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Recensione Ancestors: the Humankind Odyssey

di: stefano.pet

Nato dalla mente del papà di Assassin’s Credd Patric Dèsilet e sviluppato da Panache Digital Games, Ancestors: the humankind odyssey è un gioco di sopravvivenza openworld dai toni unici. Il giocatore è chiamato a impersonare un clan di primati, antenati del futuro essere umano, e a guidarli durante tutto il loro arco evolutivo che li porterà a diventare uomini delle caverne, in un percorso a ostacoli che inizia col non saper maneggiare neanche un rametto e finisce con la costruzione dei primi insediamenti umani. Un concept che, molto di base, ricorda quello di Spore, con il passaggio tra una fase evolutiva all’altra a scandire i nostri pogressi di gioco. Prima di addentrarci nella recensione vera e propria ci tengo a precisare che il gioco è sviluppato da uno studio piccolo (meno di 40 persone) e con un budget ridotto, che punta tutto sul gameplay e sull’innovazione, con quali risultati lo vedremo tra poco.

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Nudi e crudi

Immaginate di essere smarriti nella giungla più fitta con la vostra famiglia e di dover trovare riparo, cibo e acqua per sopravvivere. Ecco, ora immaginate di avere l’intelligenza di uno scimpanzé e di dover scoprire anche come utilizzare un sasso, come passarvi gli oggetti da una mano all’altra, o come orientarvi senza alcun punto di riferimento ed avrete Ancestors.

Smarrimento e frustrazione sono i primissimi sentimenti che si provano giocando a questo gioco, sia per scelta degli sviluppatori, sia per quelle che, a un mio modesto parere, sono pecche di game design. Volutamente all’inizio del gioco anche la più piccola delle operazioni sarà un’impresa che, col passare delle ore, diventerà più semplice grazie sia all’evoluzione dei primati sia a una nostra maggiore esperienza con le meccaniche di gioco. Se, ad esempio, vogliamo mangiare un cocco dobbiamo raccoglierlo e scendere dall’albero, cambiare mano, sbucciarlo con l’apposito comando, poi trovare una pietra e, infine, rompere la noce. Il tutto senza margine di errore perché, se usiamo troppa forza il cocco si rompe, se ne usiamo poca non si apre. Un procedimento macchinoso, ma appagante malgrado il fatto che il gioco, per volontà degli sviluppatori, non ci dia nessuna indicazione a riguardo e dovremo capire da soli come arrivare ad ogni soluzione. Questo rende le prime ore di gioco estranianti e potrebbero portare i meno pazienti ad un abbandono anzitempo del titolo. Bastava rendere i comandi di gioco più immediati oppure fornire un tutorial più esaustivo per ovviare a questo problema (io avrei optato per la prima possibilità). Dovremo stare attenti a tre fattori base per la sopravvivenza del primate che controlliamo: sonno, sete e fame. Purtroppo il gioco non ci viene incontro neanche qui, con un hub che ci presenta questi stati sottoforma di un unico cerchio, in cui è presente anche la resistenza, di difficile lettura.  Durante le nostre peregrinazioni i primati possono andare incontro ad effetti di stato, come avvelenamento, sanguinamento, freddo o rottura di un arto: ancora una volta capire come ovviare ad ognuno di questi problemi si rivela di difficile comprensione all’inizio, rendendo la proggressione di gioco più personale che in qualsiasi altro gioco, nel senso che non saranno solo i personaggi ad acquisire abilità, ma anche il giocatore stesso ad acquisire esperienze di gioco e riconoscere le piante adatte a curare questo o quello stato oppure ad aumentarne la resistenza.

Fondamentale per la progressione è l’esplorazione ambientale. A inizio gioco dovremo analizzare qualsiasi cosa, dalla semplice pietra, al cibo, ai punti di riferimento. Gli oggetti si esaminano dopo averli presi in mano e ogni volta che li elaboriamo (ad esempio se ripuliamo un ramo) dovremo rianalizzarli. L’ambiente si analizza usando l’intelligenza, che ci permette di individuare i punti in cui trovare magari una determinata pianta (finché non è stata analizzata apparirà lo stesso con un punto interrogativo) o un punto di riferimento. I sensi, invece, ci permettono di individuare un altro animale, predatore o primate che sia, o alcuni tipi di piante utilizzando olfatto e udito. Tutti questi aspetti si potenziano con l’evoluzione, di cui parleremo più avanti.

Il clan da gestire si sviluppa in tre fasi. Nella prima, quella scandita dal passare dei giorni, potremo far evolvere le capacità dei primati in base alle attività compiute: ad esempio spulciare un’altra scimmia ci darà punti nella comunicazione, mentre elaborare un materiale o costruire qualcosa ci aumenterà le abilità manuali e così via. Una volta maturato un gene svolgendo una data attività (con un cucciolo sulle spalle l’apprendimento è più rapido) basta riposare a un giaciglio ed andare nell’apposito menù per assegnare i punti. In questa fase il clan è suddiviso per età in cuccioli, adulti e anziani e potremo averne una visione di insieme in qualsiasi momento tramite l’apposito indicatore a pallini in basso a destra dello schermo. In questa fase di gioco qualsiasi elemento del clan può perdere la vita e sarà importante avere una buona quantità di cuccioli stando attenti al loro sesso perchè se nella generazione successiva saranno tutti dello stesso ovviamente la procreazione subirebbe un arresto. Quest’ultima non è automatica, ma bisogna creare prima un rapporto tra due membri e decidere se e quando farli accoppiare, stando attenti ai periodi di fertilità delle femmine. Potremo anche ingrandire il clan trovando primati nella mappa e soddisfando i loro bisogni, anche se capire cosa gli serva non è che sia proprio così evidente e immediato.

Quando il nostro clan sarà sufficientemente grande potremo passare alla seconda fase, che consiste nel passaggio alla generazione successiva. I membri anziani moriranno, gli adulti diventeranno anziani e i cuccioli diventeranno adulti. Questo passaggio comporta la perdita di alcune abilità acquisite da una parte (ne potremo scegliere noi alcune da portare alla generazione successiva), ma dall’altra porterà a mutazioni spontanee che daranno a un determinato membro una più spiccata intelligenza o maggiori doti fisiche, ad esempio. Ovviamente nella nuova generazione non ci saranno cuccioli e, prima di poter passare alla generazione successiva, bisognerà riempire le fila.

Passando di generazione in generazione e sbloccando geni su geni si arriverà alla terza fase: l’evoluzione vera e propria. Qui il passaggio sarà di migliaia di anni e i nostri membri passeranno a un vero e proprio nuovo stadio evolutivo,con conseguenti modifiche al gameplay a seconda di quale stadio abbiamo raggiunto. Il salto evoluzionistico viene calcolato in anni in base alle azioni che abbiamo compiuto e ai traguardi che abbiamo conseguito.

Il gioco non ha una vera e propria storyline, ma pone una serie di obiettivi che aiutano nella progressione. Purtroppo questi obiettivi ci vengono dati solo come testo e mai il gioco ci suggerisce come raggiungerli, lasciando al giocatore tutta la soddisfazione della scoperta e le arrabbiature dei fallimenti. Spesso ci si trova a vagare per la mappa in cerca di qualcosa che, in realtà, è letteralmente a un palmo di naso da noi.

Il nostro raggio di azione nella mappa è legato alla nostra paura dell’ambiente: l’ignoto, giustamente, terrorizza i primati. Allontanandoci dalla zona di confort il membro che utilizziamo all’inizio proverà paura, visibile a schermo con immagini di animali feroci, per poi passare, all’esaurimento di una barra, all’isteria e persino alla morte se non si rientra nella zona sicura. Con l’avanzamento del gioco si amplia questo raggio d’azione grazie all’acquisizione di nuove capacità e alla scoperta di nuovi punti di interesse.

Tra un albero e l’altro…

Un altro aspetto fondamentale del gameplay è il movimento dei personaggi. Ci troviamo all’interno di biomi vari sia per vegetazione che per fauna e dovremo, di volta in volta, decidere come muoverci: stare a terra ci può rendere preda di un serpente velenoso o di grosso predatore, stare troppo in alto ci rende vulnerabili agli uccelli. Per cui nelle prime fasi di gioco sarà fondamentale sapersi muovere e orientare tra gli alberi, alla giusta altezza, stando al contempo attenti a scendere solo per recuperare materiali o quando siamo in un posto sicuro. Con l’avanzamento si tenderà a stare sempre più a terra e meno sugli alberi. Il gioco ha un sistema di resistenza, che varia da indivuo a individuo e che scenderà durante le arrampicate, le corse o se si trasportano oggetti e che diminuirà nel suo totale all’aumentare del sonno dell’individuo o alla presenza di stati alterati. Questo rende già di per se ogni spostamento un rischio, anche perché basta un salto sbagliato da troppo in alto per rompersi qualche osso. Purtroppo a questa scelta di gameplay, a mio avviso molto interessante una volta assimilata, si scontra un sistema di movimento macchinoso, che non rende per niente facile la valutazione dei salti sia per distanza che per direzione. Il primate si attacca automaticamente a rocce e alberi, ma per usare le liane bisogna tenere premuto il tasto di salto, cosa che rende le prime ore di gioco una caduta continua. Con l’evoluzione del clan cambiano anche queste meccaniche di gioco perchè si tenderà a stare sempre più a terra, soprattutto dopo il raggiungimento della posizione eretta, e si potranno creare sempre più armi di difesa, all’inizio, e di attacco più avanti. Cambieranno anche i biomi con cui avremo a che fare, con un diradarsi della vegetazione e delle risorse man mano che si avanza nell’albero evolutivo e un aumento dei pericoli creati dai predatori. Si passa dalla fitta giungla iniziale alla savana finale, passando per diversi biomi che ci costringeranno ogni volta a riesplorare da capo e ad adattare il nostro approccio al gameplay. In questa ottica il sistema di movimento doveva essere perfetto, in quanto la difficoltà la da già il concept di gioco, invece questo dover quasi litigare con i controlli rende la curva di difficoltà, a mio avviso ben tarata verso l’alto, frustrante. Evidentemente, viste anche le dimensioni del team, il gioco avrebbe necessitato di più tempo prima di essere rilasciato perchè se sugli altri difetti ci si può passare tranquillamente sopra, su questo la stessa cosa non la si può fare perchè inficia l’intera esperienza di gioco. Ovviamente col tempo ci si prende la mano e si impara come assecondarne i difetti, ma la sensazione di disagio rimane persistente e per tutta il tempo si ha la sensazione di dover premere troppi tasti per fare qualcosa o di non saltare esattamente dove si voleva.

Alti e bassi, dal punto di vista tecnico

Se dal gameplay mi aspettavo tanto ero invece consapevole che dal punto di vista tecnico non ci si potesse aspettare un miracolo. Sempre tenendo in considerazione il budget sia economico che umano i ragazzi di Panache Digital Games se la sono cavata molto bene. Il colpo d’occhio generale è molto buono e la grafica rende il giusto grado di immersione al giocatore. Anche perchè, diciamolo, gli ambienti naturali, la giungla in primis, sono di difficile realizzazione. Il gioco resta sempre stabile sui 30 frame per secondo (versione di prova Playstation 4 Pro), anche nella vegetazione più fitta. Purtroppo, però, va anche detto che la qualità dei particolari non è di gran livello e non si è badato troppo ai dettagli per curare di più al colpo d’occhio generale.  Poco male, onestamente parlando, visto che non si tratta di un gioco tripla A e che comunque la sua resa generale è più che sufficiente.

Diverso discorso se si analizzano i primati: qui si ha una sensazione di maggiore cura dei dettagli sia a livello grafico che come animazioni, sempre realistiche e convincenti.

Un appunto sulle animazioni va fatto invece alla fauna generale, che da la sensazione di essere lì a fare da comparsa piuttosto che essere parte integrante del mondo di gioco. Ogni animale ha la sua zona e si rincontrerà sempre lì, con una ia basilare e animazioni semplici, se paragonate a quelle dei primati.

A livello sonoro il lavoro svolto è di pregevole fattura. Le musiche sono sia belle da sentire che pertinenti con la fase di gioco che stiamo vivendo. Gli effetti sonori chiudono il cerchio donando al gioco quella sensazione di realismo che è tanto importante in un survival di questo tipo.

Non per tutti i palati

Chi dovrebbe acquistare Ancestors: the humankind odyssey ? Sicuramente chi ama i survival e ha la pazienza di capire ogni meccanica di gioco con il dovuto tempo. Di contro posso tranquillamente immaginare che molti utenti lo bolleranno come simulatore di scimmie, in quanto le prime ore di gioco sono talmente svilenti da portare molte persone all’abbandono del gioco, cosa che è già successa con parte dell’utenza pc, su cui il gioco è uscito già da qualche mese. Gli sviluppatori stanno apportando modifiche al gioco: nella versione console sono stati aggiunti miglioramenti all’hud, ad esempio, ma c’è ancora molto da fare. Se è vero che è una bella cosa l’impostazione che hanno voluto dare al gioco con la costante sensazione di ignoranza e dubbio instillata nel giocatore, il rovescio della medaglia è che un tutorial striminzito e un hud di difficile comprensione rendono inutilmente  e ulteriormente difficile ciò che lo è già per scelta, creando nel giocatore una sensazione di disagio costante. Già il gioco non è per tutti, con questi difetti poi si riduce ulteriormente il bacino di utenza. Ancora una volta ribadisco che la sensazione è che il gioco necessitava di più tempo prima di essere rilasciato e, aggiungo, lo sviluppatore dovrebbe renderlo più user friendly, non semplificandolo, ma rendendo più accessibili le informazioni e meno macchinosi i comandi. Malgrado questi difetti, essendo io appassionato di biologia in generale e di zoologia in particolare, non posso non apprezzare lo sforzo fatto per portare su schermo un argomento mai trattato da questo media: l’evoluzione dell’essere umano. C’è tanto da imparare giocando a questo titolo e gli sviluppatori sono stati attenti a rendere questi meccanismi che richiedono migliaia, se non milioni, di anni verosimili nell’arco di un gameplay che si misura in ore. Voto 10 all’idea, davvero, però la realizzazione non ne è all’altezza sotto alcuni punti di vista.