Recensioni

Berserk and the Band of the Hawk

di: Simone Cantini

No caro Kentaro, così non va proprio bene. Capisco il voler essere crossmediali (quanto mi piace questa parola), tenere il piede in più staffe, ma direi che dopo oltre 20 anni dalla tua prima comparsata in terra italica sarebbe anche giunta l’ora di scrivere definitivamente la parola fine. Che qua tra manga, anime e videogames sembra proprio non esserci tregua per il tuo (nostro) povero Gatsu che, in attesa di veder calare il sipario sulle sue sciagurate vicende, hai scelto di riproporci in salsa digitale, con il supporto attivo di Omega Force, in questo Berserk and the Band of the Hawk.

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L’amore e il sangue

Sì ho scritto proprio Gatsu, così come farò per Caska, Judo, Kolcas e tutti gli altri, visto che è dal 1996 che, piaccia o no, li conosco scritti in questo modo. Orbene, tralasciando questa mia personale predilezione per un certo tipo di adattamento, andiamo a parlare in dettaglio di questo Berserk and the Band of the Hawk, nuovo musou sviluppato da Omega Force che, come dice il nome, sfrutta la celeberrima saga creata da Kentaro Miura. Il titolo ripercorre in maniera più o meno fedele la seconda parte del manga, la cosiddetta Epoca d’Oro, finendo con l’andare a toccare la mai realizzata (scherzo, purtroppo) sezione narrativa successiva al celebre flashback. La struttura sarà quella tipica del genere, pertanto saremo di volta in volta chiamati a cimentarci in violentissimi scontri contro orde di manichini dalla potenza bellicosa risibile, intervallati di tanto in tanto da boss e midboss decisamente più stuzzicanti, non disdegnando elementari digressioni dal leggero aspetto tattico. L’azione bellica sarà regolata dal canonico combat system basato sull’utilizzo di due soli attacchi (forte e debole), che potremo alternare per dare vita a spettacoli combo. Così facendo andremo anche a riempire progressivamente la barra della furia che, una volta raggiunto il suo livello massimo, ci permetterà di scatenare tutta la nostra furia assassina che culminerà, ovviamente, in una devastante super mossa finale. Progredendo con le missioni ci imbatteremo anche in timidi elementi di stampo ruolistico, con il consueto aumento delle statistiche legate al passaggio di livello e la possibilità di utilizzare alcuni equipaggiamenti in grado di fornire un boost alle nostre capacità, i quali potranno anche essere fusi tra loro e upgradati per aumentarne la potenza. Peccato che si tratti comunque di aspetti decisamente marginali, incapaci anche solo di essere avvicinati a quanto succosamente assaporato in Dragon Quest Heroes o anche nel ben più vetusto Ken’s Rage. Molto più ristrette anche le possibilità di approccio lasciate ai giocatori dato che, per ovvie esigenze di trama, l’avvicendamento dei (pochi) personaggi giocabili presenti nell’avventura sarà molto limitato e ci troveremo, quindi, a sfruttare quasi sempre Gatsu. La stessa campagna, seppur ottimamente raccontata tramite l’impiego di cutscene realizzate con il motore di gioco e spezzoni tratti dagli ultimi tre OAV, è risultata di qualità altalenante, soprattutto a causa di un massiccio inserimento di missioni puramente filler che nulla aggiungono all’economia complessiva del titolo. Ad accompagnare il tutto, anche solo per garantire un ulteriore boost alla già cospicua longevità, ci pensano la modalità Endless Eclipse e la classica modalità libera. Se sulla prima è quanto mai superfluo soffermarsi è sulla seconda che merita spendere qualche parola: in pratica si tratta di una modalità Orda in cui dovremo raggiungere il 100 livello, passando attraverso una serie di checkpoint intermedi, i quali consentiranno di mettere le mani su oggetti e skin bonus per il nostro cast. Pur non presentando sostanziali varianti al gameplay canonico, l’Endless Eclipse rappresenta un buon diversivo per menare fendenti in assoluta libertà, anche se è inutile sottolineare come il vero valore aggiunto di Berserk and the Band of the Hawk sia rappresentato dalla storia narrata che, almeno nella prima parte dell’opera, raggiunge vette qualitative di assoluto spessore.

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Squartamenti retrò

È innegabile come l’affetto che lega ad un determinato universo narrativo sia in grado di far chiudere ben volentieri anche più di un occhio al cospetto di un comparto tecnico non proprio eccelso. E se ve lo dice uno che ha adorato come un folle l’orrida versione C64 di Last Battle potete prendere per buone ad occhi chiusi le mie parole. E Berserk and the Band of the Hawk non fa niente per sfuggire a questo assioma, vuoi perché l’aspetto grafico non è mai stato il punto di forza dei musou, voi perché almeno in nippolandia il titolo si è trovato a convivere su tre piattaforme distinte (PS4, PS3 e PS Vita). La messa in scena presentata da Omega Force, difatti, non spicca certo per qualità, con i soli modelli dei personaggi principali in grado di svettare di molte spanne sopra al resto degli elementi: scenari spogli e rozzi, come da tradizione e nemici realizzati in serie e dalle animazioni elementari fanno il resto. Fortunatamente, come detto, i protagonisti giocabili godono di una cura realizzativa decisamente migliore e possono vantare un set di animazioni capaci di trasmettere la violenza e la brutalità del manga, con una resa della pesantezza dei fendenti davvero ben implementata. Ottime le cutscene tratte dagli anime, che però hanno anche il difetto di sminuire (e non di poco) gli intermezzi realizzati con il motore di gioco. Eccellente, al solito, la longevità complessiva, grazie anche ad un ricco set di extra sbloccabili e a quattro differenti livelli di difficoltà. Pollice verso, invece, nei confronti dell’assenza di una qualsiasi localizzazione in lingua italiana: il titolo, difatti, presenta il solo audio originale, accompagnato da sottotitoli malamente implementati in lingua inglese, i quali spesso scorrono in maniera troppo rapida per essere anche solo letti di sfuggita.

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Berserk and the Band of the Hawk, come era lecito aspettarsi, punta tutto sulla fanbase storica del manga, presentandosi unicamente come un pretesto buono per far trascorrere un consistente numero di ore in compagnia di alcuni dei personaggi più iconici della serie. La stessa struttura musou proposta, difatti, non riesce da sola a sostenere il peso delle aspettative di gameplay, a causa di una complessità inferiore agli ultimi esponenti del genere apparsi sul mercato. Sotto certi aspetti divertente, pur nella sua rozza infrastruttura, il nuovo lavoro di Omega Force si presenta più come un compitino stiracchiato, buono prevalentemente a riproporre un intreccio ancora oggi estremamente interessante, piuttosto che come cristallina esperienza ludica: se siete fan del manga sentitivi però liberi di aggiungere anche i canonici 10 punti sentimentali al totale.