Cinema Recensione

La valle dei sorrisi

di: Andrea Campriani

Dai, non siate tristi solo perchè siamo a settembre, oltre al ritorno al solito tran tran si riparte anche con la stagione al cinema, e qui già dal titolo è commed…

Per visualizzare i video di terze parti è necessario
accettare i cookie con finalità di marketing.

Remis Ivi

Facciamo ordine, da subito, perchè in questo caso la quantità, oltre alla qualità lo premetto, è veramente tanta: Paolo Strippoli, giovin cineasta nostrano arriva da A classic Horror Story Piove già chicche almeno per gli appassionati. Di che?

Appassionati di horror si direbbe, volendo inscaffalare, d’acchito, ma c’è di più. Da subito. Non per mero citazionismo, men che meno fan service come si suol dire ora, a partire dall’immagine di cui sopra che si può leggere anche come omaggio Lynchiano (lg. Twin Peaks), ma proprio a livello autoriale in senso lato. La valle dei Sorrisi di Paolo Strippoli, presentato fuori concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, nelle sale dal 17 settembre 2025, ci porta da subito in un mondo, un microcosmo, una piccola comunità, altra. Remis, località montana di fantasia (ndr location mozzafiato tra Friuli al confine sloveno e Veneto). Lui lì ne è il simbolo.

Lui lì, quell’adolescente come tanti apparentemente anche malgrado la sfumatura “albina” nel crine, è Matteo Corbin (Giulio Feltri), il vero protagonista della nostra storia, cui ruotano attorno più personaggi, non solo comprimari.

Tra questi personaggi troviamo anzitutto il sovrastante in penombra Sergio Rossetti (Michele Riondino), tarantino docente di educazione fisica ex judoka agonista,  con un tragico passato personale, trasferito pro tempore per tre mesi nel complesso scolastico alle superiori della fittizia comunità montana di Remis.

Abbraccioni in ora stultorum

Ho appena introdotto alcuni, nemmeno tutti e nemmeno loro, i personaggi che vediamo nei primissimi minuti di La valle dei sorrisi. Eppure, sperando riusciate appena possibile tutti a recuperare il film, confido sarete come non mai concordi di essere già sprofondati, non solo nel mood. Matteo adolescente appare dopo qualche minuto. Prima c’è il prologo che lo riguarda in fasce con la sua famiglia…

Mauro Corbin (Paolo Pierobon) è il suo babbo; Anna (Anna Bellato) la sua mamma da subito protagonista di una scena madre a sua volta per entrare nel “vivo”. Poi appunto c’è la scuola in cui Sergio, sempre più distrutto, inizia la propria supplenza, mentre incontra Michela (Romana Maggiora Vergano), barwoman del locale di paese. Sì, rimango vago volutamente, non solo in generale per non spoilerare, ma appunto per il genere, direi anche il filone (folk?) del film.

Vedete da queste immagini paesaggi montani o pedemontani mozzafiato? Senz’altro. Avvertite un’atmosfera diciamo chiusa, se non proprio claustrofobica, direi bigotta dovuta alla religione e quale poi manco a dirlo?

Lo spero, anche per i più atei/agnostici, forse anzitutto per questi, alla lettura.

A classic folk story

Abbondo con le immagini, volutamente, perchè La valle dei sorrisi non solo per location alpine o prealpine (ndr tra Friuli Venezia Giulia e parte della Val d’Aosta anzitutto da cui quel “Remis” fittizio) è un film che mi e spero non solo, colpisca.

Non solo, ma anche per cast corale, compresi attori come il qui presente Don Attilio (Roberto Citran), o Pichler (Sergio Romano) oltre al summenzionato Pierobon su tutti, sono personaggi cardine e dall’arco narrativo che procede in paralello o anche in aperto contrasto, ma ovviamente il film non si esaurisce qui.

La valle dei sorrisi  è un titolo di genere per i più fissati col genere addirittura un cosìddetto folk horror, come se ne vedono sempre meno in assoluto, figurarsi in Italia, se non fosse per  illustri e sempre più sporadiche eccezioni.

Il film tratta di campionario umano nel ridotto di una comunità di fantasia montana nel caso di specie. Una sciagura si abbatte nel 2009 nella zona. Da lì si innesca una serie di eventi, con al centro il personaggio di Matteo, che dovreste aver già intuito dalle immagini non solo non essere un ragazzino come tanti, ma neanche un mutante come pochi, con inscindibilmente la religione di mezzo. Basta così. Appena potete recatevi nella sala più vicina a voi e supportiamo sempre il cinema nostrano specie di un tal livello autoriale, non foss’altro perchè “Dio è nel dolore”.