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Recensione Ryse: Son of Rome

"Mio padre diceva che gli Dei ci guidano, ma scegliamo noi il nostro cammino. Voi siete un imperatore, io un soldato. Il senso dell'onore spinse mio padre a servire il popolo. Cosa invece indicò a noi la direzione da seguire? Cosa ci ha reso gli uomini che siamo? La mia storia inizia dieci anni fa..."
In una Roma assediata dai barbari, queste sono le parole che Marius Titus rivolge all'imperatore Nerone. È una storia di guerra, sangue, tradimenti e vendette quella che caratterizza le vicende del protagonista dell'esclusivissima Xbox One targata Crytek.

di: Giovanni Manca

“Mio padre diceva che gli Dei ci guidano, ma scegliamo noi il nostro cammino. Voi siete un imperatore, io un soldato. Il senso dell’onore spinse mio padre a servire il popolo. Cosa invece indicò a noi la direzione da seguire? Cosa ci ha reso gli uomini che siamo? La mia storia inizia dieci anni fa…”

La via della vendetta

In una Roma assediata dai barbari, queste sono le parole che Marius Titus rivolge all’imperatore Nerone. È una storia di guerra, sangue, tradimenti e vendette quella che caratterizza le vicende del protagonista dell’esclusivissima Xbox One targata Crytek.

Certamente non siamo davanti ad una sceneggiatura particolarmente ispirata né tanto meno originale: Ryse attinge a piene mani da una florida letteratura cinematografica prendendone i cliché e stereotipi più celebri e abusati. Il soldato gladiatore che cerca vendetta dai confini dell’impero fino alla capitale, l’intervento divino nelle vicende terrene, la bramosia di potere dell’alta aristocrazia. La storia così fila via liscia-liscia, senza particolari colpi di scena in grado di sorprendere il giocatore che, al contrario, si rende conto molto presto quale sarà l’epilogo dell’avventura. Malgrado la poca originalità, la trama è comunque divertente e coinvolgente, soprattutto se si considera la natura di Ryse: Son of Rome, sostanzialmente un side scrolling beat ‘em up con pochissime influenze appartenenti agli action-adventure.

Definizione di genere

È sempre piuttosto complicato circoscrivere un gioco moderno nei confini di un genere ben definito e Ryse non fa certo eccezione. Nelle ore in cui ci ha tenuto compagnia, ci ha portato indietro nel tempo, ricordandoci i pomeriggi trascorsi giocando ai picchiaduro a scorrimento, classici di un tempo passato. Perché? Gli unici elementi tipici degli adventure derivano dalla trama: non ci sono enigmi e puzzle, non c’è interattività nei dialoghi, non esiste nessun tipo di esplorazione considerato che ci si muove su una struttura estremamente lineare, proprio come i side scrolling di un tempo, a parte qualche situazione in cui si deve cercare una scala per arrampicarsi, qualche leva da spingere, qualche finto bivio. Ha più elementi in comune con il genere hack ‘n’ slash, ma la caratterizzazione evolutiva del personaggio principale è troppo semplicistica per una seria appartenenza a tali stilemi. Insomma, siamo davanti ad una rivisitazione in chiave moderna di un beat ‘em up a scorrimento e come tale va analizzato.

Para e attacca, esecuzione perfetta?

La visuale di gioco inquadra Marius quasi sempre da dietro le spalle, tranne nelle fasi di combattimento in cui dinamicamente si sposta in modo da consentire il pieno controllo della situazione, con tanto di zoom in e out. Il nostro centurione dispone di due attacchi base, affondi con il gladio e carica con lo scudo, contraddistinti entrambi da maggiore potenza se si mantiene premuto il relativo pulsante per qualche frazione di secondo. Anche le mosse difensive sono due: l’ormai classica “rotolata” evasiva, che consente di allontanarsi dalla mischia, e la contro-parata con lo scudo, il cui virtuoso utilizzo si rivela fondamentale per il successo. In battaglia i nemici attaccano più alla volta, quasi in contemporanea, e solo una difesa efficace permette la sopravvivenza. Strutturalmente lo scontro ricorda quanto visto, citando gli esempi recenti più popolari, le serie di Assassin’s Creed e Batman, ma in Ryse generalmente i nemici sono più cattivi e pronti a colpire alle spalle mentre si è alle prese con un altro duello. Per avere la meglio è così necessario usare con abilità tutte le mosse a disposizione, imparare a conoscere ed intuire gli attacchi nemici e i loro punti deboli. Tutti gli scontri posso concludersi con delle spettacolari e cruente esecuzioni, segnalate da un’icona a forma di teschio sulla testa dei malcapitati e attivabili con il pulsante RTe gestite secondo lo schema dei quick time event: una saturazione blu o gialla del nemico indica quale sia il pulsante da premere. Questa fase poteva rappresentare l’apoteosi del combattimento, non solo dal punto di vista della spettacolarità grafica: purtroppo, premere il pulsante corretto con il tempismo perfetto non determina automaticamente la morte del nemico, né il tipo di esecuzione dal momento che l’animazione è precalcolata. La precisione nell’esecuzione del QTE è rilevante solo per il calcolo del bonus scelto in tempo reale dal giocatore con la croce direzionale: punti esperienza, aumento dei danni inflitti, carica della “furia” e ripristino dell’energia vitale. Queste ultime due sono visualizzate tramite un indicatore a forma di gladio posto in alto a sinistra: la furia è una sorta di mitologicobullet time, in cui Marius ferma per qualche secondo il trascorrere del tempo e si muove ad una velocità tripla.

I punti esperienza accumulati in battaglia possono essere spesi migliorando diverse abilità e parametri: esecuzioni, resistenza, danni ed energia vitale tra le più rilevanti che andranno ad influire anche sulla resistenza e vitalità della legione romana. Questo perché in alcune fasi di gioco ci troveremo a dover compiere determinate azioni prima che il morale e la resistenza dei soldati della truppa scenda a zero. Tra l’altro, Marius si troverà a comandare la formazione a testuggine per difendersi e contrattaccare i baluardi nemici, impartire gli ordini agli arcieri piuttosto che districarsi in prima persona con le catapulte.
Chiaro che l’obiettivo di queste fasi è spezzare il ritmo di gioco ma, seppure divertenti, non sono abbastanza varie e profonde per impedire che la maggior parte dei giocatori sia assalita dalla monotonia dell’azione. La ripetitività di Ryse: Son of Rome sembra quasi retaggio del suo genere di appartenenza, ma il titolo non va criticato per il fatto di non essere altro che un “para e attacca”, quanto piuttosto per il modo in cui lo fa. Il sistema di combattimento è un’alternanza di parate e attacchi, le combo sono praticamente inesistenti e le esecuzioni finali assolutamente ininfluenti sull’esito del duello. Il sistema di upgrade enfatizza questa criticità, focalizzandosi sulle esecuzioni e sui parametri base piuttosto che sulla varietà delle mosse e delle features in battaglia.
Chi vuole un gioco d’azione nudo e crudo può anche chiudere un occhio davanti al combat system piuttosto semplificato, ma rischia comunque di affrontare una sfida troppo facile. Ryse, fin da subito, va affrontato al massimo livello di difficoltà tra quelli a disposizione altrimenti il rischio è quello di terminare il gioco in una manciata di ore senza aver mai subito l’onta della sconfitta. Non ci piace vincere facile, altrimenti la gratificazione dove sta?

Gladiatori e i loro Dei

Ryse prevede anche una discreta modalità multiplayer online di tipo cooperativo che concentra l’azione in uno degli scenari che contribuirono a rendere leggendario l’impero romano: l’Anfiteatro, il Colosseo. La modalità, denominata per l’occasione “Gladiatore”, propone la struttura tipo “Orda” di Gears of War, “ondate” di nemici da sconfiggere in un crescendo di difficoltà legata anche alla struttura diversificata della scenografia oltre che alla natura dei nemici. Sostanzialmente viene riproposto quanto incontrato nel corso della campagna, dal tipo di trappole alle armi, dai nemici comuni ai boss di fine livello e il tutto è possibile affrontarlo sia in compagnia che in single player. Il gladiatore può essere personalizzato in molteplici aspetti: elmo, paramani, corazza, scudi e spade, suddivisi in ordine di attributi e sbloccabili solo avanzando di rango; è possibile anche acquistare dei pacchetti bonus, anch’essi relazionati al rango raggiunto in combattimento, spendendo l’oro guadagnato negli scontri o attraverso delle transazioni con euro sonante nello store. Per rendervi conto: un costume da pretoriano costa 4€, 1000 monete d’oro costano 99 centesimi, il pacchetto bonus base costa 200 monete d’oro. È innegabile che la modalità Gladiatore, soprattutto se intrapresa con un amico, allunghi di parecchio la longevità del gioco e regali un divertimento inaspettato, ma è altrettanto vero che soffre, come abbiamo rilevato poco sopra, di un gameplay troppo povero per soddisfare i palati più esigenti. 

Benvenuti nel nuovo mondo

Beh, inutile girarci intorno, Ryse: Son of Rome vanta il miglior comparto grafico mai visto su console, almeno dal punto di vista prettamente tecnico. Di sicuro ci sono decine di titoli che godono di un’ispirazione artistica decisamente superiore a quella del giocoCrytek ma nulla in termini di dettaglio gli si avvicina minimamente. Potremmo parlare per ore del numero assurdo di poligoni su schermo, delle texture ultra-dettagliate delle superfici, della cura incredibile con cui è stata realizzata la vegetazione, del realismo abbacinante del fuoco e delle acque, ma con difficoltà riusciremmo a trasmettervi quello che abbiamo provato davanti a tanta meraviglia tecnica. E dimenticatevi gli atavici problemi delle generazioni precedenti: l’azione è sempre fluidissima grazie ad un frame rate costante, l’aliasing è inesistente e gli effetti pop-up della scenografia, assolutamente meravigliosa, un lontano ricordo. All’esordio di una generazione acerba, non tutto è comunque perfetto. I nemici soffrono di una scarsa caratterizzazione grafica e spesso nelle fasi più concitate ci potrebbe sembrare di combattere sempre con gli stessi due avversari; le espressioni facciali nei primi piani, nonostante il dettaglio molto elevato dei visi, lascia spesso a desiderare per una realizzazione degli occhi e della bocca di livello mediocre. Ci sarebbe piaciuto veder le ferite in tempo reale sui nemici come conseguenza dei nostri affondi e una dinamicità della visuale più attenta a non impallare l’azione con elementi della scenografia, ma si tratta comunque di difetti molto marginali.
Discreti gli effetti sonori mentre la colonna sonora manca un po’ di epicità. Buono il doppiaggio in italiano.

Fattore next gen

Nel corso delle ultime due settimane abbiamo provato praticamente tutti i titoli per le console di nuova generazione, non solo Xbox One: ci sono titoli in cui si nota un piccolo balzo in avanti dal punto di vista tecnico, altri in cui ciò è molto evidente, come ad esempio Forza Motorsport 5NBA 2K14 e Killzone, e poi c’è Ryse: Son of Rome, il trionfo del CryEngine su console. L’impatto grafico è davvero devastante e lo stimolo più pressante offerto dal gioco è proprio quello che ci porta a svelare altre gioie per gli occhi. Ryse, se non lo avete capito, è il gioco da far vedere agli amici per mostrargli quello che ha in serbo per noi la nuova generazione di console. Per fattore next gen intendiamo quell’insieme di motivi per cui si può giustificare il balzo generazionale. Dunque, per Ryse, fattore next gen sì o no? Sì, perché più di ogni altro ci porta nel futuro.