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Rage

Fin da subito Rage si e' presentato come un prodotto particolare, troppo sull'orlo di diversi generi per essere definito con precisione. E' con queste incertezze nel cuore che alcuni giorni fa ci siamo avviati verso Londra, negli studi di Soho di Bethesda, per testare in prima persona il gameplay del titolo firmato id Software. Indossate gli occhialini da motociclista e scoprite la nostra personale apocalisse.

di: Pasquale "corax" Sada

Fin da subito Rage si è presentato come un prodotto particolare, troppo sull’orlo di diversi generi per essere definito con precisione. Come tutti i titoli che prendono ispirazione da molteplici fonti, è sempre stato sul punto di perdere completamente la propria identità, venendo frettolosamente liquidato come il clone “di questo o quello con un pizzico di quell’altro”. Un ottimo modo per cominciare malissimo e tirarsi addosso le critiche di un gruppo nutrito di fan accaniti che vedono il volto del proprio titolo del cuore deformato in mille sfaccettature ripetute. Inutile nascondersi dietro giri di parole, in prima linea c’è la claque di Fallout (tra i quali senza vergogna si iscrive anche il sottoscritto) che non può fare a meno di vedere Wasteland e SPAV in ogni titolo apocalittico. Potere di un universo profondo, coinvolgente e affascinante. Subito dietro quelli che si sono fatti prendere dalla piacevolissima sorpresa battezzata Borderlands, che forse ancora meglio è riuscita a unire in un unico titolo meccaniche shooter, potenzialità GDR e una buona dose di sopravvivenza all’apocalisse. A questo punto, con questa concorrenza e con questa somiglianza, Rage sembra destinato a presentarsi come la controparte muscolosa dei suddetti titoli. Una sorta di versione in alta definizione che compensa l’unica vera mancanza di entrambi i suoi predecessori.
È con questo presentimento nel cuore che ci siamo avviati verso Londra, negli studi di Soho di Bethesda e, dopo quasi tre ore di gameplay che ci hanno permesso di spolpare il titolo nel profondo, le sicurezze portate dall’Italia sono crollate come un castello di carta, lasciandoci un po’ perplessi a ragionare su questa nostra piccola, personale apocalisse. Indossate gli occhialini da motociclista e un casco bello duro, Rage non perdona i deboli e i lenti.

Survivors

Proviamo a metterci nei panni degli sceneggiatori di Rage. Davanti la pagina bianca, mentre dietro a fare pressione una valanga di storia già raccontate, di eroi risvegliati in un modo o nell’altro per ritrovarsi in un’epoca aliena. Da Futurama a Fallout 3, passando per Giudice Dredd e una schiera di seguaci, i sistemi per arrivare al futuro sono molteplici, originali e qualcuno cervellotico. In questo caso è sempre bene scegliere con stile la soluzione migliore e farla passare per citazione. Id Software ha voluto strafare mescolando in un concentrato abbastanza diluito una buona miscela di contaminazioni diverse. Bando alle ciance e veniamo ai fatti. Il nostro eroe era parte di un progetto che prevedeva l’ibernazione di soggetti particolari per farli sopravvivere alla catastrofe dell’impatto di un meteorite con la Terra. Purtroppo, come ormai abbiamo imparato da una caterva di film sci-fi, gli scienziati non fanno mai i conti con i possibili imprevisti, dimenticando sempre un particolare che fa fallire il progetto. In questo caso si tratta di un malfunzionamento che risveglia il nostro protagonista prima del dovuto. Allo shock del risveglio si associa quello dell’attacco da parte di un gruppo di predatori da quattro soldi, soliti saccheggiare le location super tecnologiche del passato. Le cose si sarebbero messe davvero male se lo sceriffo di un vicino insediamento non si fosse trovato a passare casualmente da quelle parti, sottraendoci dalle grinfie dei saccheggiatori e portandoci sani e salvi nella sua umile dimora. Inizio piuttosto classico, e, a dire il vero, non ci saremmo aspettati nulla di diverso. Da qui in poi per il nostro eroe le cose sembrano mettersi leggermente meglio, ricevendo da subito in dono una pistola, un mezzo motorizzato e una bella manciata di missioni da portare a termine. Classico dicevamo, ma con un bel ritmo che si manterrà fondamentalmente tale per tutta la durata della prova a nostra disposizione.

Runs ‘n’ Guns

Rage non è Fallout. Potremmo sprecare buona parte della carta virtuale a nostra disposizione per elencarne le molteplici differenze: i due titoli non sono neanche minimamente comparabili, per l’enorme diversità del gameplay, degli obiettivi e della struttura generale. Sarebbe come voler mettere a confronto calcio e rugby per il semplice fatto che entrambi si svolgono su un manto erboso e necessitano di una palla. Rage è più che altro figlio delle buone conquiste fatte da Borderlands, succhiandone dapprima la linfa vitale per poi far crescere, però, un fusto tutto suo, e particolare. Per rimetterci sui passi del nostro eroe, dobbiamo spostarci a Wellspring, la vicina cittadina nella quale prende forma gran parte della vita civilizzata. Una sorta di agglomerato vagamente urbano che ha le stesse funzioni sia di città che di rifugio dai pericoli circostanti. Qui il nostro eroe potrà immischiarsi in una serie di attività, più o meno legali e più o meno dignitose. Per prima cosa ci verrà chiesto dal sindaco stesso di togliere la tuta ipertecnologica che ci portiamo dietro per sostituirla con abiti consoni. Nei nuovi abiti saranno “infuse” anche le uniche tre classi disponibili in tutto il gioco. Insomma, “dimmi come ti vesti e ti dirò chi sei”: meglio più danno o maggiore capacità nel baratto? Noi abbiamo preferito la prima perché a naso Rage ci sembrava un titolo che premiasse la cattiveria più che la strategia. Col tempo non ci siamo pentiti della nostra scelta. Espletati gli obblighi civili, ci siamo trovati faccia a faccia col volto feroce delle aride terre create da Id Software. Prima missione e già ci troviamo di fronte una masnada di pirati della strada, qualche uomo mutante e il primo boss armato di mitragliatrice gatling. È bastata questa breve escursione per dare un volto preciso all’intera esperienza di gioco. Il covo dei banditi è un budello diroccato, colmo di detriti e mura crepate con cui farsi scudo. L’ottima risposta delle armi e il grande feeling con l’intero equipaggiamento hanno trovato una risposta immediata nei nemici che, senza tattiche cervellotiche, sono in grado di mettere in difficoltà anche i giocatori più esperti, complice soprattutto il level design che predilige ambienti angusti e claustrofobici. Meno impressionante la boss battle, che ripropone le classiche meccaniche del nemico di fine livello. Attacco, attacco e poi punto debole offerto ai nostri potenti e precisi colpi. Pratica archiviata in pochi secondi, con una soddisfazione passeggera e un retrogusto amaro. Al nostro ritorno in città ci aspettava una bella ricompensa con la quale folleggiare nei negozi: armi, equipaggiamento o potenziamenti per la nostra quattro ruote. C’era solo da scegliere. Proprio il mezzo motorizzato è stato giustamente uno degli elementi più pubblicizzati, dimostrando poi, pad alla mano, una versatilità non trascurabile: prima di tutto è un validissimo mezzo per spostarsi nell’ampia mappa di Rage, costruita a mo’ di pista per dare sfogo alle nostre pretese da pilota, dando fondo al sistema di NOS che in alcuni casi si rivelerà in grado di salvarci la pelle. A questo utilizzo ortodosso, se così possiamo definirlo, si affiancano funzioni più divertenti e competitive. Nulla ci vieterà di piombare in città al botteghino delle gare e iscriverci ad una corsa, catapultandoci in una serie di tracciati dove tutto è permesso. L’ottimo livello di sfida è minato, però, dal taglio troppo “fun” che stona con la cornice pretenziosamente realistica. L’aggiunta di bombole NOS sui tracciati, à la Mario Kart, e le animazioni non propriamente aderenti al reale spaccano il feeling costruito dal resto del titolo. Non sarà certo questo a penalizzare Rage, ma sicuramente è un elemento da provare a fondo col rischio di vederlo precipitare nel secchiello delle “scelte discutibili”.