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V.I.P. 009 Pac-Man [Pac-Man]

Mangia mangia mangia. Scappa scappa scappa. Toh, una pallina luminosa. Mangia. Insegui insegui insegui. Accidenti, la pallina luminosa ha esaurito la sua efficacia! Scapp scappa scap... Maledetti fantasmi!! Insert Coin... mmmh, quasi quasi mi faccio ancora una partita e poi vado a casa. Get Ready! Mangia mangia mangia. Scappa scappa scappa...

di: Simone Cantini

Mangia mangia mangia. Scappa scappa scappa. Toh, una pallina luminosa. Mangia. Insegui insegui insegui. Accidenti, la pallina luminosa ha esaurito la sua efficacia! Scapp scappa scap…
Maledetti fantasmi!! Insert Coin… mmmh, quasi quasi mi faccio ancora una partita e poi vado a casa.
Get Ready!
Mangia mangia mangia. Scappa scappa scappa…

Nome: Pac-Man
Cognome: n.d.
Soprannome: n.d.
Età: 31 anni
Nazionalità: Giapponese
Occupazioni: Mangia palline
Prima apparizione: Pac-Man – Coin op – Namco – 1980
Ultima apparizione: Pac-Man Championship Edition DX – PSP/PS3 – Namco – 2011
Prossima apparizione: Pac-Man & Galaga Dimensions – 3DS – Namco – 2011

Ha detto: “Gabo gabo gabo… o Waka waka waka: fate voi!”

Per me una margherita

Può sembrare ridondante ma alle volte i vecchi proverbi sono portavoce di grandi verità: a tavola non si invecchia! Possiamo senza dubbio dire che a Pac-Man questo adagio calzi decisamente a pennello, basta solo soffermarsi un attimo a riflettere da quanti anni questo dischetto giallo accompagni i sogni di generazioni di videogiocatori.
Era il 1980, un’eternità fa in campo videoludico, quando Tohru Iwatani si ritrovò a fissare con insistenza quella pizza (non ci è dato sapere se fosse davvero una semplice margherita) alla quale la fame aveva portato via una fetta. Ma ciò che l’appetito non era riuscito a strappare era il genio, quella scintilla capace di dare vita ad un qualcosa capace di superare indenne i decenni: quel disco ritagliato, simile ad una bocca stilizzata, stava per diventare l’icona per eccellenza (forse anche più del baffuto idraulico italiano) del mondo dei videogiochi. Cibo, fame, appetito ed un piccolo personaggio semirotondo dalle fauci spalancate. Passare da questa associazione di idee a partorire il nome per la sua creatura fu un passo brevissimo: Puckman (dal giapponese paku paku, ovvero chiudere e aprire la bocca) era pronto ad imbarcarsi in un viaggio che lo avrebbe portato in giro per il mondo. Ma l’artefice di questa imminente rivoluzione videoludica, proprio in previsione di una vita che avrebbe costretto la propria creatura ad essere sempre in giro per il mondo, si vide costretto a correggere tali dati anagrafici: gli americani quanto tempo avrebbero impiegato a trasformare l’innocuo Puckman nel ben più pruriginoso Fuckman? Sicuramente non era questo il futuro che Iwatani immaginava per il suo figlio adottivo…
Un futuro che da quel lontano 10 maggio di oltre 31 anni fa ancora non accenna a tramutarsi in passato.

Who are you? I’m Bat… ehm, Pac-Man!

Può sembrare strano ma è estremamente affascinante notare come un semplice nome possa cambiare così tante cose. Al giorno d’oggi controllare un personaggio (sia esso umano, robotico, animale o alieno) ben caratterizzato e dotato di una propria peculiare personalità è cosa assodata, quasi fosse scontato che ogni ammasso di pixel o poligoni che popola i nostri schermi debba essere dotato di una propria esistenza che trascende la semplice cornice del videogioco in cui si muove. Ebbene, nel 1980 questa non era affatto la norma e fu proprio Pac-Man il primo ad affermare con prepotenza il proprio io digitale: Pac-Man non era un’asettica bacchetta bianca, non era neppure una piccola astronave quadrettata o un anonimo alieno dalle movenze sincopate.
Pac-Man era Pac-Man: semplicemente rivoluzionario!
Con l’avvento del giallo mangiatore, i player di tutto il mondo si trovarono catapultati per la prima volta in un universo perfettamente caratterizzato, all’interno del quale ogni personaggio era dotato di una precisa personalità e di una precisa storia. Sia chiaro, niente che possa essere anche lontanamente paragonato alle complesse relazioni che animano la saga di uno Snake o di un Cloud qualsiasi, ma era impossibile non notare come i passi in avanti compiuti rispetto a Pong o Space Invaders fossero notevoli. Pac-Man aveva una famiglia (Ms Pac-Man e Baby Pac-Man) che di lì a poco sarebbe stata protagonista di propri giochi, ma soprattutto aveva dei nemici carismatici. Non più semplici agglomerati colorati da annientare o dai quali era bene guardarsi, ma delle creature che è possibile annoverare come i primi villain mai apparsi all’interno di un videogioco. Akabei, Pinky, Aosuke e Guzuta (ma forse li conoscete meglio con i nomi di Blinky, Inky, Whimsy e Clyde) possono tranquillamente essere considerati i padri delle moderne routine di intelligenza artificiale, capaci come sono di reagire ognuno in maniera differente ed imprevedibile ai movimenti di Pac-Man. Loro quattro sono senza ombra di dubbio i pionieri di quel sentiero che le software house di tutto il mondo si stanno ostinando ancora oggi a percorrere, un sentiero che mira a ricreare digitalmente la complessità di reazioni di cui è capace il cervello umano. Spesso, però, tenendo conto dell’avanzare del progresso tecnologico, i risultati ottenuti negli ultimi anni sono decisamente imbarazzanti se confrontati con quel gruppetto di fantasmi ultratrentenni.
Già, il progresso, croce e delizia della società moderna. In pieno consumismo, quei mitici anni ’80 da sempre citati ed idolatrati dalla massa di gamer più attempati, Pac-Man rischiò più volte di essere risucchiato all’interno di quel meccanismo evoluzionistico che andava modificando giorno dopo giorno il panorama informatico: era inconcepibile, ben quattro anni dopo l’uscita del capostipite della saga, che il giallo “mangiasfere” fosse sempre relegato all’interno di un labirinto bidimensionale. Era giunta l’ora della svolta: Pac-Land, datato 1984, ci regalerà per la prima volta un Pac-Man articolato, stivaluto e cappelluto (simile in tutto e per tutto a quello visto nella serie animata targata Hanna & Barbera del 1982), protagonista di un platform a scorrimento. Ma quella insaziabile voglia di stupire e rimescolare le carte, sapientemente giocate da Namco grazie all’intuizione di Iwatani, era destinata a rimettere il nostro eroe nuovamente in discussione. Labirinti in 2D e piattaforme non bastavano più a contenere la personalità di Pac-Man: era giunto il momento di catapultare il tutto all’interno della terza (per quanto fasulla) dimensione! Con Pac-Mania (1987) il 3D isometrico piomba a sconvolgere le rodate meccaniche di questo gioco eterno. Ma era davvero necessario regalare a Pac-Man la possibilità di esibirsi in salti? E c’era bisogno di rimpolpare il quartetto dei nemici con 2 new entries di cui, siamo sicuri, nessuno ha memoria? Tralasciando il fallimentare decennio segnato dal 9 come prima cifra, in cui la mascotte Namco è stata protagonista delle più bieche operazioni commerciali (forse solo lo stravagante Pac-in-Time si salva), bisogna giungere al ventennale dalla nascita del mangiatore per salutarne la prima incarnazione full 3D. Con Pac-Man World la casa di Tokyo regala a tutti i possessori di PSX una collection celebrativa contenente una versione originale del titolo, alla quale si affianca una modalità storia pesantemente influenzata dal rivoluzionario Super Mario 64 targato Nintendo.
Ma le tre dimensioni non sono mai state, né mai saranno, l’habitat naturale di Pac-Man e di questo sono testimoni le centinaia di migliaia di imitazioni dello storico coin op che, quotidianamente, invadono il mare digitale del web.
E dire che tutto quanto è nato da un semplice pezzo di pizza…

Chi non muore si rivede

È impossibile dire addio a Pac-Man. È parimenti impossibile (per fortuna) liberarcene. Pac-Man è oramai un’indelebile presenza nel reame delle creature digitali e non possiamo certo dire quando farà la sua ricomparsa in un’avventura nuova di zecca. Possiamo solo affermare con certezza che accadrà. Chiunque volesse passare qualche (l’ennesima?) ora in sua compagnia non ha che l’imbarazzo della scelta: le opportunità offerte dalla rete di rigiocare il classico originale datato 1980 sono più numerose delle stelle che è possibile contare in una notte senza Luna e, come se non bastasse, non mancano neppure i remake (tirati certo a lucido ma mai snaturati) per tutte le più moderne console. Dobbiamo forse aggiungere altro? Forse una piccola frase è più che sufficiente…
Get ready!

 

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