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Effetto Revival 003: Duke Nukem

Nel 1991 a dettare legge erano i sistemi a 16 bit, con il mai troppo rimpianto binomio Super Nintendo/Sega Mega Drive a fare la parte del leone e, assieme ad essi, godeva di una salute invidiabile il genere platform. Fu allora che Todd Replogle, programmatore al soldo di Apogee Software, decise di imbarcarsi in un'impresa tutt'altro che banale: portare anche su personal computer un genere che, tradizionalmente, era ostile a tutto quanto non appartenesse al mondo delle console. E proprio l'1 luglio del 1991, il primo episodio della saga del Duca vide la luce.

di: Simone Cantini

Come get some!

29 gennaio 1996. Una data che tutti i fan del Duca non potranno mai scordare, al pari di L.A. Meltdown, il titolo della prima parte (shareware again!) delle nuove avventure dello strafottente palestrato. Basterebbe solo provare questo assaggio di gioco per capire che il neonato genere FPS, e con esso la concezione stessa di avatar digitale, erano destinati a non essere più gli stessi. Quando mai avevamo potuto comandare le gesta di un eroe capace di pagare prostitute mentre è intento a respingere un’invasione aliena, assumere steroidi per correre più veloce, oppure staccare la testa di un gigantesco nemico per poi usarne i resti come macabro WC? Trasgressivo e irriverente, capace di compiere le azioni più imprevedibili, sempre in nome del politically scorrect, Duke Nukem con il terzo capitolo delle sue imprese non aveva guadagnato soltanto la tridimensionalità, ma aveva visto espandersi a dismisura anche il proprio ego, presentandoci una nuova e più cattiva (in senso buono) caratterizzazione. L’ironia adesso diviene una parte tangibile delle vicende, è come se fosse una compagna di avventure intenta a seguirci da vicino per tutta la durata del gioco. L’umorismo diviene egli stesso un elemento integrante del gameplay, cessando di essere soltanto un mero accessorio appena abbozzato, dato che se venisse a mancare con esso crollerebbe anche tutta l’impalcatura che sorregge la creazione di 3D Realms. La possibilità di poter impersonare un character decisamente fuori dalle righe fece sì che il successo di Duke Nukem 3D fosse planetario, come dimostrano le miriadi di conversioni (amatoriali e non) sbocciate nel corso degli anni. I tempi in cui l’eroe era destinato unicamente a sparare a più non posso, senza mai lasciarsi andare a comportamenti umani, comuni a tutti, erano oramai sepolti nella memoria: addio per sempre silenziosi marine spaziali, meccanici soldati e compagnia cantante. Era giunta l’ora degli eroi in carne ed ossa.

Ma l’episodio 3D del Duca sposto di parecchi centimetri più in alto anche l’asticella della realizzazione tecnica. In fondo un buon personaggio non è sufficiente a garantire un prodotto grandioso, occorre che anche il teatro delle sue azioni sia verosimile e convincente. E 3D Realms era riuscita a fare centro anche sotto questo punto di vista: gli ambienti modellati erano, per l’epoca, dannatamente innovativi, presentando un livello di realismo ed interattività ambientale mai vista prima d’ora. Fanno la loro comparsa, evento impensabile per uno shooter, i primi NPC della storia del genere FPS: Duke può interagire con le già citate spogliarelliste, regalando loro del denaro ed incitandole a danzare per lui, dando così libero sfogo al suo “machismo” esasperato. Ma le innovazioni, come già detto, risultarono essere anche prettamente tecniche. Assieme alla possibilità di saltare (sembra un’azione banale, ma agli inizi degli anni ’90 non era così!) a Duke venne fornita la possibilità di alzare ed abbassare lo sguardo, un elemento che riuscì a modificare quanto aveva già stabilito Id Software con i suoi lavori in termini di gameplay: adesso gli scontri potevano avvenire su differenti piani di gioco, i nemici non erano più vincolati da una legge di gravità quanto mai presente, liberi come erano di svolazzare allegramente per lo schermo o, più semplicemente, di ripararsi dietro alle finestre dei grattacieli di una Los Angeles devastata.
Che ne dite, potevano essere dei motivi sufficienti a far sì che Duke scolpisse indelebilmente il suo nome nell’universo digitale?
Beh, vedendo con quanta trepidazione furono accolte le prime rivelazioni (datate 1997) relative al vaporware più vaporware di sempre, la risposta non può che essere affermativa. Sin dal suo annuncio Duke Nukem Forever riuscì a calamitare su di sé la curiosità dei fan del personaggio creato da Replogle, una curiosità (ma soprattutto una voglia matta di indossarne nuovamente i panni) che le delusioni accumulate in occasione dei puntuali rinvii del gioco non sono riuscite ancora ad affievolire. È per questo motivo il mondo videoludico accolse con un boato la notizia secondo la quale Gearbox si era, finalmente, impossessata del gioco ed era intenzionata a garantirne il rilascio nel corso del 2011. Certo, anche in questa occasione non potevano mancare gli immancabili ritardi (inizialmente previsto per questa primavera, Duke Nukem Forever è stato recentemente posticipato a giugno), ma oramai la corazza sviluppata dai fan di questo eroe sui generis è talmente spessa che neppure gli affilati tentacoli di un Octabrain riuscirebbero più a scalfirla.

 

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