Recensioni

Dal salotto alle vostre tasche, ecco Metal Gear Solid HD Collection

Eccone un’altra. Che sia espressione di gioia o disappunto non sta certo a noi stabilirlo: come verrà accolto il porting (parziale) per Vita della Metal Gear Solid HD Collection saranno i giocatori a dirlo. Noi di Console Tribe, a poche ore dal rilascio del titolo nei negozi, siamo qua solo per elencare pregi e difetti dell’ultima comparsata del buon vecchio Snake.

di: Simone Cantini

Eccone un’altra. Che sia espressione di gioia o disappunto non sta certo a noi stabilirlo: come verrà accolto il porting (parziale) per Vita della Metal Gear Solid HD Collection saranno i giocatori a dirlo. Noi di Console Tribe, a poche ore dal rilascio del titolo nei negozi, siamo qua solo per elencare pregi e difetti dell’ultima comparsata del buon vecchio Snake.

Il triangolo no…

Sorella diretta della versione apparsa su console casalinghe, la copia destinata alla console portatile Sony si differenzia subito per una spiacevole mancanza, ovvero l’assenza di quel Peace Walker che tanto successo aveva riscosso su PSP. Una defezione a nostro avviso veramente imperdonabile, giustificabile esclusivamente se si tira in ballo la volontà di Konami di spremere al massimo la saga partorita da Hideo Kojima: va bene che su Vita possono essere scaricati (ovviamente a pagamento) i titoli rilasciati in origine su PSP, ma presentare una collection monca di uno dei suoi episodi migliori sicuramente non sarà visto di buon occhio dai consumatori, sempre più logorati dalle politiche assai discutibili a cui li stanno abituando le software house. Toltoci questo sassolino dalla scarpa, vediamo di analizzare più nel dettaglio i due giochi ospitati all’interno della scheda di memoria di questa collection.

Figlio illegittimo?

Nonostante sia, se consideriamo la cronologia della saga, il penultimo capitolo dell’epopea KojimianaSons of Liberty fu il primo episodio ad apparire sull’immortale PS2, portando con sé un pesante fardello ricolmo di attese e speranze. Impressionante (tecnicamente parlando) per l’epoca, la seconda iterazione delle avventure di Solid Snake è ad oggi uno dei titoli più controversi dell’intera saga, vuoi per aver sacrificato in maniera pesante il ruolo del leggendario soldato a favore del mai troppo amato Raiden, vuoi per un non perfetto bilanciamento del gameplay, a cui si sovrappongono con eccessiva frequenza ingenti quantità di intermezzi (filmati e non). Al di là di tutto, a patto di essere disposti a digerire un ritmo di gioco a tratti assai frammentato, Sons of Liberty è un titolo ricco di trovate interessanti, sorretto dalla solita avvincente trama, capace di operare una scelta assai coraggiosa come quella di mettere in secondo piano l’icona dell’universo fantascientifico imbastito dal designer nipponico.

C’era una volta…

Maestoso, avvincente, malinconico, imprevedibile. A voler essere pignoli non basterebbero cento aggettivi per descrivere uno dei migliori giochi mai apparsi su PS2, perché questo è Snake Eater, il titolo che maggiormente mette in luce le caratteristiche artistiche di Kojima. Riprendere in mano dopo tutti questi anni il primo VERO Snake e accorgersi come il peso del tempo non abbia intaccato minimamente la sua presenza scenica è un qualcosa che va oltre la semplice affezione ad una saga. Snake Eater è un concentrato di emozioni, situazioni magistralmente orchestrate e, soprattutto, un campionario di boss (anzi, di Boss) difficilmente rilevabile in altre produzioni videoludiche.

Averli e non sentirli

Essendo prodotti di una generazione fa, il confronto tra la versione portatile e quella casalinga della collection porta alla ribalta pochissime differenze. Una delle più evidenti risiede nell’utilizzo, intelligente, dei controlli touch, chiamati in causa per quanto concerne la gestione dell’inventario e di alcuni movimenti del duo Raiden/Snake. Interessante anche la funzione di transfarring che, se in possesso di entrambe le versioni della raccolta, permetterà agli utenti Sony di trasferire i salvataggi di gioco da una piattaforma all’altra, rendendo l’esperienza ludica davvero portatile. Sul fronte grafico, nonostante gli anni che si portano appresso, i due titoli hanno saputo trarre giovamento dal lifting generazionale a cui sono stati sottoposti: la grafica, pur senza stravolgimenti, è adesso più nitida e pulita ed ha i suoi unici punti stonati in alcune texture che, ovviamente, stridono un po’ con i canoni attuali. Di ottima fattura il sonoro, forte di un doppiaggio magistrale e delle consuete e azzeccatissime campiture del maestro Harry Gregson-Williams. Considerando che le versioni riproposte in questa edizione sono le Subsistance, preparatevi ad una longevità stellare: oltre alle due avventure principali, infatti, sono presenti moltissime missioni extra, oltre ai due primissimi Metal Gear usciti in origine su MSX. Insomma, al di là di una pesantissima assenza, di carne al fuoco ce ne è davvero tanta. 

Quest’ultima iterazione della Metal Gear Solid HD Collection colpisce il bersaglio, pur non centrandolo completamente, anche se per colpe non sue. Se è vero che sia Sons of Liberty che Snake Eater non hanno subito affatto il passaggio dagli schermi HD a quello più modesto di Vita, è imperdonabile la scelta operata da Konami di tagliare l’episodio più portatile della serie. Un acquisto senza dubbio consigliato, a patto che non possediate già la più completa e corposa versione casalinga.