Recensioni

Recensione Devil May Cry ci piace proprio. La collection un po’ meno.

Volenti o nolenti, ormai queste Collection in HD di vecchi classici sono una delle realtà videoludiche più gettonate degli ultimi periodi. Mancanza cronica di nuove idee o voglia di ridar lustro ai vecchi classici come accade nel cinema, si potrebbe stare ore a ricamare in proposito. Nel dubbio, limitiamoci ad analizzare ogni singolo caso che ci viene proposto. Dopo le splendide rimpatriate vissute a fianco di IcoKratos e Solid Snake (e altre meno riuscite in compagnia di Sam Fisher e il Principe), oggi è il turno di un cafone che negli anni ha fatto scuola. Un vero duro, anzi, IL tamarro per eccellenza: signore e signori, preparatevi a ri-accogliere sui vostri schermi il cacciatore di demoni per eccellenza, Dante.

di: Nicola "Wanicola" Caso

Volenti o nolenti, ormai queste Collection in HD di vecchi classici sono una delle realtà videoludiche più gettonate degli ultimi periodi. Mancanza cronica di nuove idee o voglia di ridar lustro ai vecchi classici come accade nel cinema, si potrebbe stare ore a ricamare in proposito. Nel dubbio, limitiamoci ad analizzare ogni singolo caso che ci viene proposto. Dopo le splendide rimpatriate vissute a fianco di IcoKratos e Solid Snake (e altre meno riuscite in compagnia di Sam Fisher e il Principe), oggi è il turno di un cafone che negli anni ha fatto scuola. Un vero duro, anzi, IL tamarro per eccellenza: signore e signori, preparatevi a ri-accogliere sui vostri schermi il cacciatore di demoni per eccellenza, Dante.


L’azione che ha fatto scuola

In vista del prossimo chiacchieratissimo DMC in lavorazione presso gli studi di Ninja theory, la cara Capcom, bramosa come sempre dei nostri soldini, ha ben pensato di rinfrescare la memoria ai fan di vecchia data rispolverando i primi tre capitoli di Devil May Cry, di cui almeno uno in grado di fare storia. Si perché prima del 2001 i giochi d’azione esistevano, ma erano molto diversi da come li conosciamo ora. A opera del talentuoso Hideki Kamiya, il primo Devil May Cry rappresentò una vera e propria rivoluzione per i giochi d’azione, ridefinendo il genere e rendendolo così dannatamente Stylish come piace a noi giocatori del nuovo millennio. Tanto per capirci, l’accoppiata arma bianca/armi da fuoco, la possibilità di trasformarsi sfruttando un apposito indicatore (il mitico Devil Trigger) e le valutazioni In-Game è tutto materiale Made in DMC. Mica pizza e fichi. Tale fu la portata di questo capostipite che ancora oggi, a più di 10 anni dalla sua pubblicazione originale, il primo DMC è in grado di lasciarsi giocare che è un piacere. Il merito principale è senz’altro attribuibile a un combat system che già all’epoca era parecchio avanti, in grado di rendere piacevole il pestaggio indiscriminato di demoni assortiti ora come allora. Gli unici difetti che gli si potrebbero imputare non sono neanche carenze vere e proprie, quanto più che altro meriti e conquiste attribuibili ai titoli a seguire (Bayonetta in primis). Più precisamente parliamo della telecamera fissa e di una certa macchinosità del personaggio, ancora agli albori della sua carriera. La prima fa ancora un ottimo lavoro registico quando si tratta di enfatizzare i paesaggi e strutture ma risulta poco pratica nel seguire l’azione a schermo durante i combattimenti più concitati. Per quanto riguarda la legnosità di Dante, invece, l’unica possibilità per porvi rimedio è passare direttamente al secondo capitolo della serie…

Anche i diavoli piangono, eccome.

 Devil May Cry 2, quello che all’epoca venne considerato come la pecora nera della famiglia. Anzi, a dire il vero è così anche tutt’oggi. Spingendo a tavoletta sul pedale della spettacolarità e del dinamismo, DMC2 ha introdotto tutta una serie di nuove movenze e possibilità per Dante, ma nel fare ciò ha perso per strada gran parte del mordente e della grinta che caratterizzavano l’episodio precedente. Passando dal primo al secondo capitolo (piccola nota: per far ciò è necessario riavviare il disco di gioco), Dante guadagna in agilità, in combinazioni, nell’utilizzo della modalità demoniaca, nella malleabilità dell’inventario (ora intercambiabile grazie al grilletto apposito) e persino una partner. Peccato solo che tali conquiste vengano compromesse da ungameplay decisamente più permissivo, più dispersivo e meno divertente. I difetti di DMC2 sono tanti e tali da incidere in maniera preponderante sul gioco, stranamente privato persino del carisma del protagonista principale. Oggi come ieri, giocare a questo secondo episodio è più un atto di fede nei confronti della saga che non altro. Terminabile tranquillamente anche con il dito costantemente premuto sul tasto di fuoco, l’unico reale pregio di DMC2 è quello di aver spianato la strada verso il terzo riuscitissimo capitolo…

Trigger me, Baby!

… Nonostante sia stato il primo DMC a riscrivere il genere degli Hack ‘n Slash, è solo con Devil May Cry 3 che i giochi d’azione hanno subito l’assestamento definitivo tanto in voga ancora oggi. Riprendendo idealmente la struttura del primo, integrando ciò di buono che era scaturito dal secondo e spingendo il tutto all’eccesso con una dose extra di narrazione sui generis e trovate assortite, DMC3 si presenta tutt’ora come il più riuscito dell’intera trilogia (complice anche un comparto tecnico azzeccato, ma di quello parleremo più in là). Si tratta di un prequel che vede protagonista un Dante con qualche anno in meno e tonnellate di boria in più, DMC3 può vantare un arsenale bellico di tutto rispetto (di cui è impossibile non citare Nevan, la mitica chitarra elettrica) e l’introduzione di vari stili di battaglia. Novità mica da poco visto che pasticciando e mescolando è possibile ottenere tanto un’invalicabile fortezza armata semovente (Kalina An +Beowulf + Royal Guard) quanto un’ombra sfuggevole e letale (Ebony & Evory + Cerberus + Trickster). Più che appagante anche a svariati anni dalla sua uscita, l’introduzione dei diversi stili e di svariati livelli di difficoltà al rialzo sono forse le due principali carte vincenti di questo DMC3. Senza scordare il Bloody Palace, antenato alla lontana dell’ormai immancabile orda, ideale per qualche mazzata in tutta spensieratezza.

High Definition Lo-fi

E fin a qui non abbiamo fatto altro che riepilogare fatti e curiosità che molti giocatori conoscono a menadito. Vale la pena quindi aprire il portafoglio per portarsi a casa la suddetta collection? Indubbiamente la matrice di fondo, seppur con qualche acciacco (DMC), svariate cadute di stile (DMC2) e parecchi meriti (DMC3) è comunque inopinabile. L’adattamento grafico ormai si sa, nonostante si tratti di raccolte in “Alta Definizione” non è certo in grado di fare miracoli, specialmente per titoli di più di un decennio fa. I filtri HD fanno il loro lavoro di smussatura delle texture, ma la mole poligonale e gli effetti speciali purtroppo sono sempre quelli dei tempi che furono. Pipeworks Software che si è occupata della conversione si è prodigata nell’aggiornare il tutto ai canonici standard dei 720p ancorati saldamente 60 FPS (ricordiamo che i primi due episodi arrivarono in Europa tarpati dal pessimo adattamento PAL 50 a 576i che girava a malapena a 25 frame), con l’unica pecca di aver tralasciato qualche dettaglio di troppo come i menù di gioco e i filmati, proposti brutalmente pari alla versione PS2, in bassissima risoluzione e in 4:3, un campanello d’allarme piuttosto evidente su come il lavoro svolto sia stato, ancora una volta, dettato dal risparmio e l’introito facile. Tuttavia ci sentiamo di chiudere un occhio. Un buon antipasto in attesa del prossimo Reboot per tutti coloro ai quali Dante non bastasse mai e un’occasione di riscoprire questa storica saga per tutti gli altri. Da evitare soltanto in caso abbiate ancora gli originali (comunque reperibili ancora molto facilmente), vista la totale assenza di Extra degni di nota o la banalità degli obbiettivi/trofei proposti.