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Diario di un videogiocatore deluso

di: stefano.pet

Mi chiamo Stefano, ho 38 anni e mi autodefinisco dipendente dai videogiochi. Dico questo perché praticamente tutto il mio poco tempo libero è dedicato a loro, complice anche il fatto che con la mia futura moglie viviamo a 700 chilometri di distanza e ho piena libertà di impiegare come voglio quelle 4 ore al giorno che non sono a lavoro o a dormire. Ho cominciato a giocare nel 1988 e non ho mai smesso, spinto dalla mia irrefrenabile voglia di novità e, da quando ho avuto un minimo di indipendenza economica, ho sempre comprato le console al lancio. Ho vissuto gli alti e bassi di questo settore, da quando si compravano le riviste per cercare la soluzione a un livello fino ad oggi, e mai ho dubitato che un giorno sarei stato senza una console in casa.

In questi giorni, però, mi sto ponendo una seria domanda e le risposte che mi sono dato mi hanno spinto a mettere in vendita tutto quello che posseggo attualmente per questo hobby e questo sarà il primo Natale (tra l’altro chiuso in casa) senza console da quando avevo 6 anni. Gli avvenimenti intercorsi dalla fine dell’estate in poi mi hanno fatto porre questo quesito: perché uso i videogiochi? Divertimento? Non mi capita più da molto di divertirmi in maniera sincera e spassionata, l’ultima volta è stata con Astro Bot per Playstation VR. Sfida? Mai piaciuto mettermi alla prova perché sono mediocre in tutto quello che faccio: riesco a fare sufficientemente quasi tutto, ma ad eccellere in nulla. Relax? Assolutamente no, soprattutto negli ultimi mesi: tra le nuove console che non mi hanno convinto e sono irreperibili anche solo per provarle, trattative a tempo perso per vendere i giochi usati a imprenditori in erba e giochi rotti nel profondo, ho passato più tempo a imprecare davanti allo schermo che a godere dell’intrattenimento dato da questo media. E allora quale dovrebbe essere il motivo che mi spinge a continuare a spendere un migliaio di euro l’anno tra giochi e abbonamenti?

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Tra novembre e dicembre ho speso 200 euro per 3 giochi (che vergogna solo a dirlo): due di cui nutrivo enorme entusiasmo (Watch dogs 3 e Valhalla) e uno preso al day one più per la delusione dei precedenti due che per hype, visto che chi mi conosce sa che più volte avevo preventivato un possibile flop. Bene, per motivi diversi sicuramente, ma sono stati tre giochi che avrei voluto non giocare affatto. E stiamo parlando solo dell’ultimissimo periodo perché la lista delle mie personali delusioni è enorme.

Ammetto che da un paio di anni a questa parte mi siedo a giocare con addosso già una grossa dose di nervosismo, ma dal momento in cui accendo la console è un continuo bestemmiare (secondo motivo di vergogna). Ora, finché sto giocando a Dark Souls 3 ci starebbe anche, ma il problema è che si urla e impreca non per una sfida insuperabile, ma perché si ha davanti un prodotto che magari non è scadente nel complesso, ma sicuramente non è per niente rifinito. 30 secondi a convincere Eivor a entrare nella finestra anziché continuare ad arrampicarsi, un minuto a ricaricare la partita perché un NPC fondamentale non si muove o è scappato via o un oggetto necessario al completamento della missione è semplicemente sparito. E questo va avanti da anni: Bloodborne è stato ingiocabile per lungo tempo e lo è a malapena adesso per il framerate, Odissey non l’ho completato per un bug e ancora adesso non è stata patchata quella situazione e potrei portare altri esempi, come i lanci disastrosi di Driveclub e No Man Sky. Tolta qualche esclusiva Sony (non sono fan delle esclusive Microsoft e non le gioco, per questo non le nomino), che veramente non mi hanno dato alcun problema dall’inizio alla fine, praticamente per ogni gioco c’è qualche problema per cui aspettare la patch, che spesso e volentieri corregge un problema creandone altri (vedi un Fifa a caso). Non credo esista negli ultimi anni un titolo giocabile senza problemi senza installare alcuna patch correttiva o comunque si può contarli sulle dita di una mano.

Allora mi sono chiesto: comprerei un tostapane che tosta solo da un lato a prezzo pieno con la promessa che un domani sarà sistemato? Comprerei una macchina con due ruote ovalizzate che un giorno saranno sostituite? Ovviamente no, ma allora perché lo stesso ragionamento non lo applico ai videogiochi? Perché fanno leva su una mia passione, una passione che stanno uccidendo spacciando early access per giochi finiti e completandone lo sviluppo con i soldi delle vendite.

Ora, è assolutamente vero che un cambio di console risolverebbe una parte dei miei problemi attuali perché alcuni di essi sono accentuati dalla particolare nefandezza di quelle console nate obsolete che ora fortunatamente chiamiamo “old gen”, ma il discorso di fondo resta invariato. Gli avvenimenti degli ultimi giorni con Cyberpunk 2077 mi hanno dimostrato che questo ambiente non è più idoneo a una persona che vuole viverlo con passione e basta perché ho visto delle situazioni che non ho proprio digerito. La più ovvia è quella degli sviluppatori per motivi che ormai sanno anche i sassi:  hanno portato all’esasperazione sia il marketing sul gioco, pubblicizzato la prima volta 8 anni fa, sia il tanto odiato meccanismo del “prima esco, poi, eventualmente, sistemo”. Poi ci sono i retailer, virtuali o fisici che siano, che vendono un prodotto rotto per ammissione di chi lo ha creato, ma se chiedi un rimborso ti trattano come il peggiore dei furbi… fino a che non ne va della loro stessa immagine, allora si che concedono rimborsi a pioggia (per altro non ancora arrivati, ma è un altro discorso). Poi c’è la stampa specializzata, quelli che le recensioni le fanno di professione, che hanno avuto il gioco in anticipo e hanno dato voti altissimi fregandosene che cose basilari come fisica e IA in questo titolo siano non rotti, ma assenti proprio, tanto per fare un esempio che va al di là della versione provata. Perché per tutti la scusa è stata questa, salvo poi fare recensioni al ribasso per le versioni oldgen in cui gli stessi difetti presenti anche su PC magicamente sono saltati fuori e sono diventati importanti. Poi ci sono molti tra gli influencer, sempre saccenti e onniscienti, che hanno fatto mille live per dire quanto è bello il gioco e quanto è bello il Ray Tracing, ma in pochi si sono presi del tempo per analizzare a fondo il titolo e farne un’analisi reale e completa al lancio. Facile ora fare video su video sui bug e sui difetti, quando al momento opportuno ti sei limitato a fare la marchetta al gioco.

Infine ci siamo noi giocatori: vittime parziali,  non esenti da colpe. Noi che compriamo a scatola chiusa, noi che prenotiamo una limited edition quando del gioco si sa solo il titolo, noi che aspettiamo pazientemente le patch. Una community disunita, che passa più tempo a difendere il proprio orticello che a provare empatia per chi è in una situazione che prima o poi capita a tutti in questo ambiente. Persone che dovrebbero far fronte comune e indirizzare le scelte delle società e invece restano lì, passive, a subirne le decisioni arrivando non solo a giustificare certe scelte, ma addirittura a puntare il dito contro chi ne ha subito le conseguenze. Facendo questi ragionamenti non sto dicendo assolutamente che non giocherò più o che bisogna smettere di usare questo fantastico medium, ma che sento la necessità di disintossicarmi da esso e da tutto ciò che gli sta intorno, in attesa che l’intero ambiente faccia un bel respiro e capisca che così non si va da nessuna parte.

Un periodo di astinenza in cui non avere neanche volendo un mezzo per giocare per vedere come cambia il mio quotidiano, se vado in crisi o abbasso il mio livello di stress. Voi cosa ne pensate? Qual’è il vostro rapporto stress/divertimento quando giocate? Riuscite ancora ad ignorare i Fifa ogni anno uguali ai predecessori, gli Assassin’s Creed che dopo 100 ore non puoi finire a causa di un bug o un salvataggio corrotto, gli scandali come quello di Cyberpunk o Fallout 76 o le console di nuova generazione mai state sugli scaffali a due mesi dal lancio? Io ho tuttora una passione, ma me l’hanno fatta diventare uno stress tale da farmi pensare di smettere. Non voglio allontanarmi da questo mondo, ma se la strada è questa…