elevati del genere, pertanto i limiti poligonali rimangono comunque assai evidenti, pur non mancando scorci particolarmente evocativi e riusciti. Ad uscirne penalizzati sono i dungeon, invero alquanto spogli e privi di reali guizzi, mentre bisogna tributare un giusto applauso al lavoro svolto sulle cinematiche più importanti. Da evidenziare, per quanto non sia imprescindibile per il tipo di gioco, la fluidità del motore, in grado di garantire in maniera impeccabile i 60 frame al secondo, così come lodevole è la presenza del doppiaggio (inglese/giapponese) di tutte le linee di dialogo presenti nei quattro titoli. Peccato manchino, al solito, i sottotitoli nella nostra lingua.

Di anni alle spalle .hack//G.U. Last Recode ne ha un bel po’, eppure pur con tutti i suoi limiti concettuali la produzione CyberConnect2 mantiene intatta ancora oggi tutto il suo particolare fascino. Ad un prezzo decisamente onesto è possibile rivivere tutta la saga di Haseo, potendo contare su di un comparto grafico rivisto in maniera convincente, su di un quarto capitolo completamente inedito e su di un paio di extra che male non fanno mai. Ovvio, si tratta pur sempre di un prodotto nato in un’epoca videoludica oramai lontana, che si porta pertanto in dota tutta una serie di elementi che potrebbero risultare anacronistici ai più, ciò nonostante l’esperienza ruolistica rimane comunque interessante e di assoluto spessore. In definitiva si tratta di una collection più che consigliata, soprattutto se confrontata con un’altra saga nipponica che continua oramai da anni a campare sulle spalle del suo passato firmato PS2.