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Final Fantasy Saga

In occasione dell'imminente arrivo del nuovo capitolo di una delle serie videoludiche piu' longeve e acclamate di sempre, siamo orgogliosi di proporvi questo speciale al fine di ripercorrere insieme, passo dopo passo, la storia di Final Fantasy, dalle origini piu' lontane ai giorni nostri. Lasciatevi trasportare dolcemente dalle onde magiche di questa opera artistica ventennale made in Japan. Seguiteci.

di: Redazione

The World is Square

Final Fantasy V è dunque l’ennesima buona prova realizzata dall’affiatato team SquareSoft. Un risultato brillante che verrà però stracciato dal capolavoro immediatamente successivo, perché Final Fantasy VI (1994) non è solo il migliore gioco di ruolo disponibile per SNES, di cui sfrutta magistralmente la potenza e le possibilità, ma è anche il capitolo della saga dalle caratteristiche più coinvolgenti, quello che molti definiscono il migliore tra i migliori, in cui nulla è lasciato al caso, e che tutt’oggi per molti aspetti risulta imbattuto. Final Fantasy VI sancisce definitivamente il salto di qualità della saga da semplice videogioco a opera letteraria ed artistica.
Importante fonte di ispirazione anche per l’altrettanto magistrale Chrono Trigger, in cui ritroveremo caratteristiche e ambientazioni parzialmente futuristiche e post apocalittiche, Final Fantasy VI è un viaggio che conduce il giocatore attraverso le vicende toccanti ed umane dei ben 14 personaggi principali, tutti stupendamente caratterizzati. Non uno di loro appare inserito forzatamente, nessuno di loro affronta situazioni banali né stereotipate: essi svecchiano il sempreverde topos della lotta contro un Impero alla conquista del mondo, in cui tecnologia e magia si alternano nella vita quotidiana. La cultura e gli aspetti geografici di questo mondo sono frutto di una devastante guerra avvenuta 1000 anni prima.

Oltre alle avventure intense di Terra, Celes, Locke e tutti gli altri indimenticabili protagonisti, FF6 affronta con coraggio, delicatezza ed una sapienza artistica che ha dell’inverosimile, il grande tema del dualismo insito nell’esistenza stessa. A vari livelli, infatti, ci imbattiamo in drammatiche scelte di vita, strappalacrime connubi tra vita e morte, realtà e finzione scenica, doppie identità di personaggi e persino del mondo! L’avventura stessa, infatti, è suddivisa in due distinte sezioni. Difficile non farsi coinvolgere da questo sogno ad occhi aperti ad un livello che trascende il videoludico; difficile non avvertire l’anima artistica che trasuda dalle vicende dei suoi protagonisti e dal magistrale intreccio che li accomuna; difficile limitarsi ad apprezzare l’innovativo gameplay basato sull’unione dei combattenti agli Espers, che insegnano loro le abilità magiche da utilizzare in battaglia; difficile ritenere Final Fantasy VI soltanto un gioco: the world is Square.

The Birth of a God

Proseguiva il legame tra SquareSoft e Nintendo, tanto che era in preparazione un nuovo capitolo della saga in 2D per lo SNES. Accadde però che gli sviluppatori, dilatandosi i tempi di sviluppo del gioco, sentirono la necessità di abbracciare nuove tecniche di animazione tridimensionale per il loro importante progetto, in modo che rimanesse al passo con i tempi. Fu elaborata nel 1995 una techdemo in tre dimensioni che mostrava sequenze di battaglia con personaggi tratti da FF6: l’effetto era ottimo, ma la scelta commerciale di Nintendo di continuare ad usare supporti ormai datati, anche per la nuova generazione di console casalinghe, rendeva di fatto impossibile dotare un gioco così corposo di una tale impostazione grafica.

Sony Computer Entertainment aveva da poco presentato una nuova console a 32bit dotata di lettore di dischi ottici CD-ROM, supporto necessario per immagazzinare la grande mole di dati che avrebbero composto il gioco. Squaresoft di certo non nascose l’interesse verso la nuova macchina: terminò dunque il sodalizio con Nintendo che durava ormai da dieci anni. Square si dedicò quindi allo sviluppo del nuovo lavoro destinato ad approdare su Sony PlayStation. Il risultato fu Final Fantasy VII (1997), il videogame che insieme a pochi altri storici titoli contribuì in maniera decisiva al successo mondiale di PlayStation, rendendo Sony di punto in bianco leader nel settore in cui la Grande N primeggiava, da tempo, pressoché incontrastata. Nonostante la macchina Sony fosse tecnologicamente inferiore a console come Sega Saturn e ovviamente allo sfortunatissimo Nintendo64, la concentrazione di software di grande qualità e appeal commerciale ne decretò l’enorme successo. Tanto che la console grigia si impose come manifesto della diffusione dell’home entertainment a livello planetario.

Anche così si spiegano i 2.3 milioni di copie di Final Fantasy VII vendute durante i primi tre giorni di pubblicazione in Giappone. Naturalmente non cade in secondo piano che esso è stato definito “possibly the greatest game ever created”: infatti, nell’avventura di Cloud e company troviamo amplificate tutte le caratteristiche migliori del precedente capitolo, una trama enciclopedica ed incredibilmente complessa che amalgama alla perfezione apoteosi divine e clonazioni umane, messaggi ecologici e ricerche esistenziali, amore e morte. La maestria, il genio creativo nonché il grave lutto vissuto proprio nei mesi dello sviluppo del videogame da Hironobu Sakaguchi hanno permesso allo storyteller nipponico di creare personaggi assurdamente complessi e poliedrici che, dieci anni dopo ancora sorprendono con sfaccettature nuove. Semplicemente, umani. Nei tre dischi che compongono il gioco è difficile trovare difetti anche da chi ha letteralmente smembrato ogni bit dell’opera per carpirne i segreti più reconditi. Le contrastanti emozioni che questa avventura è in grado di suscitare e i molteplici livelli di interpretazione a cui essa si presta, rendono ancora oggi Final Fantasy VII un prodotto senza tempo. La trama poi, può da sola reggere un gioco (o un film estremamente complesso) di ottima qualità, ma sono le caratteristiche che ad essa si affiancano che elevano il titolo dal consueto terreno di paragone a cui sono piantati i giochi “normali”: è quasi avvilente individuare i punti di forza di FF7 unicamente nella sua ottima grafica, nella sua superlativa colonna sonora, nel geniale Materia System, o nella presenza del villain più carismatico di sempre; non si tratta quindi solo di queste “semplici” caratteristiche ma, è l’essenza silenziosa emanata come un flusso di arte vitale che rende vivo Final Fantasy VII e lo fa assurgere a “divinità”.

L’enorme trionfo di FF7 in Giappone prima e negli Stati Uniti poi, segnò l’inizio dell’attuale fortunatissima era di grande successo mondiale per il genere Jrpg, che ora soltanto in rari casi restano relegati al mercato nipponico. Difficilmente saremmo arrivati all’odierno successo di prodotti provenienti dalla terra del Sol Levante se il mercato americano non avesse conosciuto l’onda giapponese di avventura e magia che ha permesso di accelerare il sodalizio e la contaminazione tra realtà così diverse.

 

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