Recensioni

Recensione Golem

di: Simone Cantini

Talvolta mi capita, durante l’analisi di un gioco, di cambiare più volte parere, magari perché stimolato da particolari meccaniche capaci di fare capolino dopo che credevo di avere oramai consolidato il mio pensiero. E tale situazione si è verificata proprio in questi ultimi giorni, mentre trascorrevo del tempo assieme a Golem, momenti in cui ho finito per amare la produzione Highwire Games, per poi odiarla senza ritegno e ritrovare, invece, un nuovo trasporto, salvo poi veder crollare bruscamente le mie certezze ancora una volta. Insomma, avrei potuto scrivere questa recensione già una settimana fa, se avessi voluto assecondare il mio istinto recensorio, ma proprio perché mai avrei voluto inanellare le parole che seguono, ho preferito attendere il rilascio della patch 1.02, nella speranza che potesse portarmi a rivedere definitivamente in meglio le mie impressioni. Tempo sprecato.

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Gigante di pietra

Quella di Golem è una genesi alquanto travagliata, visto che l’esclusiva PSVR fu annunciata la prima volta nel 2015, prima ancora che il visore Sony facesse il suo debutto sul mercato. La creatura Highwire Games, neonata software house composta da veterani dell’industria (ex Bungie, 343 Industries e Valve), avrebbe dovuto rappresentare uno dei titoli di lancio della realtà virtuale nipponica, ma come evidenzia il calendario attuale, le cose si sono dilatate un po’ troppo. In Golem impersoneremo Twine, un ragazzo che, in seguito al consueto evento che eviterò di spoilerare, si ritroverà bloccata nel proprio letto, impossibilitata a muoversi. Il giovane, però, appartiene alla stirpe dei Dreamers, particolari individui capaci di controllare un Golem, giganteschi costrutti in grado di oltrepassare la barriera magica che separa la città natale di Twine dalle rovine di un’antica civiltà. Il gioco ci porterà, quindi, a vestire i panni di uno di questi giganti di pietra, che potremo utilizzare per esplorare (quasi) liberamente la città decaduta, in cerca di tesori ed indizi sul passato della nostra famiglia. Le ambizioni ludiche dei ragazzi di Highwire si sono rivelate sin dal principio altissime, ed almeno sotto questo aspetto Golem ha fatto davvero centro, riuscendo a proporci un’esperienza giocosa “vera” e completa, grazie ad un mondo estremamente vasto e curato, in cui l’esplorazione la farà da padrona. Il nucleo portante dell’opera, comunque, sarà legato ai combattimenti con gli altri artefatti, e che almeno sulla carta vanno a costituire la componente più esaltante dell’esperienza ludica di Golem, visto il modo estremamente dinamico e divertente con cui il tutto è stato implementato. Almeno quando ogni cosa funziona a dovere.

Perché?

Il gameplay di Golem si baserà sull’utilizzo di un PlayStation Move, che andrà a gestire il braccio destro (o sinistro se si è mancini) del nostro gigante, con il movimento che potrà essere gestito in due modi distinti. Il primo sarà legato all’inclinazione della nostra testa che, se verrà sospinta leggermente in avanti (assieme alla pressione del trigger del Move), ci farà avanzare. Viceversa, spostare il tutto all’indietro ci vedrà indietreggiare, mentre gli scarti laterali gestiranno curve e quanto altro. Il sistema, a dispetto di quanto scritto da altri colleghi, mi è parso estremamente intuitivo e semplice da metabolizzare, privo di qualsiasi controindicazione di sosta, tanto da farmelo preferire all’utilizzo di un DualShock nella mano libera, tramite il quale gestire lo spostamento dell’avatar. A tal proposito, giusto un paio di giorni fa, l’update 1.02 ha introdotto la compatibilità con il misconosciuto Navigation Controller (ce l’ho!), sicuramente più comodo del pad, ma il cui utilizzo sarà sicuramente rivolto ad una nicchia esilissima di utenti. Come detto poco sopra, l’aspetto principale di Golem è rappresentato dai combattimenti corpo a corpo con le altre creature, in occasione dei quali saremo chiamati a parare i fendenti degli avversari sfruttando l’arma gestita dal Move, così da creare delle brevissime aperture utili a ferire il nemico di turno. Il sistema è affascinante e divertentissimo, con una difficoltà crescente per quanto riguarda leggibilità e complessità dei moveset nemici, ma sono l’estrema fisicità e dinamicità dl tutto a rendere ogni scontro esaltante al punto giusto. I problemi, però, si verificano quando il tracking del dispositivo inizia a fare le bizze, così da non registrare correttamente le nostre movenze e relative collisioni, evento che è causa di ingiustificati game over. Il che, comunque, sarebbe un problema da poco, se il tutto non fosse acuito da una manciata di idee di design altamente discutibili: la prima tra tutte è la posizione assurda dei vari checkpoint che, nonostante qualche scorciatoia stile souls, ci costringerà spesso a ripercorrere consistenti porzioni di mappa prima di arrivare al punto della nostra prematura dipartita. A rendere insopportabile la cosa, oltre all’esasperante lentezza del nostro Golem, ci pensa il reset di tutti in nemici presenti nell’area, a cui va a braccetto la distruzione dell’equipaggiamento a nostra disposizione. Sì, perché in Golem l’arma in nostro possesso, la gemma che contiene la nostra energia vitale e la maschera indossata (che funge da chiave per peculiari porte), scomparirà ad ogni morte, costringendoci a dover sconfiggere nuovamente il nemico che possedeva l’oggetto dei nostri desideri. Senza contare che, una volta recuperato, non sarà possibile equipaggiarlo al volo, ma saremo costretti a distruggere il nostro costrutto, per ritornare all’hub principale e modificare il nostro loadout, per poi ripartire dal checkpoint iniziale. Assurdo è dire poco.

Prestazioni rocciose

Si tratta di una serie di ingenuità di design davvero incomprensibili, vista l’esperienza pregressa dei membri del team, che ha finito per farmi arrabbiare in modo indescrivibile, soprattutto alla luce di un comparto tecnico davvero incredibile per il panorama VR. La città in cui ci troveremo a vagare, difatti, vanta un dettaglio impressionante, a cui si aggiunge una profondità di campo che mai mi era capitato di incontrare con il PSVR in testa. Ad impreziosire ulteriormente una scena già ricca di particolari, ci pensa tutta una serie di effetti di pregevolissima fattura, oltre ad un parco animazioni delle creature nemiche davvero convincente. Ottimo l’accompagnamento audio, con il solo nome di Martin O’Donnell che dovrebbe darvi un’idea della maestosità della soundtrack della produzione, degna di un colossal cinematografico. Pollice verso, invece, per quanto concerne la localizzazione, con il solo voice over inglese disponibile, tra l’altro sprovvisto di una qualsiasi forma di sottotitolo.

L’ho puntato sin dal suo primo annuncio, poi l’ho atteso come non mai, ansioso di toccare con mano il lavoro firmato Highwire Games, con la gioia immensa scaturita dall’arrivo del codice review che ha però finito, ahimé, ben presto per tramutarsi in grandissimo disappunto. L’esperienza di Golem si basa su presupposti ed idee decisamente affascinanti, accompagnate da meccaniche di gameplay davvero efficaci e divertenti, che però si esauriscono non appena il tutto finisce per traballare sotto i colpi di una rilevazione dei movimenti non sempre impeccabile. Ad infliggere il colpo di grazia alla produzione ci pensano, inoltre, alcune intuizioni di design sinceramente discutibili, capaci di trasformare quella che avrebbe potuto essere un’esperienza memorabile in uno dei titoli più inutilmente frustranti dell’anno.