Recensioni

Recensione World of Final Fantasy

di: Simone Cantini

E alla fine è arrivato tra noi, anche se il risultato non è stato quello che i più speranzosi si auguravano. Prima di prendere queste parole come una sonora bocciatura, però, forse è meglio che vi armiate di un pizzico di pazienza e regaliate uno scampolo del vostro tempo alla lettura della recensione di World of Final Fantasy. In fondo non è mica un dogma che non ottenere, talvolta, quanto bramato si debba giocoforza rivelare una cocente delusione. Come si suol dire: si chiude una porta, si apre un portone. In questo caso quello che ci ha condotto a Grymoire.

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Tornare a casa

Che mi aspettassi una storia convincente, degna di poter essere accostata ai grandi esponenti che hanno da sempre fatto la gloria dei Final Fantasy che furono, lo avevo già scritto nel corso dell’analisi della recente demo (che trovate qua e che avete letto, vero?!). Bene, dopo aver trascorso un bel numero di ore in compagnia di Lann e Reynn posso tranquillamente dire di essere stato, almeno in parte, accontentato. Per capire il perché di questo mia parziale appagamento bisogna fare una piccola riflessione relativamente al target a cui è rivolto questo World of Final Fantasy. Proporre in maniera simpatica ed accattivante personaggi e luoghi provenienti dagli episodi più iconici del brand potrebbe essere visto come un tentativo di istruire ed affascinare un pubblico digiuno della saga, da indirizzare e coinvolgere al punto tale da spingerli all’acquisto dell’imminente quindicesimo capitolo, ma una volta impugnato il pad ci si rende subito conto di come possa essere errata questa convinzione. Al netto delle immancabili differenze che chiunque sia cresciuto a pane e Square Enix (fu Squaresoft) è solito aspettarsi tra un episodio e l’altro, è evidente come Tose abbia consapevolmente scelto di rivolgersi al pubblico degli affezionati, riproponendo tutta una serie di meccaniche e situazioni che alla platea più giovane potrebbero sembrare anche troppo desuete. Sia che si parli della mitica ATB che, come in questo caso, della parte narrativa, tutto ha il piacevole e confortevole retrogusto di già vissuto ed amato, quasi come se fosse una proustiana madeleine capace di portare alla mente i ricordi di un passato che si credeva dimenticato. E lo sviluppo della main quest affonda le sue radici nelle origini più remote della saga, proponendoci una trama priva di mirabolanti colpi di scena, ma fortemente ancorata alle meccaniche e agli stereotipi che hanno reso grande i primi anni di questo colossale brand. Vedere dissolversi mano mano sotto i nostri occhi i nodi dell’amnesia che affligge Renn e Layne non ci farà sobbalzare sulla sedia per lo stupore, ciononostante la loro “semplice” avventura non mancherà di coinvolgerci emotivamente in una maniera quanto mai elementare ma non per questo meno convincente. Il fan service spropositato di cui poi è infarcito World of Final Fantasy pensa a tutto il resto, a fungere da tangibile collante tra sentimento e concretezza: interagire con il Guerriero della Luce, Yuna e Vivi e cimentarsi nelle quest che li riguardano, oltre che ad aumentare sensibilmente la longevità complessiva serve anche ad amplificare a dismisura questa operazione fortemente nostalgica.

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Nuove idee, vecchie abitudini

Una sommaria idea del gameplay di World of Final Fantasy ce la eravamo già fatta provando la demo ed ora che ho potuto ampiamente testare il codice finale non posso fare altro che confermare le impressioni registrate. Il suo saper contaminare una scansione delle azioni di stampo fortemente retrò, per quanto personalizzabile anche secondo le esigenze più dinamiche, con elementi nuovi costituiti dai Miraggi, rappresenta il nucleo portante dell’esperienza, nonché il suo unico tentativo di strizzare l’occhio ad un pubblico più giovane cresciuto allevato a Pokemon e Yokai. Catturare le creature, difatti, potrebbe assumere superficialmente contorni capaci di sfociare nel mondo dei casual game, ma è il modo in cui la loro utilità viene declinata a tradire la natura più complessa del lavoro diretto da Hiroki Chiba. Imprismarli, difatti, non richiederà semplicemente di indebolirli, bensì sarà necessario studiarli tramite il comando Scan, di modo da mettere bene in evidenza le azioni necessarie alla loro cattura. Andando inoltre a sostituire i canonici oggetti equipaggiabili, la gestione dei Miraggi all’interno delle Pile assume quanto mai un ruolo strategico, fatto di lettura di statistiche e abilità da scegliere con cura. Anche l’apparente elementare sistema di crescita, una sorta di Sferografia ridotta, dischiude pian piano tutto il suo potenziale non appena vengono sbloccate le evoluzioni, tramite le quali è possibile mutare i nostri piccoli minion. Anche qua l’oculatezza della gestione gioca un ruolo fondamentale, dato che non ci troveremo al cospetto di un sistema di crescita univoco, dal potenziamento garantito e sicuro: talvolta il cambiare aspetto, oltre a portare evidenti benefici, segnerà la dipartita di abilità che potrebbero essere importanti per la nostra strategia di gioco, costringendoci quindi ad un’ulteriore ponderazione del da farsi. Se ci trovassimo davvero al cospetto di una mera enciclopedia divulgativa della saga, anche gli stessi Campioni, ovvero i personaggi famosi della saga che adesso svolgono le veci delle indimenticate evocazioni, sarebbero semplicemente disponibili senza sbattimenti di sorta. Il loro utilizzo, invece, dovremo guadagnarlo sul campo, portando a termine delle quest secondarie utili anche ad approfondire la loro personalità. Laddove il gioco sembra discostarsi dai suoi illustri predecessori è invece nella difficoltà complessiva, forse un po’ troppo livellata verso il basso rispetto agli standard. Forse l’ostacolo maggiore da superare sarà costituito dai frequentissimi incontri casuali che costelleranno l’avventura: devo dire che gli anni passati a visualizzare sulla mappa di gioco i nemici mi avevano abituato, forse, un po’ troppo bene.

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Vivere una favola

La pulizia generale dell’immagine rappresenta un ottimo biglietto da visti per World of Final Fantasy. L’hardware non viene mai spinto oltre i propri limiti, dato che ci troviamo al cospetto di un titolo cross play, ma pur al netto di una conta poligonale non certo mostruosa posare lo sguardo sulle figure e gli ambienti che animano Grymoire è quanto mai piacevole. Sarà perché si respira un’aria familiare, sarà che il character design, nonostante l’apparente contrasto tra forme chibi e normali, finisce per risultare quanto mai azzeccato, ma la soddisfazione visuale garantita da World of Final Fantasy è decisamente da apprezzare. Così come degne di lode sono le note che accompagnano l’avventura dei due fratelli che, pur orfane del leggendario Nobuo Uematsu, hanno trovato in Masashi Amazu un ottimo maestro. Inutile soffermarsi a decantare la longevità del pacchetto, che tra story mode, missioni accessorie e scontri multiplayer tra Miraggi, può garantire decine e decine di ore di divertimento.

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No, non è la nuova Fantasia Finale che tutti i fan bramano da anni. Fortunatamente non è neppure il blando spin-off che ci potevamo aspettare. World of Final Fantasy è solo un sentito e valido omaggio ad un modo di intendere i jrpg che, salvo alcuni esponenti, si è oramai perso in favore dell’azione a tutti i costi. Il suo essere fortemente old school nel gamplay e in alcune meccaniche, pur unito alle consuete innovazioni che è lecito aspettarsi da un titolo della saga, lo rendono un prodotto forse non così mainstream come il suo aspetto puccettoso potrebbe suggerire. Se avete iniziato ad amare l’opera di Sakaguchi sin dalla sua travagliata genesi questa sorta di ritorno a casa potrebbe scaldarvi davvero il cuore. A tutti quelli che non vedono l’ora di esplorare le nuove frontiere del gioco di ruolo giapponese, non posso fare altro che suggerire di attendere il prossimo dicembre.