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Recensione di The Last Remnant

Recensione di The Last Remnant di Console Tribe

di: Redazione
A turni o in tempo reale? E’ questa la domanda che da sempre anima il dibattito tra gli amanti dei giochi di ruolo: fino all’avvento di Final Fantasy VII
i giochi di ruolo a turni, i cosiddetti JRPG, sono sempre stati
largamente snobbati in favore di GDR con un impostazione diversa, più
simile a Zelda con i suoi frenetici combattimenti in tempo reale.

In questa generazione la Microsoft
ha deciso di optare per una strategia aggressiva a questo riguardo,
puntando ad accaparrarsi molteplici esclusive di questo genere di
giochi per incrementare le vendite nel paese del sol levante,
notoriamente avverso alla console della casa di Redmond. Purtroppo fino ad ora nonostante gli sforzi non si è visto gran che sul piano degli jrpg, e la maggior parte dei titoli si sono rivelati ben al di sotto delle aspettative, come ad esempio il recente Infinite Undiscovery, prodotto proprio dalla Square-Enix, una delle “major” nel campo dei giochi di ruolo orientali.

Dopo pochi mesi quest’ultima ha finalmente deciso di rilasciare uno dei titoli più attesi fin dal suo annuncio, The Last Remnant,
che promette di riuscire a rinnovare il genere pur senza stravolgerlo,
missione in cui spesso anche le più grandi software house hanno
fallito. Saranno riusciti i maestri della Square in quest’epica missione?





Un epica storia moderna



Rush Sykes è un giovane spensierato come tanti, vive tranquillo su
un’isola, protetto dalla distanza che lo separa dal resto del mondo. I
genitori sono importanti ricercatori e per questo vivono lontani da
casa, lasciando Rush da solo con Irina, sua sorella minore. La famiglia
Sykes è pronta a riunirsi quando Irina viene rapita da uomini
misteriosi e Rush tenterà in ogni modo di portare in salvo la sorella,
ma purtroppo ogni tentativo sarà vano. Questo è l’inizio di The Last Remnant,
una storia epica che vede il mescolarsi di più elementi narrativi:
guerra, ambizione, potere, pace, amicizia, il tutto seguendo Rush e il
suo collegamento ai Remnant, esseri dagli immensi ed arcani poteri. La
struttura narrativa è quella classica dei giochi di ruolo orientali in
quanto da un presupposto semplice si scoprono informazioni di primaria
importanza non solo per i protagonisti ma per il mondo intero. Il ritmo
procede lento, un po’ alla volta i misteri verranno svelati e se ne
aggiungeranno altri, in un modo o nell’altro il legame tra Rush e i
Remnant viene fuori coinvolgendo tutti gli altri personaggi, che siano
essi amici o antagonisti.

Il plot è piuttosto variegato, si intrecciano molte sensazioni ed
emozioni diverse, appassionando il giocatore senza che il ritmo lento
del genere porti ad annoiarsi. Quello che si avverte seguendo il
proseguo della storia è il carattere fortemente “planetario” del
titolo. Pur trovandosi Rush al centro del gioco, gli eventi che faranno
da sfondo alla narrazione non riguarderanno semplicemente i
protagonisti ma spesso ci saranno coinvolgimenti di intere nazioni ed
il contesto circoscritto ai protagonisti tende ad espandersi, rendendo
la storia più moderna. Chiaramente tutto è ispirato al panorama
internazionale odierno fatto di intrecci politici, sui quali ovviamente
a fare da perno è la guerra, tema profondamente trattato nella storia,
che vedrà i Remnant ed il loro utilizzo al centro di un sistema bellico
internazionale fatto di false speranze per poter controllare le masse.
Il nuovo lavoro Square-Enix
si allontana decisamente dai prodotti rilasciati recentemente:
raccontandoci storie emozionanti ed incentrate sui sentimenti, questa
volta la software house nipponica ha preferito fare le cose
diversamente.

Dietro una grande sceneggiatura c’è bisogno di un grande cast e,
virtualmente parlando, gli attori che fanno da interpreti recitano alla
perfezione riuscendo ad appassionare il giocatore. Se dal lato tecnico
artistico la cura è magistrale, grazie ad un character design di primo
livello, quantomeno altalenante è il lavoro svolto per la
caratterizzazione psicologica dei personaggi. Molti di essi risultano
infatti essere piuttosto stereotipati e spesso si riesce a prevedere
cosa stiano per dire o come stiano per agire, mentre l’introspezione
psicologica e il carattere in alcuni membri del cast è piuttosto
affascinante ed innovativa, davvero fuori dalle righe e difficilmente
paragonabili ad altri visti in passato. In definitiva la trama di The Last Remnant
difficilmente regalerà emozioni forti ed attaccamento ai personaggi
come in altri lavori Square-Enix ma riuscirà ugualmente ad
appassionare, facendo fantasticare il giocatore sugli arcani misteri
che i Remnant racchiudono.





United We Stand



Un buon gioco di ruolo oltre a presentare una buona trama deve avere
combattimenti appassionanti, in quanto la ripetitività degli stessi
tende a farli risultare alla lunga noiosi. Il sistema scelto da Square-Enix
è quantomeno innovativo: le battaglie non saranno casuali, ma sarà
bensì possibile vedere i mostri visibili sullo schermo in modo che il
fattore sorpresa sia importante (sia in senso positivo che negativo)
per avere un vantaggio durante i combattimenti. I duelli, rigorosamente
a turni, vedranno in campo una grande quantità di personaggi e mostri,
in cui il ruolo del singolo avrà poco importanza rispetto al gruppo.
Ogni contendente sarà considerato come un’unità che dovrà unirsi agli
altri in modo da costituire la “formazione” in grado di vincere la
battaglia. Considerando l’unione come un unico personaggio, potremo far
affidamento a parametri generali, derivanti dalla sommatoria delle
singole unità, ben più alti rispetto a quelli relativi al singolo.
Quindi al giocatore sarà richiesto di impartire ordini a tutta
l’unione, scegliendo un singolo comando la cui efficacia si esprime in
un numero di azioni corrispondenti al numero di unità che compongo
l’unione. Durante gli scontri è la forza del gruppo a prevalere, quasi
a voler ricordare le battaglie avvenute nella storia dell’umanità,
emulandole. L’hud di gioco oltre a presentare le indicazioni
classiche, come energia e status alterato riporta una barra, in stile
“tiro alla fune”, che mostra lo status psicologico delle fazioni in
gara: alleati e nemici. Il senso di cameratismo traspare anche
dall’accumulo dell’esperienza, il cui livello non sarà legato ai
personaggi presi singolarmente ma sarà unico per tutte le unioni e
tutti i combattenti. L’aspetto puramente strategico viene fuori in ogni
battaglia ed è capace di regalare enormi soddisfazioni a chi è avvezzo
avventurarsi in simili avventure, tuttavia non è adeguatamente
coadiuvato da un sistema di crescita dei personaggi. Lo sviluppo
avviene in maniera quasi casuale in quanto basta usare un determinato
colpo per vederlo potenziato e la stessa cosa vale per tutte le
statistiche. Le numerose abilità di cui i personaggi dispongono,
genericamente chiamate arti, non possono essere personalizzate in
nessun modo. Lo sviluppo di queste arti avviene in maniera casuale,
solo di tanto in tanto al termine di una battaglia ci sarà chiesto
quale abilità si preferisce apprendere, scelta che non determinerà
grossi cambiamenti per lo sviluppo del personaggio. Persino la gestione
dell’inventario è abbastanza approssimativa: le armi pur essendo molto
variegate si sostituiscono di rado, e persino la presenza di un fabbro
per crearne ex-novo non migliora la situazione degli upgrade presenti
nel titolo.




Unreal Engine 2.5?



Diversamente dal solito, per The Last Remnant la Square-Enix ha deciso di non utilizzare un proprio motore grafico ma di affidarsi al pluripremiato Unreal Engine 3 della Epic.

Purtroppo i risultati non sono stati esattamente quelli sperati: il
titolo infatti è funestato da una miriade di bug grafici che rendono
l’esperienza di gioco poco godibile. Durante i combattimenti affollati
il framerate subisce spesso dei cali impressionanti, tanto che l’azione sembra si svolga in slow motion mentre le texures
appaiono diversi secondi dopo, spesso addirittura più di 5, rispetto ai
poligoni. Questi problemi tecnici sarebbero sicuramente stati
risolvibili con un po’ più di tempo ed esperienza, visto che in molti
titoli che sfruttano il motore Epic non si riscontra nessun problema analogo.

Da sottolineare comunque come l’installazione sul disco rigido migliori
alcuni aspetti negati della realizzazione, come i frequenti caricamenti
e i fastidiosissimi bug grafici.

Tali problemi tecnici incidono negativamente, purtroppo, sul gameplay del titolo.

Le animazioni dei personaggi sono generalmente pessime, e come visto
nel recente Fallout 3, sembrerà che i protagonisti stiano pattinando
sul ghiaccio. Gli NPC,
i personaggi controllati dal computer con cui potremo interagire, sono
quasi tutti identici e soprattutto immobili. Mentre in altri giochi
camminando per le città si ha l’impressione di essere in presenza di
persone quantomeno simili alla realtà, dedite ai loro compiti
quotidiani, nell’ultimo titolo della Square abbiamo spesso a che fare con delle vere e proprie statuine incapaci di qualsiasi espressione e movimento.

Un’altra caratteristica tipica dell’Unreal Engine sono le ambientazioni decisamente troppo lucide, quasi bagnate: ovviamente anche Last Remnant
é afflitto da questo problema, con la differenza che i personaggi sono
più “opachi” e quindi sembrano appiccicati ai fondali, un po’ come
succedeva con i quadri pre-renderizzati dei vecchi giochi come Resident Evil e Final Fantasy VII.

L’ultima delle note negative è data dalla mappa del mondo che é
veramente poco interattiva, oltre ad essere pixellosa e in bassa
definizione.

Per fortuna il comparto grafico di questo titolo ha anche degli aspetti
positivi, anche se nel complesso tenderete a non notarli a causa della
miriade di problemi che lo affliggono.

Le ambientazioni per esempio sono ottime, tutte disegnate con grande
stile e molto varie. Le città avranno il classico tocco
nostalgico-fantasy di altri tempi e i dungeons e le caverne sono state
realizzate con estrema cura. Le textures dei fondali sono quasi sempre
di ottimo livello, così come l’illuminazione e le ombre e non vi é
traccia di aliasing.

Durante i video, realizzati con il motore grafico del gioco, i volti
dei personaggi sono riprodotti egregiamente e hanno un aspetto
decisamente reale anche grazie a delle espressioni veramente credibili
e ad una sincronizzazione labiale di primo livello.

Ovviamente a questo punto vi starete chiedendo se i combattimenti, vero
presunto punto di forza e di innovazione di questo titolo, siano
all’altezza della situazione. Ebbene, se saprete sorvolare sui problemi
descritti in precedenza, alcune delle battaglie che incontrerete più
avanti nel corso del gioco sono veramente spettacolari: i nemici su
schermo saranno tantissimi ed alcuni di essi avranno dimensioni
decisamente importanti. Gli effetti di luce delle magie sono di
primissimo livello, così come la fantasia con la quale la maggior parte
di esse sono state rappresentate. Anche i nemici sono estremamente vari
e in questo campo la Square dimostra di essere ancora il punto di
riferimento.




Musica d’altri tempi



Tsuyoshi Sekito, già autore delle colonne sonore di alcuni capolavori come Brave Fencer Musashinden e dei remake dei primi Final Fantasy, nonché dell’indimenticabile Chrono Trigger, ha saputo tenere alto il proprio nome.

Le musiche di Last Remnant sono fra le migliori dell’autore con alcuni pezzi di orchestra degni di nota. Seppur non ai livelli di Eternal Sonata,
difficilmente vi capiterà di ascoltare qualcosa di meglio che non sia
il titolo Square Enix, soprattutto nelle ultime generazioni di giochi
di ruolo. Sia durante le fasi di esplorazione che durante le battaglie
saremo costantemente accompagnati da melodie che si adattano
perfettamente alla situazione, in grado di suscitare sempre le giuste
emozioni nei momenti più appropriati.

Purtroppo lo stesso non si può dire del doppiaggio:: il protagonista
principale, Rush Sykes, é stato sfortunatamente doppiato nel peggiore
dei modi, e soprattutto con una voce che si adatta veramente poco
all’età del personaggio, mentre altri invece hanno voci decisamente più
credibili ed adatte alla situazione.

I dialoghi sono tutto sommato scritti abbastanza bene e difficilmente ci saranno frasi fuori luogo o errori nei sottotitoli.





Ennesima opportunità sprecata



The Last Remnant è un prodotto difficile da giudicare nella sua
totalità in quanto tanto buon lavoro e tante idee sono in questo titolo
supportate male e lasciate a morire a causa di una realizzazione
tecnica deficitaria sotto molteplici aspetti. Il gameplay è comunque di
buon livello e, supportato da una narrazione ben curata, riesce ad
appassionare il giocatore: un’esperienza che nel suo complesso può far
felice ogni appassionato del genere, ma che di certo allontana i
neofiti scoraggiati dai problemi tecnici solo in parte ammorbiditi da
un’eventuale installazione.

Probabilmente questa è davvero l’ultima volta che vedremo i Remnant su console…